ROMA Trattativa ad oltranza per evitare il fallimento. L'ad di Alitalia, l'australiano Cramer Ball, si è portato pure l'interprete per non fare gaffes. Di certo non si aspettava, essendo un neofita dei rituali sindacali, che in questo primo round sui 2.437 esuberi della compagnia tricolore si fronteggiassero oltre 50 persone tra rappresentanti dell'azienda, sindacati e uomini del governo, tutte stipate in un salone del ministero dello Sviluppo. E' stato comunque proprio lui a rompere il ghiaccio, illustrando, anzi ribadendo ai sindacati che la situazione è drammatica. E che senza l'ok delle organizzazioni dei lavoratori il nuovo business plan che punta prima al salvataggio e poi al rilancio non potrà mai decollare. «Ora dobbiamo sopravvivere - ha spiegato il top manager rivolto ai ministri Carlo Calenda e Graziano Delrio e ad una schiera infinita di sindacalisti - per questo bisogna arginare le low cost, tagliando le spese. Poi ripartiremo e cresceremo». La linea è nota. Contiene la richiesta implicita all'esecutivo di riequilibrare, diminuendoli, i privilegi di Ryanair e Easyjet, che stanno letteralmente soffocando Alitalia sul corto e medio raggio. O quanto meno quella di non intralciare il cammino verso una sforbiciata sostanziosa, almeno il 30%, ai salari di hostess, steward, impiegati e piloti. Da realizzare subito. Prima che proprio le low cost, che hanno spese complessive del 40% inferiori, si prendano tutto il mercato domestico e una parte di quello europeo dell'ex vettore nazionale. Anche il presidente in pectore Luigi Gubitosi, che presto avrà pieni poteri, non è andato leggero: «Non siamo Lufthansa e abbiamo poco tempo per chiudere questa trattativa. Bisogna che tutti riconoscono che abbiamo una struttura dei costi non sostenibile. No quindi ai soliti rituali sindacali». Insomma, l'obiettivo è duplice: spingere i sindacati a decidere presto e il governo ad aprire il paracadute degli ammortizzatori sociali. Altrimenti non ci sarà nessun futuro per la compagnia. Poco importa che nel 2021 arriveranno nuovi aerei e rotte. L'emergenza, quella vera, è adesso.
IL DUELLO Che il governo voglia fare la sua parte, evitando macelleria sociale, l'ha ribadito il ministro dello Sviluppo: «Alitalia resta strategica per l'esecutivo ma è anche una compagnia privata e tale resterà». In sostanza non ci sarà nessun intervento pubblico, come l'ingresso di Poste o Cdp nel capitale, perché, ha sillabato Calenda, «basta mettere i soldi degli italiani». Delrio ha invitato ad confronto serrato. «La situazione - ha detto il responsabile delle Infrastrutture - è critica, serve un lavoro urgente, poi vedremo i numeri (degli esuberi) prima di esprimere un giudizio». E il confronto nel merito si aprirà già questa mattina tra tecnici del governo, Alitalia e sindacati. Il segretario generale della Fit Cisl, Antonio Piras, ha messo i paletti: «Per noi il piano così com'è non è ricevibile né credibile perché ridimensiona l'azienda senza prevederne un rilancio». Ball sul punto ha spiegato che il taglio di 20 aerei avverrà a parità di traffico, senza abbassare i ricavi.
Dura anche la Uil che voleva un ingresso nel capitale dello Stato. «Questo intervento - ha spiegato Claudio Taralazzi, segretario generale della Uiltrasporti - non ci sarà, non intendono entrare in una trattativa privata. Il governo darà solo una mano sul merito pur considerando l'azienda strategica».
Il calendario è pronto: mercoledì e giovedì sono fissati due incontri, poi ce ne saranno altri tre la prossima settimana per sul numero effettivo dei tagli, sostenibilità del piano e gestione dei costi. Giovedì prossimo un nuovo incontro con i ministri. Anche il dicastero del Lavoro è stato coinvolto: spetterà al ministro Poletti mettere in piedi gli ammortizzatori sociali e, parallelamente, trovare delle aziende disposte a prendersi in carico gli esuberi. In queste ore già qualche impresa si sarebbe fatta avanti, ma si è ben lungi dal diradare le nubi.