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Pescara, 24/07/2024
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Data: 23/03/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Di Properzio: a rischio cinquanta posti di lavoro i problemi del porto bloccato

PESCARA Parla di «carenze, omissioni e responsabilità» da parte delle istituzioni l'imprenditore Sabatino Di Properzio, proprietario della società di servizi di logistica per prodotti petroliferi Abruzzo costiero. L'azienda, un tempo leader del commercio e della distribuzione del gasolio via mare, è oggi costretta a comunicare ai suoi circa cinquanta dipendenti la possibilità concreta di chiudere nei prossimi mesi la base di Pescara. Un annuncio che ha il sapore amaro della disfatta. Perché, nonostante le promesse dei politici, i fatti fotografano una città con una parte del suo porto paralizzata a causa della mancanza di un intervento serio di dragaggio. Il blocco del traffico merci e del traffico passeggeri, anche per l'estate 2017, si unisce all'assenza di tempi di intervento certi. Con tanto di lavori di adeguamento infrastrutturali (vedi l'apertura della diga foranea e la costruzione di barriere soffolte) promessi tante volte e puntualmente disattesi. Dopo l'ultima riunione andata a vuoto, in presenza del neo presidente dell'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico centrale, Rodolfo Giampieri, il gruppo Di Properzio ha deciso di ricorrere alle vie legali e di agire nei confronti della Regione Abruzzo e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con una nuova richiesta di risarcimento dei danni subìti dall'azienda, causa la stasi dello scalo marittimo. L'importo, già quantificato in svariati milioni di euro, aumenta ogni giorno che il porto commerciale resta inutilizzato. «C'è una causa civile in corso, avviata all'indomani della chiusura del porto nel 2012», spiega Sabatino Di Properzio, «il tribunale competente si è già pronunciato individuando nella Regione Abruzzo e nel ministero delle Infrastrutture gli organi amministrativi nei confronti dei quali presentare tutte le richieste di risarcimento dei danni. Noi avevamo indicato anche il Comune di Pescara, ma il tribunale lo ha escluso. Al nostro primo esposto, che risale a cinque anni fa, se ne aggiungerà un altro, che i nostri avvocati stanno preparando con il conteggio di tutti i giorni in cui le aziende non hanno potuto lavorare». L'ultima volta che una nave è entrata nel porto cittadino è stato nel luglio scorso, quando la petroliera Galatea si è arenata in un banco di sabbia nel tratto di mare compreso tra il molo nord e la diga foranea. La nave cisterna trasportava gli idrocarburi via mare dai depositi di Falconara alla darsena commerciale per poi rifornire i serbatoi del gruppo Di Properzio, procedendo tra l'altro con un carico ridotto a 3mila tonnellate di gasolio, pari circa alla metà. Fino a oggi, è stato possibile ripiegare sul trasporto su gomma, ma alla lunga questa situazione si è rivelata impraticabile e infruttuosa. «Tra i dipendenti e l'entourage», ammette il titolare di Abruzzo costiero, «arriviamo a contare cinquanta persone che dovranno rinunciare al proprio posto di lavoro a causa dell'assenza della politica. Le chiacchiere non contano più, purtroppo siamo costretti a organizzarci su altre basi. Lo stesso presidente della Regione Luciano D'Alfonso si è rivelato un fantasma: ogni tanto annuncia qualcosa ma poi si dimentica di noi. Il porto è stato completamente abbandonato a se stesso, basti vedere come è stato affrontato il problema della balneazione che è direttamente collegato al nostro». Persino il mini dragaggio, tra 10mila e 15mila metri cubi di materiali da scavare per ripristinare il passaggio in sicurezza delle imbarcazioni del porto canale, si è arrestato a circa 7mila metri cubi prelevati. «Stanno aspettando», prosegue Di Properzio, «i risultati delle analisi della caratterizzazione dei fanghi perché con la vasca di colmata piena non sanno dove smaltirli. Ma anche questo è un problema della politica, discorso diverso la mancata costruzione delle infrastrutture che invece è un problema burocratico».

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