ROMA La partita si gioca tutta sul doppio binario governo-Parlamento. E l’Abruzzo potrebbe portare a casa un risultato importante. Sempre che gli emendamenti al decreto terremoto, all’esame della commissione Ambiente della Camera, presentati dalla relatrice alla legge di conversione, Chiara Braga del Pd, e quelli dell’esecutivo (depositati ieri sera in attesa degli altri attesi per stamattina) ottengano il via libera del Parlamento. Insomma, dopo la manifestazione del 2 marzo, che ha riversato nella capitale 1.800 cittadini e amministratori provenienti da tutta la regione, qualcosa si muove. Ma cosa prevedono nel dettaglio gli emendamenti all’esame di Montecitorio? Dal governo è arrivata un’apertura sull’ampliamento del cratere sismico. Che oggi, secondo indiscrezioni, dovrebbe allargarsi ad altri nove comuni abruzzesi: Isola, Colledera, Castel Castagna, Fano e Pietracamela nel Teramano; Cagnano Amiterno, Pizzoli e Barete nell’Aquilano; Farindola nel Pescarese. Un intervento caldeggiato dagli amministratori locali e che, già ieri sera, è stato preceduto da un’altra importante modifica tesa ad estendere «agli investimenti effettuati fino al 31 dicembre 2018» dai Comuni abruzzesi, laziali, umbri e marchigiani, colpiti dalle scosse sismiche susseguitesi a partire dal 24 agosto 2016, «il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno». Nella misura del 25% per le grandi imprese, del 35% per quelle medie e del 45% per le piccole. Di zona franca, invece, si ragionerà in un altro e successivo provvedimento. Delle tre proposte di modifica firmate dalla Braga, invece,due in particolare rispondono alle istanze sollevate dai sindaci abruzzesi. La prima destina agli enti locali parte dei fondi stanziati dalla Riforma del sistema nazionale di istruzione del 2015 «per le verifiche di vulnerabilità sismica degli immobili pubblici adibiti ad uso scolastico nelle zone a rischio sismico classificate 1 e 2». L’emendamento, inoltre, stabilisce che «almeno il 20% delle risorse» sia assegnato «alle quattro Regioni interessate dal sisma»: Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo. Come spiega la relazione illustrativa, «gli interventi che si rendono necessari all’esito delle verifiche di vulnerabilità vengono poi inseriti nella Programmazione triennale per essere finanziati con le risorse che annualmente si rendono disponibili». Il secondo ritocco della relatrice, invece, introduce all’interno del decreto terremoto il tema dei danni causati dalla straordinaria ondata di maltempo che ha investito il centro Italia. Con una norma dal titolo eloquente e fortemente invocata dai sindaci abruzzesi: «Interventi urgenti a favore delle zone colpite dagli eccezionali eventi atmosferici del mese di gennaio 2017». In pratica, «per far fronte ai danni occorsi al patrimonio privato ed alle attività economiche e produttive», a causa delle straordinarie avversità climatiche del gennaio scorso, «si provvede sulla base della relativa ricognizione dei fabbisogni». Il sindaco di Teramo, Maurizio Brucchi, tra i leader della protesta romana del 2 marzo, commenta con cauto ottimismo: «Uno spiraglio si è aperto. Bene! Ma ora vediamo cosa c’è dentro questo spiraglio». E chiarisce, punto per punto: «Va bene se mettono fondi per le verifiche di vulnerabilità sismica, ma se fai la diagnosi e poi non riesci a dare la cura sei al punto di partenza. Ovvero: se per mettere a posto le scuole poi fanno dei piani pluriennali noi che facciamo, ci teniamo per anni le scuole a bassa vulnerabilità? Si dovrebbe trovare una strada per consentire ai Comuni di intervenire subito. Quanto al riconoscimento dei danni da neve, benissimo ma ora dobbiamo capire la quantificazione di questi ristori. I danni ce li riconoscono tutti? E quanto all’allargamento del cratere, se le misure economiche non aumentano proporzionalmente, ai Comuni toccherà una fetta di risorse più piccola». Basteranno gli emendamenti ad evitare una nuova “marcia” su Roma? Per ora Brucchi non si sbilancia: «Stiamo a vedere, intanto, come si concludera l’iter di approvazione».