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Data: 10/03/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Perché crollano i viadotti

ROMA Errore di cantiere, non cedimento strutturale. Almeno in questo terribile caso. Anche se a stabilire le responsabilità ci penserà la magistratura. Tante le ipotesi sul tappeto: imperizia, superficialità, calcoli sbagliati. Sta di fatto che a pochi mesi dal crollo del viadotto di Lecco, collassato come un budino al passaggio di un carico eccezionale e, sopratutto, per colpa di un tragico rimpallo di responsabilità su chi doveva vigilare, un altro crollo, questa volta sull'Adriatica, pone molti interrogativi sulla sicurezza del nostro sistema stradale. Spesso in bilico tra negligenze e sottovalutazioni, burocrazia asfissiante e mancata programmazione. Come accaduto anche in Sicilia, dove ci sono voluti mesi per rimediare agli errori del passato per ricucire l'Isola divisa in due.
PROGETTI E VERIFICHE
Ma chi ha sbagliato sul cavalcavia dell'A-14? Nel mirino c'è la ditta a cui sono stati appaltati i lavori, la Delabeh Costruzioni. Una società, conosciuta e apprezzata nel settore, specializzata proprio nel sollevamento dei viadotti. Insomma, ad una prima analisi, pare che in questa circostanza ci sia stato un errore nelle procedure a dare origine al disastro. Per questo Autostrade per l'Italia, la concessionaria della tratta in questione, si costituirà parte lesa, avendo affidato i lavori ad una ditta di comprovata professionalità ed esperienza che, tra l'altro, aveva già realizzato oltre 11 sollevamenti di viadotti sulla stessa arteria, e che aveva la piena responsabilità dell'esecuzione dell'opera
IL PESO DEGLI ANNI
Non è un mistero che le reti del Paese, non tutte per la verità, siano state costruite negli anni 60-70 e che, tanto per fare un esempio, la vita media di un viadotto, se non viene manutenuto, non supera i 50 anni. Sono dunque centinaia i ponti, le strade e le gallerie da controllare perché il peso degli anni, l'usura, le condizioni climatiche, impongono verifiche adeguate. Non soltanto legate all'aumento dei volumi del traffico. Dall'Aiscat, l'Associazione che raggruppa i concessionari autostradali privati, viene l'invito a non lasciarsi prender dal panico. «Quello che è accaduto non doveva accadere. Ed è un fatto unico, isolato, un incidente terrificante che non c'entra con la manutenzione - spiega al Messaggero il direttore generale Massimo Schintu. «Sulle reti dei concessionari privati - aggiunge - le spese per la manutenzione ammontano in media a 700 milioni di euro ogni anno e non sono mai diminuite, sono sempre state la priorità». Anche Autostrade per l'Italia precisa che quanto accaduto sul cavalcavia dell'A14 è solo «un tragico incidente non prevedibile». E che tutti i cavalcavia della propria rete sono costantemente monitorati e controllati.
Certo a pesare sull'obsolescenza delle reti infrastrutturali, magari quelle piccole o piccolissime, ci sono anche tanti anni di stop agli investimenti pubblici e di incuria degli amministratori.
FONDI BLOCCATI
Anche dal Ministero dei Trasporti invitano a non drammatizzare. Dopo l'incidente di Lecco - si spiega - abbiamo chiesto a tutte le concessionarie, pubbliche e private, di aumentare i controlli. Ma contro la burocrazia c'è ben poco da fare. Anzi nulla. E' il caso, davvero emblematico, del contratto di programma tra Anas e ministero dell'Economia. Contratto fermo al palo a causa di un braccio di ferro tra Tesoro e Trasporti. Un tira e molla che blocca di fatto oltre 2,5 miliardi stanziati dal governo a favore dell'Anas proprio per la manutenzione. Soldi destinati dalla Finanziaria 2016 per mettere in sicurezza viadotti, ponti, strade e gallerie. E che invece restano fermi nel cassetto, prigionieri dei veti incrociati e di procedure bizantine. Previsto proprio dalla legge di Stabilità, il nuovo accordo quadro, quello che prevede il corrispettivo per i lavori svolti e l'autonomia finanziaria, non riesce a decollare nonostante le pressioni di Palazzo Chigi. Peccato perché senza il via libera fermi al palo ci sono complessivamente 6,6 miliardi di investimenti e interventi di modernizzazione o ristrutturazione per oltre 70 arterie.

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