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Pescara, 24/07/2024
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Data: 10/03/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Centrale del falso all’area di risulta. Operazione Bazar della guardia di finanza: sgominata un’organizzazione di napoletani, senegalesi e abruzzesi. La complicità di autisti di pullman ingaggiati come corrieri e che operano sulle tratte Napoli-Pescara e Roma-Pescara.

Non era un semplice mercatino, ma un punto di riferimento per il commercio abusivo. Un vero e proprio polo logistico per lo smistamento di merci contraffatte. Una vetrina, un punto vendita e addirittura un magazzino dei prodotti falsi, che in parte venivano stoccati all’interno di autovetture parcheggiate nell’area di risulta. Fra le bancarelle anche dei piccoli laboratori in cui i capi griffati venivano confezionati. Era questo, per i finanzieri del comando provinciale di Pescara guidati dal colonnello Francesco Mora, quello che avveniva nel mercatino dei senegalesi, da qualche mese sgomberato. E’ proprio dal monitoraggio di alcuni ambulanti che vendevano la propria merce in quell’area vicino alla stazione che sono partite le indagini che ieri hanno consentito di sgominare un’organizzazione criminale, composta da italiani (per lo più napoletani), senegalesi e un marocchino, specializzata nel mercato del falso con basi operative a Pescara e molto attiva in Abruzzo e in diverse zone del territorio nazionale: su tutte, Lazio, Marche, Campania e anche Calabria dove è stato scoperto un grosso laboratorio in cui la merce contraffatta veniva prodotta.
15 MISURE CAUTELARI, 41 INDAGATI Quarantuno in totale gli indagati, 15 le misure cautelari emesse nell’ambito dell’operazione Bazar. L’inchiesta ha preso il via alla fine del 2014. Nonostante lo sgombero del mercatino dall’area di risulta, i finanzieri hanno accertato che le attività illecite legate alla vendita e alla distribuzione delle merci proseguivano ugualmente nella zona della stazione, ma anche altrove. In ogni modo, proprio da quanto avveniva nell’area di risulta, attraverso indagini tecniche e quindi intercettazioni telefoniche e localizzazioni satellitari, le fiamme gialle sono riuscite a ricostruire la catena organizzativa e strutturale della filiera illecita. Individuati due canali di approvvigionamento, veri e propri distretti del falso. Il primo composto da campani, specializzati nella produzione e distribuzione della merce, capi d’abbigliamento, ma soprattutto scarpe che riproducevano marchi di famose griffe. Il secondo, composto prevalentemente da senegalesi, supportati e in associazione con i campani, dediti alla fabbricazione di etichette da applicare sui capi di abbigliamentoe sui vari accessori.
I CAPI Al vertice dell’organizzazione, ispirata a criteri imprenditoriali, vi erano i senegalesi e i campani che si servivano di laboratori clandestini per produrre capi, accessori ed etichette. Poi vi erano i grossisti con campionari al seguito, in alcuni casi dei book fotografici, in grado di offrire ai clienti un’ampia scelta di prodotti. Fra loro un napoletano domiciliato a Porto Sant’Elpidio, il quale provvedeva a piazzare la merce nella zona delle Marche.
FALSE GRIFFE NEI NEGOZI Infine vi era tanta manovalanza in grado di confezionare prodotti di buona fattura e sempre in linea con le ultime tendenze della moda, seppure privi delle garanzie di qualità e sicurezza, tanto che spesso venivano venduti anche in regolari esercizi commerciali. La distribuzione della merce avveniva attraverso vari sistemi. I prodotti potevano essere spediti da Napoli tramite corrieri espressi, mezzi a noleggio o trasportati con mezzi pubblici, treni ma soprattutto autobus di linea grazie ad autisti compiacenti che operano sulle tratte Napoli-Pescara e Roma-Pescara.
AUTISTI CORRIERI Per due di loro, abruzzesi, sono scattate le misure cautelari e sono stati posti all’obbligo di dimora. Avevano stabili contatti con i senegalesi dell’organizzazione e accettavano di trasportare bagagli di merce contraffatta o buste di etichette. In alcuni casi li nascondevano sotto il posto guida. E’ stato accertato che uno degli associati utilizzava il sistema del car pooling per trasportare i campionari. Nell’ambito dell’operazione, in totale sono stati sequestrati 65 mila capi, accessori ed etichette, che sul mercato avrebbero fruttato due milioni di euro. Tutti soldi che sarebbero andati nelle mani del sodalizio, dietro cui non si esclude vi siano più importanti organizzazioni criminali campane. Sotto sequestro anche attrezzatura per la stampa di qualsiasi tipo di logo e macchine per cucire con programmielettrici.

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