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Pescara, 24/07/2024
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Data: 09/03/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Botte e minacce, in un anno duecento richieste d’aiuto. I numeri della polizia: in tante chiedono interventi di ammonimento

TERAMO Le leggi servono a definire un confine, non solo penalmente, ma anche moralmente e culturalmente invalicabile. E anche se non bastano a fermare minacce e botte, danno strumenti efficaci per cambiare senza perdere tempo. E per far dire ad una donna: «Ora ho meno paura». E’ da un osservatorio come quello della questura che le nuove misure contro le violenze di genere, quelle che arricchiscono il codice di nuove aggravanti a tutela delle vittime di maltrattamenti, prendono forma nei numeri che raccontano di donne che chiedono aiuto. I NUMERI. Quasi quattrocento nel 2016: in 144 hanno raccontato di essere state minacciate, in 22 di essere state picchiate, in 89 hanno denunciato lesioni e 36 uomini sono stati segnalati per atti persecutori. 14 donne hanno chiesto aiuto con le cosiddette istanze. Uno dei punti centrali delle nuove misure a tutela delle vittime di stalking e maltrattamenti è proprio quello di imporre modelli di comportamento che esprimano concretamente il rispetto dovuto a ciascuno. Tra le altre cose, infatti, la legge stabilisce che la figura del questore, in presenza di percosse o lesioni (considerati reati “sentinella”) e prima ancora dell’intervento dell’autorità giudiziaria, possa ammonire il responsabile. Che diventa una sorta di sorvegliato speciale che, in caso di infrazione, può essere arrestato. Dice il questore vicario Patrizia Carosi: «La legge offre un sistema di tutele, un sistema integrato di sicurezze e tutele. Il primo approccio con chi chiede aiuto è informativo perchè dove c’è chiarezza c’è consapevolezza». Dal 2010 al 2016 sono state 96 (14 l’anno scorso) le donne che hanno presentato istanza anche se non tutti i procedimenti si sono conclusi con l’ammonimento perchè in molti casi era già stato avviato una denuncia penale. LE STORIE. Storie diverse con un unico comun denominatore: la paura. Oltre a quella fisica, la paura di perdere i figli, il sostegno economico. Perchè la violenza passa anche e soprattutto da questo. Come è successo ad Anna (nome di fantasia). Quando è diventata mamma ha scelto di dedicarsi ai figli e di non lavorare. « Lo stipendio del mio ex marito era buono», racconta, «e quindi ho potuto scegliere di smettere di lavorare e dedicarmi ai figli. Ma quando sono iniziati i problemi e io ho chiesto la separazione questa scelta mi si è ritorta contro. Perchè il mjo ex marito per mesi ha fatto leva proprio su questo. «Se te ne vai», mi ha detto, «muori di fame perchè io non ti passo un euro». E Anna, quando ha trovato il coraggio di denunciare, ha dovuto superare anche questa paura. «Perchè non è facile ricominciare», racconta, «ma bisogna trovare il coraggio di farlo». Come ha fatto lei e tante altre. Perchè il numero assoluto delle vittime continua ad essere inaccettabile e perché l'esperienza di polizia e delle associazioni da tanti anni impegnate su questi temi mostra l'esistenza di un "sommerso" che troppo spesso non si traduce in denuncia. IL CAMPER DELLA POLIZIA. E ieri in piazza Martiri della Libertà per tutta la giornata c’è stato il camper della polizia. Informazioni offerte attraverso un’equipe di operatori specializzati: c'erano il dirigente della squadra mobile, Roberta Cicchetti e il dirigente dell’ufficio Sanitaria, Antonio Guarnaccia. In prima fila anche il questore Enrico De Simone in piazza per incontrare le donne. Il progetto camper contro la violenza di genere è partito a luglio del 2016 e ha attraversato 22 province italiane consentendo di contattare oltre 18.600 persone, in maggioranza donne, diffondendo informazioni sugli strumenti di tutela e di intervenire su situazioni di violenza e stalking. Perchè l'impegno è soprattutto quello della prevenzione. E ieri in piazza in tante, giovani e meno giovani, si sono fermate davanti al camper. Per chiedere, per informarsi perchè rimanere in silenzio non serve.

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