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Data: 15/03/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Dal Governo arrivano 30 milioni per riaprire le imprese in Vibrata. Area di crisi complessa, ad aprile saranno pubblicati i bandi per finanziare i progetti delle aziende. I sindacati: «Ora bisogna coinvolgere i lavoratori»

TERAMO Torna la speranza di vedere i capannoni delle aree industriali della Val Vibrata di nuovo illuminati, il via vai di camion e i piazzali delle industrie pieni di auto. Torna la speranza di voltare pagina rispetto a un presente in cui si susseguono fabbriche dismesse, vetrate rotte e cancelli arrugginiti nella totale desolazione. La speranza sono i 30 milioni di euro che il ministero dello Sviluppo economico ha deciso di mettere in campo per dare le gambe all’area di crisi complessa Vibrata-Tronto. L’annuncio lo dà l’assessore regionale Dino Pepe, che la triste storia di deindustrializzazione della Val Vibrata la conosce bene, essendo stato a lungo sindaco di Torano. Pepe parla con sollievo di quei 30 milioni che serviranno a finanziare i progetti di imprese intenzionate a investire nell’area. Non a caso l’intera operazione è stata chiamata #RestartValVibrata. La somma è stata il frutto di una lunga contrattazione con il Mise, ed è stata “strappata” giovedì scorso in un incontro a Roma del vicepresidente della Regione Abruzzo Giovanni Lolli e da quello delle Marche Anna Casini. Ora Pepe parla di tempi strettissimi: si sta già studiando il piano di riconversione industriale e ad aprile è prevista l’uscita dei bandi, ad opera di Invitalia. Sarà questo il vero banco di prova: ad ottobre le imprese hanno presentato delle “manifestazioni di interesse” non vincolanti. La risposta per il Teramano è stata oltre le più rosee aspettative: 374 progetti per 750 milioni di investimenti e 3.700 posti di lavoro. Quasi quanto l’Ascolano, con la differenza che nell’area di crisi ci sono solo 13 comuni teramani, mentre quelli marchigiani sono 44. A questi fondi vanno aggiunti 7 milioni che mette a disposizione la Regione, che servono a finanziare i contratti di sviluppo e i progetti “de minimis”, cioè più piccoli, con finanziamenti fino a 200mila euro a fondo perduto. I contratti di sviluppo sono invece progetti che prevedono investimenti per oltre 20 milioni di euro. «Attualmente ce ne sono due in fase avanzata», spiega Pepe, «entrambi nel manifatturiero, e altri due in fase di lavorazione nel settore turistico. I contratti di sviluppo seguono un percorso diretto con Regione e ministero». Ma a parte i progetti piccolissimi, gestiti direttamente dalla Regione, e i grandissimi, il cuore dell’area di crisi complessa è rappresentato dai 30 milioni messi sul piatto dal ministero. I fondi serviranno all’acquisto di capannoni e macchinari, oppure a spese per interventi ambientale (la produzione di energia da fonti alternative o l’efficientamento energetico) o anche a aprire attività turistiche (dagli alberghi ai camping, alla ristorazione). Per evitare lungaggini sarà fatta una valutazione immediata, “a sportello” delle proposte delle aziende. In ballo ci sono finanziamenti a fondo perduto fino al 25% dell’investimento oppure finanziamenti a tasso agevolato o un mix delle due possibilità. Altro filone dell’area di crisi complessa riguarda le infrastrutture: «E’ inserita la pedemontana», spiega Pepe, «ora la strada arriva fino a Floriano ma dovrebbe arrivare fino a Castel di Lama. E’ ritenuta strategica anche perchè collega le Marche a Roma attraverso il Traforo, soprattutto dopo i problemi con la Salaria a causa del sisma. Servono 52 milioni: stiamo lavorando per trovare i fondi».

I sindacati: «Ora bisogna coinvolgere i lavoratori». Cgil, CIsl e Uil 10 anni fa promossero il protocollo “padre” dell’attuale intervento «Finora siamo stati tenuti fuori, ma adesso bisogna parlare di occupazione»

TERAMO Sono stati un punto fermo del “padre” dell’area di crisi complessa, cioè il protocollo Vibrata-Tronto. Sono i sindacati che ormai dieci anni fa di fronte al rapido crollo di un modello di sviluppo su cui si basava l’economia teramana proposero l’utilizzo di strumenti straordinari e fra questi i finanziamenti della legge 181. E dopo 10 anni uno degli strumenti propugnati a gran voce, troppo spesso inascoltati, si concretizza. E ora i sindacati chiedono di essere coinvolti. Sia il segretario della Cgil che quello della Cisl chiedono l’apertura di un tavolo per avviare un progetto di sviluppo insieme ai lavoratori. «Noi siamo stati tra coloro che hanno voluto un riconoscimento di quell'area di crisi per affrontare il grave problema dell’impasse del manifatturiero e la perdita di posti di lavoro», esordisce Giovanni Timoteo, segretario della Cgil, «ma non abbiamo partecipato a nessun tavolo sia nella fase interlocutoria che nella fase operativa. Riteniamo che a questo punto si debba aprire in tavolo in cui sia presente anche che rappresenta i lavoratori che hanno perduto l’occupazione». «Se la notizia è vera la Cisl ritiene che non bisogna perdere tempo, ma agire affinchè la mole di risorse a disposizione possa essere utilizzata celermente per rilanciare prioritariamente l'industria manifatturiera che solo pochi anni fa rappresentava il 38% del Pil dell'economia provinciale e addirittura il 42% degli addetti a fronte di una media nazionale del 32%. La Cisl vigilerà attentamente affinchè le risorse possano essere utilizzate al meglio e per evitare una gestione fra pochi intimi», è la posizione di Antonio Scuteri, segretario della Cisl. Entrambi chiedono che si inizi una riflessione insieme ai sindacati. «La somma a disposizione è molto minore rispetto alle manifestazioni di interesse, che ammontano a 750 milioni: il territorio ha bisogno di più risorse», aggiunge Timoteo, «sicuramente è una buona notizia, ma c’è uno spirito d'iniziativa degli imprenditori che va sostenuto con risorse adeguate. C'è necessità di un tavolo in cui confluiscano coloro che hanno contribuito al percorso che ha portato all'area di crisi, in primis i lavoratori. Sarebbe politicamente e moralmente corretto per dare una risposta a chi per primo ha creduto a questo progetto: i tessili e i metalmeccanici dell'area». E anche la Cisl ritiene fondamentale il coinvolgimento dei sindacati «per vincolare l'approvazione dei progetti e l'erogazione di ogni finanziamento al preventivo coinvolgimento dei rappresentanti sindacali aziendali e garantire così, con un apposito accordo, azioni più incisive per il rilancio dell'azienda interessata. Ciò sarà utile per migliorare la produttività, la competitività e gli utili dell'impresa e garantire nel contempo più opportunità occupazionali, professionali e salariali ai lavoratori attraverso il riconoscimento di obiettivi condivisi. La Cisl invita il presidente il presidente della Provincia a convocare al più presto la “task force” coinvolgendo parti sociali e Regione».

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