TERAMO Il servizio delle “Iene” sulla difficile convivenza tra laboratorio di fisica nucleare del Gran Sasso e captazioni di acqua potabile, andato in onda mercoledì sera con un titolo molto forte ( “Gli esperimenti nucleari che contaminano l’acqua”), ha fatto percepire al telespettatore una certa difficoltà delle istituzioni interessate (in particolare l’Infn, in misura minore acquedotto del Ruzzo e servizio di prevenzione della Asl) a spiegare perché nell’agosto scorso si sia verificata una nuova contaminazione dell’acqua di sorgente da parte di una sostanza utilizzata dal laboratorio, perché ne sia stata data comunicazione ai cittadini solo tre mesi e mezzo dopo e perché, in generale, il “sistema Gran Sasso” – a 15 anni dal clamoroso caso dello sversamento di trimetilbenzene che si verificò nel 2002 e a 14 dal successivo avvio di costosi lavori di messa in sicurezza – non sia ancora ritenuto sicuro dalle stesse autorità. I vertici dell’acquedotto del Ruzzo – che già giorni fa, in una nota, avevano preso le distanze dal modo in cui la “Iena” Nadia Toffa aveva realizzato le interviste – sono molto contrariati, hanno affidato il filmato di Italia 1 ai propri legali per valutare se intentare un’azione risarcitoria ed hanno in animo di convocare a breve una conferenza stampa. Invece gli esponenti del Forum abruzzese dei movimenti per l’acqua cavalcano l’onda e ieri hanno diffuso una nota che ribadisce una tesi già espressa nei mesi scorsi: i punti di captazione idrica all'interno del Gran Sasso non sono a norma. Per il Forum si tratta di «una problematica che è ben nota a tutti gli enti pubblici: l'insicurezza e l'irregolarità dei punti di captazione che riforniscono acqua a centinaia di migliaia di persone». Secondo gli ambientalisti le captazioni sono irregolari perché «non rispettano le previsioni dell'articolo 94 del Testo unico dell'ambiente sulla presenza di sostanze chimiche pericolose e/o radioattive e, in particolare, gli obblighi relativi alla Zona di tutela assoluta, cioè 10 metri attorno al punto di captazione, e alla Zona di rispetto, ampia 200 metri, che devono essere liberi da questi materiali». Il Forum riporta nella nota «l'elenco delle sostanze che vengono usate all'interno dei laboratori di fisica nucleare, alcune delle quali tossiche o radioattive. Proprio per questo i laboratori sono classificati ufficialmente come Impianto a rischio di incidente rilevante sulla base della direttiva comunitaria 'Seveso ter'. La presenza di 1.040 tonnellate di nafta pesante, 1.292 tonnellate di trimetilbenzene (pseudocumene, un neurotossico), 45 sorgenti radioattive, dal Cesio137 all'Americio 241 (di cui tre abbastanza rilevanti), seppur utilizzate in appositi contenitori - osserva il Forum, che ha ottenuto un elenco aggiornato grazie ad un accesso agli atti alla Asl - è completamente ed inequivocabilmente incompatibile con la presenza di punti di captazione«. Secondo gli ambientalisti è «estremamente grave quanto accaduto in questi anni e la mancanza di trasparenza. Nel recente convegno ad Isola del Gran Sasso, presenti praticamente tutti gli enti pubblici coinvolti - sottolineano - abbiamo ripercorso tutta la vicenda senza tema di smentita, unici ad avere contezza di tutti gli atti disponibili. Persiste, infatti, ancora una scarsa circolazione di documentazione tra enti. In ogni caso i presenti hanno ammesso le forti criticità strutturali esistenti. La Regione e i Laboratori hanno annunciato ulteriori lavori». Secondo il Forum «non è possibile continuare a rincorrere i casi di contaminazione. La gestione dell'acqua potabile si fa con la prevenzione. Non lo diciamo noi, è un obbligo di legge. In ogni caso, a parte i punti di captazione, l'uso di migliaia di tonnellate di sostanze pericolose per gli ambienti acquatici nonchè di sostanze radioattive all'interno di un vero e proprio serbatoio di acqua come il Gran Sasso, che rifornisce sorgenti a decine di chilometri di distanza, a nostro avviso è troppo rischioso in caso di incidente rilevante per gli effetti che si potrebbero avere su vastissime aree. Ben vengano gli esperimenti, ma solo quelli compatibili con la vulnerabilità del sistema». Tornando al servizio delle “Iene”, non si è potuto non rilevare l’evidente imbarazzo del direttore dei laboratori Stefano Ragazzi, che incalzato dall’inviata sul problema delle captazioni a un certo punto ha dichiarato: «Se potessi decidere io di non erogare l’acqua (si riferiva ovviamente a quella captata sotto i laboratori, ndr) sarebbe per me un grande sollievo».