Un segretario val bene una crisi. Accade in Abruzzo, e dove sennò. Accade che il presidente della Regione Luciano D’Alfonso sia rimasto senza il capo della Segreteria: Claudio Ruffini, indagato insieme a lui per corruzione nelle inchieste avviate dalla procura dell’Aquila, si è messo in ferie e non ha nessunissima intenzione di tornare a lavorare alla Regione, e allora ecco pronto Enzo Del Vecchio, vice sindaco del Comune di Pescara. Il gioco è fatto, e pure a costo zero, e chi se ne importa se Marco Alessandrini dovrà fare un rimpasto a causa sua, l’importante è mettere l’uomo giusto al posto giusto, un uomo di grandissima fiducia nelle stanze dei bottoni al posto di Ruffini: e chi meglio di lui, Del Vecchio è dipendente regionale e quindi non smuoverà una virgola nella pianta organica dell’ente, la moglie è già nella segreteria di D’Alfonso, tutto quadra alla perfezione.
Tutto, tranne che per Alessandrini, ma che importa: il Comune di Pescara è già servito allo scopo, e fa da camera di compensazione per i bisogni della Regione, una specie di ufficio di collocamento al contrario. E’ successo con Pierluigi Caputi, che andava ripescato e ricollocato, per Guido Dezio, e per un altro fedelissimo della segreteria, Fabrizio Paolini. Succederà ancora adesso, con Del Vecchio che dovrà decidere entro 24 ore.
I fatti sono andati così: nei giorni caldi dell’inchiesta, subito dopo i sequestri negli uffici della Regione e la perquisizione domiciliare nella sua abitazione di Giulianova, Ruffini decide che è il momento di andarsene. Si mette in ferie e annuncia che non tornerà più, andrà in pensione anche se non ha ancora tutti i contributi necessari. L’importante è abbandonare, ed è comprensibile, ha altre cose a cui pensare, accuse da cui difendersi, una famiglia forse che lo mette alle strette. Insomma, alla Regione non vuole metterci più piede. Forse i rapporti col presidente si sono fatti un po’ tesi.
Per la verità non l’unico che sbaracca: prima di lui era sceso dalla barca anche Fabio Travaglini, nipote di Armando Tomeo, storico esponente di Confindustria, pare a causa delle prossime elezioni a San Salvo.
Fatto sta che nella segreteria si crea un vuoto incolmabile: Ruffini era l’alter ego di D’Alfonso, l’uomo che pensava a tutto, dal caffè del mattino alla pratica super riservata. Difficile rimpiazzarlo. Ma subito il pensiero corre a Del Vecchio, l’uomo che è rimasto più di tutti gli altri, fedele nei secoli.
Bene, i giochi sono fatti. Certo, il sindaco Alessandrini fa resistenza: Del Vecchio è uomo di fatica, in pratica fa tutto lui, e adesso fare un rimpasto significa far saltare il tappo dei malumori. Ma intanto il risiko si è messo in moto: al posto di Del Vecchio dovrebbe andare Antonio Blasioli, che però per diventare vice sindaco perderebbe qualche assessore, e poi si dovrà trovare un nuovo presidente del consiglio comunale, chissà forse è la volta buona per spostare Presutti e mettere a tacere i ribelli come Francesco Pagnanelli e chi più ne ha più ne metta. Insomma, un giro di valzer niente male per trovare un segretario al governatore, e che conferma, purtroppo, la vergognosa sudditanza del Comune di Pescara.
Che d’altronde, una crisetta l’avrebbe rischiata lo stesso, per via di una lettera inviata tempo fa dal neo assessore Stefano Civitarese che minacciava di mollare tutto a causa delle condizioni in cui versa la struttura. Un dito puntato soprattutto contro Del Vecchio.
“Non esiste alcuna struttura comunale dedicata e che faccia a me riferimento”,
denunciava Civitarese nella sua lettera e soprattutto lo schema organizzativo esisente favoriva, scriveva,
“una certa ambiguità e incertezza rispetto alla ripartizione dei compiti tra la viabilità/lavori pubblici e la mobilità. Per esempio – continua – delle ordinanze relative alla regolazione del traffico e della sicurezza stradale continua, credo a occuparsi il vice sindaco Enzo Del Vecchio, ma mi pare, invece, che queste cose siano parte integrante della regolazione della mobilità”.
L’assessore poi si lamentava del fatto che la sua segreteria fosse rimasta completamente spoglia:
“Ho l’impressione che il lavoro che sto cercando di portare avanti non sia particolarmente apprezzato (quando non osteggiato) e pertanto non passa giorno che mi chieda se abbia senso la mia permanenza in questa amministrazione”.
Poi, alla fine, diventava ancora più chiaro: se il Comune non avesse adeguato il servizio, se lui non fosse stato messo nelle condizioni di lavorare, se ne sarebbe andato, e di gran carriera:
“Sarò mio malgrado costretto ad aprire una riflessione più ampia sul mio ruolo in questa compagine”.
Alla mail, Del Vecchio ha risposto ieri, con una nota in cui si limita a fare una meticolosa contabilità del personale e delle difficoltà di gestione. Si concede persino una piccola vendetta nei confronti di Civitarese, che accusa di lamentarsi di problemi
“che non sono da meno di quelli di tutti i colleghi di giunta che da 33 mesi cercano di superare le evidenti difficoltà con spirito di squadra e di servizio verso la comunità”.
Ma la riposta di Del Vecchio sarà forse l’ultimo atto da vice sindaco: il dovere lo chiama, e chi se ne importa se si è fatto votare e poi eleggere e un po’ di cittadini magari hanno creduto in lui.
ps: il dovere lo chiama. Ma la voce sembra piuttosto quella del padrone.