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Data: 14/03/2017
Testata giornalistica: Il Centro
La Scozia si ribella alla Gran Bretagna. Il premier Sturgeon: «Richiesta per il referendum sull’indipendenza». Brexit pronta al via, rabbia dei nazionalisti: vogliamo restare nell’Ue

ROMA La Brexit si avvicina e aumenta il parossismo sia a livello politico sia nell’economia e nella finanza. Ieri, di fronte alla conferma da parte della premier inglese Theresa May che entro fine marzo potrebbe essere attivato l’articolo 50 dei Trattati per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, il primo ministro della Scozia, Nicolas Sturgeon, ha annunciato che la prossima settimana presenterà richiesta formale al parlamento di Edimburgo per un nuovo referendum sull’indipendenza. La consultazione, secondo la leader del Partito nazionale scozzese (Snp), dovrebbe tenersi fra l’autunno 2018 e l’inizio 2019: «Quando - ha spiegato - dei negoziati sulla Brexit si saprà abbastanza, ma sarà ancora possibile imboccare una strada diversa dal divorzio con Bruxelles». L’ultima consultazione sull’indipendenza si svolse nel 2014 e la maggioranza degli scozzesi decise di rimanere nell’Unione. La risposta del governo di Londra non si è fatta attendere ed è stata lapidaria: un nuovo referendum sull’indipendenza non farebbe altro che creare divisione e incertezza. Intanto la Camera dei Comuni si appresta a dare il via libera alla legge sulla Brexit, che conferirà a May il potere costituzionale per comunicare all’Ue il divorzio del Regno Unito. Ma la Scozia non è da sola: i repubblicani nordirlandesi dello Sinn Fein, contrari come gli indipendentisti scozzesi alla Brexit, mordono a loro volta il freno sulla scia della Scozia. E per bocca di un’altra donna, Michelle O’Neill, rilanciano la propria storica sfida per un voto anche “sui confini” dell’Irlanda del Nord: vale a dire su un’ipotetica riunificazione con Dublino. O’Neill, neoleader dello Sinn Fein nel parlamento locale nordirlandese, ha auspicato che una consultazione del genere - prevista dagli storici accordi di pace del Venerdì Santo solo laddove dovesse emergere una chiara maggioranza favorevole in Ulster - si possa svolgere “al più presto possibile”. Gli annunci sulla Brexit e le elezioni olandesi hanno fatto immediatamente crescere lo spread a quota 190 punti. Il quadro delineato dal governatore di Bankitalia è drammatico: «Il 2017 è un anno di appuntamenti elettorali europei che inizieranno in Olanda» e che potrebbero vedere l’avanzare di «un euroscetticismo che rischia di condizionare la coesione e il percorso di integrazione dell’Unione» europea. Maggiore integrazione, per Visco, è tanto più necessaria per la «incompletezza manifesta dell’Unione, e in particolare dell’Unione economica e monetaria, incompletezza che genera di per sé instabilità, in una spirale perversa che può portare ad ulteriore euroscetticismo e instabilità». Visco ha spiegato inoltre che la Brexit e le politiche del presidente Usa, Donald Trump «ancora non ben definite, ma certo poco canoniche negli annunci, sono stati interpretati come potenti viatici per queste rinnovate istanze disgregatrici che si alimentano di un diffuso, anche se a volte mal posto, senso di frustrazione e insoddisfazione delle popolazioni nei confronti delle istituzioni comunitarie». Il governatore di Bankitalia, intervenendo ieri mattina alla Farnesina, ha anche parlato dei problemi dell'Italia: «Il sentiero di riduzione del nostro debito pubblico, assai elevato in assoluto e in rapporto al prodotto, passa necessariamente attraverso un aumento del potenziale di crescita dell’economia e della crescita effettiva», ha detto Visco. «Solo percorrendo questa via - ha ammonito - sarà possibile mantenere la credibilità sui mercati finanziari, ai quali dobbiamo ricorrere non solo per finanziare il disavanzo ma anche per il rinnovo del debito che ogni anno viene a scadenza». Da oggi entra in conclave anche la Fed, che domani potrebbe annunciare un nuovo innalzamento dei tassi, mentre il cruciale incontro Merkel-Trump è stato rinviato a venerdì per la prevista bufera di neve che da questa notte dovrebbe bloccare la costa orientale degli Stati Uniti. I toni della polemica tra Germania e Usa restano ancora alti: ieri è sceso in campo nuovamente il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che ha sostenuto che le critiche all’euro sono ”infondate” perché gli Stati Uniti hanno beneficiato di un tasso di cambio favorevole.

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