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Data: 14/03/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Sospesi Di Ilio e Del Vecchio Il Gip decapita l'Università

CHIETI L'Università d'Annunzio è stata decapitata. Con un provvedimento che non ha precedenti del mondo accademico, il rettore Carmine Di Ilio e il direttore generale Filippo Del Vecchio sono stati interdetti dai pubblici uffici per 6 mesi. La misura, contenuta in 57 pagine che portano la firma del gip Antonella Redaelli, era stata chiesta a novembre dal pm Giancarlo Ciani. Al loro posto Di Ilio e Del Vecchio hanno nominato rispettivamente il decano, prof. Michele Vacca, e il capo dell'ufficio legale Antonio D'Antonio. Il provvedimento è stato trasmesso anche al Ministero dell'Istruzione che potrebbe bypassare le due designazioni e nominare un commissario. Il giudice nell'ordinanza parla «di un tempo strettamente sufficiente ma necessario a interrompere il sistema di malgoverno istaurato dai vertici dell'università d'Annunzio, proporzionato ai gravi fatti di sovvertimento delle istituzioni di governo dell'ateneo attraverso vessazioni e disparità di trattamento». Di Ilio e Del Vecchio hanno annunciato ricorso al Tribunale del Riesame de L'Aquila che avrà dieci giorni per decidere.

L'ORIGINE La vicenda ha preso le mosse da una denuncia presentata dal prof. Luigi Capasso, ex componente del Cda. Rettore e dg sono finiti sotto inchiesta per abuso d'ufficio per avere revocato senza preavviso la nomina a componente del Cda di Capasso, il quale avrebbe potuto optare fra il Cda o la direzione del Museo dell'ateneo. Entrambi inoltre sono accusati di aver falsificato la convenzione con il Provveditorato opere pubbliche Lazio, Abruzzo e Sardegna relativo a opere edilizie universitarie, fra le quali l'intervento alla caserma Bucciante. Accusa di abuso per Del Vecchio, che non si sarebbe astenuto dal partecipare, nel Cda, alla discussione sulla proposta di avvio di procedimento disciplinare nei suoi confronti, abuso anche per Di Ilio che si sarebbe rifiutato di portare al Cda il procedimento disciplinare e l'approvazione del contratto sulla nomina a dg di Del Vecchio. Di Ilio avrebbe inoltre estromesso il Cda dalla pratica sul procedimento disciplinare, trattandolo in via esclusiva e concludendo per l'archiviazione. A Di Ilio è contestata anche la violenza privata per una lettera inviata a Capasso.
Secondo il giudice «emerge con evidenza che il comportamento di violazione delle norme di legge, dello Statuto dell'ateneo, era stato mosso dal dolo intenzionale, dalla volontà di procurare un danno ingiusto ai consiglieri di amministrazione ed in particolar modo a Capasso, che aveva avuto la forza di denunciare fatti che lo riguardavano, esautorati del loro potere. E l'ingiusto vantaggio del perdurare di Del Vecchio nella carica di Dg, con il conseguente trattamento retributivo, che aspirava a svolgere secondo i propri intendimenti esautorando il potere dei membri del Cda.

FINALITÀ Nell'ordinanza si dice anche che i fini che apparivano perseguiti non valevano a giustificare la catena di violazioni di legge, con conseguenti favoritismi e vessazioni che erano state compiute dai due indagati nella più totale libertà da vincoli, di intenti mascherati con distorsioni dei pareri degli organi dello Stato, sempre orientati a preservare la carica e l'immunità da rilievi. Questo con disparità di trattamento: ovvero con la convocazione urgente del Senato Accademico per sostituire Capasso, membro revocato, mentre per il dimissionario Civitarese il Senato era stato convocato dopo 2 mesi. E condotte vessatorie come l'immediata diffida inviata a Capasso a rifondere all'ateneo gli emolumenti ricevuti come consigliere di amministrazione decaduto. Secondo il giudice, poi, la posizione apicale di entrambi è occasione di innumerevoli possibili altre iniziative tese e mantenere lo status quo e dunque un sistema fondato su presunti abusi e falsi. Di qui il pericolo di reiterazione dei reati per la pervicacia dimostrata dal rettore nello scopo illecito di sottrarre Del Vecchio dal doveroso vaglio e controllo dei suo operato strenuamente chiesto dalla maggioranza dei membri del Cda.

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