PESCARA «Vi uccido, ora comando io e vedete che fine fate! Non fiatate sennò vi scanno» e poi gli insulti: «Putt.. tr...». È il fotogramma dell’incubo patito sull’Inercity Ancona-Pescara da tre parrucchiere pescaresi di ritorno da una fiera cosmetica a Bologna, lunedì sera. Tre donne tra i 45 e i 50 anni che hanno avuto la sventura di essere adocchiate da un passeggero in evidentemente stato di alterazione il quale, armato di una bottiglia rotta, le ha minacciate e tenute sotto scacco per venti minuti. Fino a quando, un viaggiatore alla testa del vagone ha notato una delle tre che piangeva, segnalando al controllore quello che stava avvenendo. È stata allertata la polizia ferroviaria e alla stazione di San Benedetto sono saliti tre agenti che hanno messo fine a quell’incubo portandosi via l’uomo. Un foggiano sulla cinquantina, già noto alla polizia ferroviaria ma soprattutto, a distanza di pochi giorni dal fatto, già di nuovo a spasso sui treni. È questo, oltre al senso di impotenza vissuto durante quei venti minuti di terrore sul treno che ha spinto una delle vittime, E.D., a denunciare l’accaduto al Centro, dopo la notizia della studentessa pescarese molestata sul treno due giorni fa e, soprattutto, dopo aver messo tutto nero su bianco nella denuncia sottoscritta negli uffici della Polfer di Pescara. «La cosa più sconvolgente», ripete ancora sotto choc la parrucchiera, «è la consapevolezza che sul treno può succederti di tutto, perché l’unica persona che si è vista è il controllore, una donna, che si è subito allontanata quando quell’uomo invece del biglietto ha mostrato anche a lei la bottiglia rotta. Per poi prendersela con noi». «Eravamo in fondo al vagone, altre quattro persone stavano avanti, erano distanti. Per fortuna noi eravamo in tre, ma al posto nostro si potrebbe trovare ancora qualsiasi altra ragazza, perché quell’uomo è di nuovo sui treni». Il tutto è accaduto poco dopo le 20,30 di lunedì quando le tre pescaresi salgono sull’Intercity alla stazione di Ancona. Chiacchierano tranquillamente tra loro, ma notano, qualche posto più avanti, quell’uomo molto trasandato, che si comporta in maniera strana». Passa poco meno di mezz’ora e quell’uomo inizia a fare cenni strani verso le tre donne. «Ci faceva intendere che ci voleva sparare, tagliare la gola, uccidere per poi alzarsi e avvicinarsi a noi, dopo un po’, minacciandoci e insultandoci pesantemente. Siamo rimaste impietrite, anche perché continuava a dirci, con quella bottiglia rotta, che ci avrebbe seguite ovunque saremmo scese. Un incubo». E una liberazione quando a San Benedetto salgono i tre poliziotti e, aggiunge la donna, «si è rivisto finalmente anche il controllore. Ma sui treni, per ora, non ci metto più piede».