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Data: 28/03/2017
Testata giornalistica: Prima da Noi
Accusò sindacalista di non averla aiutata, ex dipendente Provincia condannata per diffamazione. Il caso di una precaria storica a cui non venne rinnovato contratto

TERAMO. Il Tribunale di Teramo ha condannato Rosella Gabrielli, accusata di diffamazione aggravata per aver accusato, con una lettera aperta pubblicata on line sul blog teramano ‘I due punti’ la sindacalista Monia Pecorale di averla discriminata in quanto unica lavoratrice, su più di 100 precari della Provincia di Teramo, cui il contratto di lavoro non era stato prorogato perché incinta.

Gli avvocati di Rosella Gabrielli, Orlando Coco e Moreno Di Cintio, avevano chiesto l’assoluzione invocando il diritto di critica.

Il fatto risale al giugno del 2012 quando la sindacalista raccontò pubblicamente sui giornali della vicenda di una donna incinta che perse il lavoro proprio perché in stato interessante.

Pronta la risposta di Gabrielli che scrisse una lettera aperta pubblicata sul blog di Giancarlo Falconi in cui accusava Pecorale di non averla aiutata quando anche lei si trovò nelle stesse condizioni.

In pratica, raccontò, Teramo Lavoro S.r.l., società in house di proprietà esclusiva della Provincia di Teramo, prorogò i contratti a tutti i lavoratori ma non a lei che era in maternità obbligatoria, incinta di otto mesi.

La difesa di Monia Pecorale, rappresentata dall’avvocato Lorena Di Giambattista, pur riconoscendo che la libertà di manifestazione del pensiero è costituzionalmente tutelata, così come il diritto di critica e di satira, ha sostenuto che nel caso concreto era stato travalicato il limite del legittimo esercizio del diritto di critica.

«La sindacalista», spiega l’avvocato Di Giambattista, «è stata falsamente accusata di essere venuta meno al proprio dovere di tutela della lavoratrice».

Dalle testimonianze assunte in dibattimento è emerso, infatti, che la mancata sottoscrizione del contratto di lavoro era stata frutto di una libera scelta di Rosella Gabrielli, riferisce ancora il legale: «la donna aveva preferito rivolgersi al giudice del lavoro per ottenere la conversione del contratto scaduto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Questo vuol dire che la condotta di Rosella Gabrielli non avrebbe potuto essere giustificata dal legittimo esercizio del diritto di critica in quanto, così come costantemente e fermamente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione, l’esercizio di tale diritto presuppone “che il comportamento denunciato sia stato realmente tenuto dal personaggio pubblico”. In questo caso le espressioni utilizzate da Gabrielli sono diventate accuse esplicite e false contro la sindacalista Monia Pecorale, accusata di essere venuta meno al suo elementare dovere di tutela della lavoratrice incinta».

Anche il pubblico ministero ha evidenziato, nella richiesta di condanna, la gravità dell’accusa, rivelatasi falsa, di violazione del proprio dovere di sindacalista.

Le motivazioni della sentenza di condanna saranno depositate entro 90 giorni.

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