ROMA Un successo non omogeneo, con una media nazionale dell'80% e picchi vicini al 100% come Napoli, dove un lungo corteo durato quattro ore, da Porta Capuana alla sede della Prefettura in piazza del Plebiscito, ha creato forti disagi alla viabilità. Ma i numeri, un po' gonfiati, diffusi dai vertici sindacali sull'adesione allo sciopero dei taxi sono anche un modo per mettere in secondo piano la profonda spaccatura che si è consumata ieri tra i tassisti italiani. Con tanto di tensioni e accuse fra chi ha scioperato e chi no. «Ci sono poche auto in giro perché i tassisti hanno paura di ritorsioni da parte di chi sta protestando», ha denunciato Loreno Bittarelli, coordinatore nazionale della sigla Uritaxi, che (come i taxi di Legacoop) non ha aderito allo stop. La categoria (il blocco è stato deciso da Unica Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, Ugl Taxi, Federtaxi Cisal, Fast Tpnl, Uti Taxi, Movimento italiano tassisti, Faisa Confail Taxi, Usb settore taxi e Unimpresa) non è soddisfatta delle aperture del governo sulla lotta all'abusivismo e il riordino del settore e si dice pronta (nelle parole della Uil) a «nuove forme di lotta se si andrà avanti su questa strada».
Però la base appare perplessa. A Firenze alcune compagnie di taxi hanno indicato una adesione allo sciopero del 30%, bassa la partecipazione di Genova, mentre a Roma, dove il sindacato Usb ha parlato di adesione intorno al 90%, è tuttavia risultato operativo il 40% delle auto tra tutte le sigle attive sullo scalo di Fiumicino. Insomma il fronte non è del tutto compatto e forse in molti hanno giudicato frettoloso il no al decreto proposto dal governo come mediazione per evitare l'agitazione. «Il governo ha affermato il viceministro dei trasporti Riccardo Nencini ha rispettato in pieno gli impegni assunti presentando una proposta di lotta all'abusivismo che era ferma da almeno otto anni».
DELUSA UBER Nencini ha comunque lasciato aperto la porta alla mediazione spiegando di essere pronto «per affrontare compiutamente la riforma dell'intero sistema attraverso la definizione della delega in discussione in Parlamento». I sindacati sono al lavoro per presentare, già nel corso della prossima settimana, alcune proposte correttive del decreto presentato dal tandem Mit-Mise. Fonti sindacali spiegano che il vero nodo è costituito dall'apertura di palazzo Chigi alle app. Nel decreto si fa notare c'è scritto che «è consentito l'utilizzo di tecnologie di chiamata a distanza come, a titolo esemplificativo, radio taxi o sistemi equipollenti o applicazioni web aventi analoghe funzioni». Una formulazione giudicata troppo vaga e che, secondo i sindacati, rischia di aprire uno scenario da far-west. «I tassisti spiega un dirigente confederale lavorano in forza di licenze e sono coperti da assicurazioni. Una app attivata magari da un luogo remoto e non sottoposta a giurisdizione nazionale può far finire un utente su un'auto qualsiasi, guidata da chiunque e senza alcuna responsabilità o tutela». E senza alcun prelievo fiscale, viene fatto notare. Insomma, i sindacati si preparano a presentare un documento nel quale si chiede che la tecnologia sia sottoposta alle stesse regole di servizio (a cominciare da turni e tariffe) che riguardano le auto bianche. Intanto anche Uber ha bocciato il decreto interministeriale: «Una proposta molto deludente perché non guarda al futuro ma limita ulteriormente il mercato confondendo le regole e riuscendo a non accontentare le parti coinvolte».
«Costretta a restare a casa temevo per la mia auto»
ROMA «Questo sciopero non andava fatto, siamo andati contro noi stessi», dice nel giorno della protesta Laura (non è il suo vero nome), tassista romana.
Perché?
«C'è stata un'apertura da parte del governo, si può ancora discutere ma la direzione è giusta e l'accordo è vicino, ne sono convinta. Che senso ha protestare?».
C'è chi considera insufficienti le norme contro l'abusivismo.
«In parte è vero, ma sarebbe stato meglio rimanere calmi piuttosto che fare un'altra giornata di stop».
Lei quindi ha lavorato?
«No, ho avuto paura. Non sono andata alla manifestazione ma sono rimasta a casa. C'è un brutto clima, di violenza, di intimidazione. Ho pensato: ma chi me lo fa fare di rischiare di trovarmi con una gomma spaccata o la macchina graffiata?».
Addirittura si è arrivati a questo punto.
«È proprio così, ti minacciano se ti vedono in giro. Fanno i controlli ai parcheggi».
Lei ha subito minacce?
«L'altra volta durante uno dei giorni di sciopero ho preso un cliente, forse l'unico di tutta la giornata. Qualcuno mi ha vista e un collega poi mi ha detto: lo sai che non si doveva lavorare, vero? Lo sai che non hai fatto una cosa carina, vero? Ma con un'aria minacciosa che mi ha spaventata. Non è andato oltre forse perché sono una donna, ma l'ho vissuta come una violenza psicologica. Magari se era un uomo mi menavano. Quindi meglio a casa, anche se mi dispiace perdere un'altra giornata di lavoro. Però non voglio problemi con i colleghi e soprattutto non voglio rischiare».
I colleghi vi spaventano più di Uber?
«Non è questione di paura e siamo pronti ad affrontare le sfide purché ci siano le regole e siano rispettate. Il fatto è che siamo esasperati, sono più di 10 anni che lavoro a Roma ed è sempre la stessa storia. Vediamo sfrecciare davanti a noi le auto degli Ncc cariche di clienti, fanno quello che gli pare, vanno a Civitavecchia, entrano dentro l'aerostazione di Fiumicico e si prendono i clienti, ne caricano quanti ne vogliono. E noi lì, a fare i cretini sulla lunga sosta. Hanno la licenza di Canicattì? Andassero a lavorare lì».
Ma in questi giorni di sciopero li state favorendo.
«È una battaglia a cui non possiamo rinunciare. La cosa assurda è che fa l'abusivo è normale e i cattivi siamo diventati noi. Amavo questo lavoro e mi hanno fatto venire lo schifo».