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Data: 21/03/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Atac in profondo rosso: la colpa è di Parentopoli»

Mezzi dissestati e vecchi, autobus in numero troppo ridotto e che cadono a pezzi. I soldi sprecati per assunzioni improbabili tra le fila della municipalizzata dei trasporti capitolina, dove amici e parenti degli ex dirigenti hanno occupato postazioni apicali, sarebbero potuti essere usati per risanare l'azienda in difficoltà. E, soprattutto, per migliorare il servizio - disastroso - reso ai cittadini. Nelle motivazioni della sentenza con cui il Tribunale presieduto da Marcello Liotta ha condannato per abuso d'ufficio gli ex amministratori delegati di Atac e Metro, Adalberto Bertucci e Antonio Marzia, e i responsabili del Personale e delle Risorse Umane Luca Masciola e Vincenzo Tosques, i giudici usano parole pesanti.

CONDOTTA AVVILENTE Per i magistrati, la condotta dei protagonisti dello scandalo «Parentopoli» è «grave, avvilente e disarmante». Hanno assunto persone «senza verificarne capacità, competenza, professionalità». Soggetti spesso «privi dei titoli di studio, ingaggiati solo perché collegati a determinati contesti politici o territoriali». Il tutto «senza preoccuparsi del fatto che il Comune di Roma avesse disposto il blocco delle assunzioni nelle municipalizzate, per il deficit di bilancio». Dal 2008 al 2010, l'azienda dei trasporti capitolina sarebbe stata utilizzata per parcheggiare conoscenti e amici. I giudici scrivono che i manager hanno agito con «totale spregiudicatezza: non hanno esitato a riempire per anni le aziende, nei soli uffici amministrativi, di personale privo di adeguata qualificazione». Tradotto: tanti soldi buttati, e mai investiti in personale che lavorasse sul campo. C'è di più. Il collegio ricorda come i successivi dirigenti avessero tentanto di ripristinare una situazione di legalità: in alcuni casi avevano provato a licenziare alcuni privilegiati «in ragione della loro macroscopica incapacità ed incompetenza». Ma non c'erano riusciti. A loro dire, si erano scontrati con il veto imposto dai piani alti dell'Amministrazione, e spesso erano anche stati costretti a rassegnare le dimissioni. I giudici parlano quindi di assunti privilegiati e «intoccabili» che, ora, potrebbero davvero rischiare il licenziamento. Il Tribunale ha infatti disposto la trasmissione delle motivazioni della sentenza alla municipalizzata, che dovrà valutare come regolarsi nei confronti dei dipendenti assunti in modo «illecito», privi di requisiti e con curriculum inadeguati rispetto alla posizione ricoperta. E' il caso, per esempio, di Giulia Pellegrino, ingaggiata nel 2009 come «specialista tecnico amministrativo», grazie alle competenze acquisite come «cameriera e hostess in discoteca». Ha raccontato ai giudici «di sapere usare il computer perché aveva sostenuto all'università l'esame di statistica informatica». Attualmente, lavora all'Ufficio multe, «occupandosi di ricorsi sebbene non sia laureata in giurisprudenza».

I CURRICULUM È singolare anche il percorso seguito da Barbara Pesimena, moglie di Marco Visconti, ex assessore all'Ambiente finito sul banco degli imputati per aver spinto l'assunzione della compagna, ma assolto dalle accuse. La donna «con diploma di ragioneria e pregresse esperienze lavorative come segretaria in un poliambulatorio, commessa in un negozio di guanti, di abbigliamento per bambini e di telefonia», ha ricoperto un ruolo da quadro di Trambus. Ettore Maria Giuseppe Tirrò - ancora assunto nella stessa azienda - menzionava nel curriculum una laurea in psicologia appena conseguita, «pregressa esperienza lavorativa come facente funzione di assistenza ai bagnanti e abilità nel suonare la batteria». La nuora dell'assistente di Bertucci, invece, aveva dichiarato di avere «un diploma di maturità classica e l'iscrizione al corso di laurea in letteratura, musica e spettacolo». Come pregresse esperienze lavorative aveva segnalato «di essere stata hostess, addetta alle vendite, promoter e segretaria». Il suo colloquio, avvenuto presso l'ufficio della formazione di Trambus, «era consistito nella recensione di un film o di un libro e all'esito era stata assunta nel settore comunicazione interna della società», annotano i giudici. Per il collegio non ci sono dubbi: le contrattualizzazioni «furono frutto di decisioni clientelari».

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