ROMA I vecchi tagli lineari rischiano di essere l'unica soluzione possibile in uno scenario in cui l'Unione europea dovesse imprimere un'accelerazione all'intervento correttivo da 3,4 miliardi, necessario per evitare al nostro Paese una procedura europea sul debito pubblico. In realtà l'idea di prendersi qualche settimana in più è ormai abbastanza diffusa nell'ambiente del governo e risponderebbe ad una doppia logica: quella tecnica di approfondire e modulare meglio le opzioni disponibili, e quella politica di scavallare la data delle sensibili elezioni primarie del Partito democratico.
I TEMPI Al momento il lavoro si concentra sulla preparazione del Documento di economia e finanza che dovrà essere esaminato dal consiglio dei ministri e inviato alle Camere entro il 10 aprile: quest'ultima è una data prevista dalla legge e dunque non può slittare. Insieme al Def viaggia il Programma di nazionale di riforma indirizzato a Bruxelles. L'impegno con l'Unione europea è invece un po' più flessibile, anche se il riferimento al mese di aprile per l'attuazione della manovra correttiva per l'anno in corso è presente nella corrispondenza tra il ministro e la commissione europea.
I due ambiti di lavoro sono collegati ma distinti: il Def, che non è una legge, indica le linee per la politica di bilancio degli anni dal 2018 in poi, mentre la manovra correttiva riguarda il 2017. Proprio questo è il punto: le risorse devono essere individuate non solo in modo certo ma anche immediato, a valere sul bilancio in corso.
LE REGOLE FISCALI Le varie ipotesi vengono tutte prese in considerazione. Dal lato delle entrate, il grosso delle risorse è atteso dalle misure di incremento del gettito Iva, in chiave di lotta all'evasione, come il potenziamento del meccanismo dello split payment, che negli anni scorsi ha dato risultati anche superiori alle aspettative. Il suo effetto potrebbe essere ulteriormente ampliato, ma fino ad un certo punto considerato che le nuove regole andranno implementate e non ci sono più dodici mesi interi a disposizione. Tra le possibili fonti di aumento di gettito sono considerate politicamente gestibili le accise sul tabacco e i proventi dei giochi, che però possono assicurare risultati limitati: complessivamente non più di mezzo miliardo di euro. Se verrà confermato il veto ad altre forme di aumento dei tributi, compresa la voce carburanti, allora l'esecutivo potrà fare affidamento essenzialmente su altri due dossier. Il primo è quello dei risparmi di spesa veri e propri anche in questo caso per renderli effettivi in corso d'anno non si può fare troppo affidamento sul miglioramento delle procedure ma occorre intervenire in modo diretto sugli stanziamenti a partire da quelli dei ministeri. Insomma più tagli lineari vecchia maniera che spending review.
Poi ci sono le cosiddette tax expenditures, le agevolazioni fiscali che si configurano come beneficio a questa o quella categoria di contribuenti, ma sul piano contabile comportano un aumento delle entrate. Il governo intende mettervi mano, anche se originariamente l'attenzione è stata concentrata soprattutto su alcuni crediti d'imposta riservati alle imprese. Con molta cautela si valuterà quindi se intervenire sulle detrazioni riservate alle persone fisiche, ad esempio - come è stato ipotizzato in passato - ponendo una soglia di reddito per la limitare la loro fruizione. Ma anche questa è una materia politicamente scottante anche perché, in ogni caso, si tratterà di una manovra urgente e quindi ancora una volta dovrà intervenire retroattivamente sulle regole fiscali già fissate per il 2017.