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Data: 22/03/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Voucher, ora è caos. Imprenditori furiosi e abusi in aumento. Si valuta anche l’ipotesi di anticipare la fine dell’operazione. La prima strada è il potenziamento del contratto a chiamata

ROMA Il governo metterà una toppa con i mini-jobs alla tedesca e soprattutto potenziando il lavoro a chiamata. Ma intanto i voucher ci sono ancora e il lento pensionamento rischia di creare il caos. Le aziende che li hanno già acquistati possono usarli fino al termine del 2017 ed anzi ora accelerano. E spesso neppure comunicano entro un’ora che stanno usando il ticket. La misura, che avrebbe dovuto limitare gli abusi delle aziende, secondo la denuncia dei consulenti del Lavoro è affondata insieme al decreto che ha cancellato i buoni per il lavoro accessorio. Tanto che il ministero del Lavoro, ieri, ha sentito il bisogno di precisare che le regole per l’uso dei voucher non sono affatto cambiate. Ma se gli abusi c’erano prima, in questa fase di transizione si moltiplicano. Con il risultato che il governo pensa di anticipare la fine dell’operazione accelerando la riforma del lavoro accessorio. Che nelle intenzioni dovrebbe arginare sommerso e sfruttamento. Intanto ieri è stata ripristinata sul sito dell’Inps la procedura telematica per l’attivazione dei voucher acquistati entro venerdì 17 marzo (data di entrata in vigore del decreto legge che li ha abrogati prevedendo una fase transitoria del loro utilizzo fino al 31 dicembre 2017), dopo il blocco tecnico di due giorni fa. Ma Confesercenti segnala che i centralini sono presi d’assalto da imprenditori furiosi. Tutti con la stessa lamentela: l’impossibilità di comprare nuovi voucher e la richiesta di capire in che modo il governo li sostituirà. «Tutti coloro che in queste ore teorizzano sull’utilità dei voucher partono dal presupposto che la norma andasse bene e che c’è stato un abuso dei voucher. Ma non è così: i voucher hanno permesso di sostituire il lavoro contrattualizzato con quello precario» ha ribadito il segretario della Cgil, Susanna Camusso. Intanto Palazzo Chigi è al lavoro per sostituire i ticket. La prima mossa dovrebbe essere quella di potenziare il lavoro a chiamata che attualmente può essere utilizzato solo per chi ha meno di 25 anni e per chi ne ha più di 55. Il potenziamento allo studio del governo farebbe saltare i due limiti d’età: il lavoro a chiamata diventerebbe utilizzabile per tutti, anche se resterebbe il requisito della prestazione con “frequenza non predeterminabile”. Allargato a tutte le fasce d’età potrebbe prendere il posto di una parte dei voucher. Ma perché spostare un pezzo del mercato del lavoro verso quello che viene chiamato anche job on call, sarebbe un segnale di sinistra? E perché potrebbe essere in linea con il nuovo corso del governo Gentiloni e con il tentativo di abbassare la temperatura del dibattito sul jobs act in vista del referendum promosso dalla Cgil per l’abolizione dei voucher? A differenza dei buoni orari, il lavoro a chiamata è un vero e proprio contratto di lavoro. Ha un limite di 400 giorni di impiego nell’arco di tre anni, ad esempio. Chi lo supera vede trasformarsi il suo rapporto di lavoro in un contratto a tempo pieno e indeterminato. Dà molte più garanzie al lavoratore, anche se resta uno strumento ad alta flessibilità. La mossa di sinistra, però, avrebbe conseguenze negative per le imprese. Oggi un’ora di lavoro pagata con i voucher costa al datore di lavoro 10 euro. Un'ora di lavoro a chiamata viene pagata molto di più, fino a 25 euro perché contributi e assicurazione sono più cari e ci può essere anche la cosiddetta indennità di disponibilità, garantita al lavoratore che per contratto si impegna a rispondere alla chiamata.

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