ROMA È il tentativo in extremis per scongiurare lo sciopero dei taxi di domani. Agitazione, tanto per usare un eufemismo, che rischia di paralizzare le città, la Capitale in particolare, creando caos e disagi proprio in vista del vertice europeo per i 60 anni dei Trattati di Roma. Così per provare a disinnescare la bomba - una parte della base sarebbe addirittura pronta a bloccare le autostrade - il governo ha convocato oggi i sindacati delle auto bianche al ministero dei Trasporti. Sarà il vice ministro Riccardo Nencini ad illustrare le nuove regole per il settore.
Tra i punti cardine del decreto, anzi dei decreti, ci sarà non solo una maggiore apertura sul fronte della autorizzazioni per Uber, ma anche la definizione di zone libere per gli Ncc, le auto a noleggio con conducente una volta lasciato il cliente non dovranno rientrare nel garage di partenza. L'autorizzazione per gli Ncc arriverà dalle Regioni che definiranno, oltre alle sanzioni per chi sgarra, gli ambiti territoriali. Per Roma ci sarà un regime particolare. Nel decreto è anche scritto nero su bianco che gli Ncc non rientrano tra i servizi pubblici e che non ci sono limiti alla forma giuridica per esercitare il servizio. Insomma, si farà chiarezza visto che i taxi contestano le invasioni delle auto blu che una volta ottenuta la licenza, magari in un paesino del Sud, vengono a lavorare nella Città eterna.
LA NORMATIVA Il secondo punto del decreto che ha messo a punto Nencini riguarda invece i paletti per le piattaforme tecnologiche che collegano gli autisti con chi cerca un passaggio cioè Uber. Verranno introdotte delle norme non invasive ma in grado di fare ordine. Dovrebbero essere istituiti un registro pubblico e una serie di obblighi anche sul fronte fiscale e più in generale dei controlli. La proposta piace al general manager di Uber, Carlo Tursi, che è convinto come un registro per le app che collegano il cliente con il servizio auto «è una condizione necessaria, di trasparenza». Quanto alla seconda proposta, di cui si parla, la messa a punto di ambiti territoriali, per Uber «non fa la differenza: quello che conta è non fissare un tetto alle autorizzazioni». Insomma per il numero uno di Uber resta centrale «liberalizzare il settore. Perchè noi mettiamo a disposizione un servizio accessibile, non solo per ricchi o per chi vive in grandi città».
Il governo è orientato a non limitare le autorizzazioni, pur tutelando i taxi, e a portare Uber nelle periferie. Per i tassisti, ed è il terzo punto, le tariffe saranno determinate sempre dalle Regioni che definiranno anche gli ambiti territoriali nei quali può avere inizio il servizio. Ci sarà poi, ma la norma è in fase di messa a punto, il controllo da remoto degli Enti locali che rilasciano le licenze per verificare il rispetto dei turni e la distribuzione sulle strade.
I tassisti però non si fidano e sono pronti a dare battaglia. Temono concessioni per Uber e Ncc e una ventata di liberalizzazioni che, promettono, sarà respinta con forza. Temono cioè che vengano eliminati i vincoli alle autorizzazioni. Per questo hanno confermato la linea dura. Sopratutto sono infastiditi perché l'esecutivo ha ascoltato ieri le ragioni di Uber, un segnale di apertura che giudicano molto pericoloso per il mercato.
I tassisti in attesa pronti al blocco totale delle città
ROMA Stop al decreto, se sarà ispirato ai principi contenuti nella bozza di legge delega presente nel Ddl concorrenza. Ma, soprattutto, nessun patto con Uber. Le rappresentanze Taxi convocate oggi al ministero dei Trasporti lasciano pochi margini: se in queste ore il governo non cambierà radicalmente rotta sulla riforma del settore lo sciopero di domani sarà confermato. Blocco totale dalle 8 alle 22 con manifestazioni in ogni città per spiegare ai cittadini le ragioni della propria protesta. «Le regole sul lavoro e sul trasporto pubblico non di linea non le devono imporre i mercanti» avverte Nicola Di Giacobbe, di Unica Cgil, spiegando che il governo deve cancellare «le innovazioni tecnologiche senza una certificazione». E non saranno certo i paletti, dei quali si parla, imposti alle piattaforme tecnologiche che collegano gli autisti con chi cerca un passaggio, a cambiare l'umore delle auto bianche. «La tecnologia non deve essere usata come un grimaldello per introdurre il caporalato informatico» si scalda Di Giacobbe. Il quale garantisce che lo sciopero si svolgerà in maniera ordinata. «Nelle assemblee convocate in tutta Italia illustreremo le nostre buone ragioni in modo pacifico» rassicura il sindacalista. «Non si è mai visto un governo che convoca un tavolo di confronto a 24 ore da uno sciopero» ironizza Pietro Marinelli di Ugl. Il quale è certo che l'incontro di oggi si chiuderà con un nulla di fatto. «Non c'è alternativa allo sciopero, appuntamento a Roma, a Piazza Venezia, e faremo il nostro corteo». Con una nota congiunta, peraltro, le strutture sindacali Unica taxi Cgil, FIt Cisl taxi, Uil Trasporti taxi, Ugl taxi, Federtaxi Cisal, Usb taxi, Fast tpln Confasal e Uti hanno spiegato di avere l'impressione «di vivere una situazione grottesca, nella quale c'è aria di presa in giro». Per i sindacati «il decreto dovrebbe dare attuazione alla legge 21 che già regolamenta il settore, come indicato anche nel contestato verbale d'incontro siglato con il Ministero dei Trasporti, in attesa del prossimo riordino del comparto». Riordino che deve escludere Uber dalle trattative. «Non riconosciamo alcuna legittimità: è un soggetto esterno che sta cercando di strumentalizzare la situazione e non ha nessun titolo per confrontarsi con noi o con il governo» dice senza mezzi termini Riccardo Cacchione di Usb Taxi. Nessuno garantisce il sindacalista ha parlato di blocchi stradali o autostradali o altro, nessuno ha parlato di oltrepassare i limiti, ma il governo deve affrontare la questione seriamente e concretamente e non è incontrando Uber che la si risolve». Chi non ha aderito allo sciopero, seppur solidale con le ragioni della protesta, come Loreno Bittarelli, Presidente di Uri, Unione radiotaxi italiani, si augura che chi incrocerà le braccia «non commetta l'errore di creare disordini e cadere in provocazioni».