ROMA Chiuse ieri sera le votazioni degli iscritti nei circoli del Pd per la scelta dei candidati che domenica 30 aprile si misureranno nelle primarie aperte da cui uscirà il nome del nuovo segretario del partito. In base a primi risultati, che saranno definitivi solo nella mattinata di oggi, Matteo Renzi, con quasi il 70 per cento dei voti, doppia abbondantemente il suo principale sfidante, Andrea Orlando, fermo attorno al 25%, mentre il terzo concorrente, Michele Emiliano, staccatissimo riesce però a scavalcare di slancio la soglia del 5 per cento, il cui mancato superamento lo avrebbe escluso dal confronto finale del 30 aprile. Votazione, questa, che non sarà riservata solo agli iscritti dem, ma alla quale potranno partecipare nei gazebo distribuiti sul territorio nazionale tutti i cittadini al di sopra dei 16 anni che verseranno un contributo di due euro.
Naturalmente, per tutta la giornata di ieri, è andata in onda una vera guerra delle cifre tra i vari comitati di appoggio ai tre candidati, amplificata dalla diffusione di dati a livello provinciale e regionale in cui si è dato sfogo a sentimenti e risentimenti tra correnti politiche e campanili. A fine giornata i dati che più sembravano rispecchiare una realtà ancora in movimento vedevano l'ex premier attestato al 68,2 per cento, il ministro della Giustizia del governo Gentiloni al 25,4% e il governatore della Puglia al 6,4 per cento, voti che Emiliano ha raccolto soprattutto nella sua Regione e in altre del Sud.
ALTRA PARTITA Matteo Renzi ha vinto in tutte le Regioni, anche in Emilia Romagna dove nel congresso del 2013 venne battuto da Gianni Cuperlo. Andrea Orlando si è dovuto accontentare della vittoria nella sua città, La Spezia, e in un paio di municipi di Roma. Ma per il Guardasigilli si è trattato comunque di un risultato «incoraggiante» in vista delle primarie del 30 aprile che, con il voto popolare, - ha detto - «saranno tutta un'altra partita». A questo proposito, Orlando, che nel corso della giornata aveva sottolineato quello che era sembrato essere un sensibile calo della partecipazione al voto degli iscritti, ha avvertito che un afflusso ai gazebo di fine mese che si attestasse al di sotto dei due milioni di votanti «sarebbe un flop per tutto il Pd». A circoli chiusi, però, quella che non era sembrata una vera e propria ressa alle urne ha assunto le sembianze di una consistente partecipazione, specie alla luce della diminuzione degli iscritti al Pd registrata negli ultimi anni. Infatti, secondo i dati dell'ufficio organizzazione del partito, l'affluenza nei quasi 4 mila circoli si sarebbe attestata poco sopra il 58 per cento con un numero di votanti tra i 235 e i 255 mila, a fronte dei poco più di 400 mila iscritti dem.
Come in ogni teso confronto elettorale, non è mancato lo scorrere di qualche rivolo di veleno tra le équipe dei candidati. Ma le accuse di irregolarità si sono limitate a contestare la legittimità del diritto di voto di alcune centinaia di iscritti, soprattutto tra quelli dell'ultima ora. A Catania, in particolare, il portavoce della mozione Orlando ha lamentato l'accesso al voto di quattrocento elettori non regolarmente iscritti al Pd. A queste accuse hanno replicato il segretario regionale Raciti e la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, sostenendo l'assoluta regolarità delle procedure garantita dalle verifiche della commissione nazionale di garanzia del congresso. Lo stesso Orlando, ospite di Lucia Annunziata a In mezz'ora, non ha voluto usare la parola brogli, sottolineando però la «stranezza del fatto che in pochissime ore in alcuni circoli si siano fatte centinaia di iscrizioni e, non credo, sulla base di un improvviso entusiasmo». Tuttavia il Guardasigilli ha detto di non avere intenzione di presentare alcun ricorso, rinviando il duello al secondo tempo della partita che si svolgerà nei gazebo del 30 aprile.
Matteo fa il pieno: 170.000 voti Frena solo in Puglia e Basilicata
ROMA Voto più voto meno, Matteo Renzi esce dalla consultazione congressuale degli iscritti del Pd con un patrimonio di circa 170.000 preferenze pari al 68% dei 240/250.000 votanti che, fino alla tarda serata di ieri, si sono presentati nei 6.700 circoli del partito.
Le indiscrezioni sui risultati quasi definitivi (oltre 4.000 circoli) diffuse nella tarda serata davano Orlando poco sopra il 25% e Emiliano quasi al 6,5%. L'affluenza oscillerebbe intorno al 58% - un po' superiore a quella del 2013 - su una platea di circa 400.000 iscritti.
Tutti e tre i comitati concordano sul fatto che Renzi avrebbe raccolto oltre il 50% dei voti in tutte le Regioni con punte superiori al 70% in Toscana, Umbria e qualche provincia della Lombardia e dell'Emilia mentre l'ex premier ha faticato di più in Puglia e Basilicata dove sembra viaggiare intorno al 52/55%.
Per mettere a fuoco la portata dei consensi verso l'ex premier ieri il senatore (renziano) Giorgio Tonini ha ricordato su Facebook che nel 2005 Piero Fassino fu eletto segretario dei Democratici di Sinistra (Ds) con 157.000 voti su 198.000 votanti. E questi ultimi furono solo il 35% degli iscritti.
Insomma, mentre gli osservatori cercano di capire se la lettura dei dati fornirà o meno la prova del radicamento del renzismo in Italia, ieri pomeriggio i renziani non nascondevano una notevole soddisfazione.
TRE PUNTI DI FORZA Il Comitato Renzi sottolinea tre elementi. Primo: nel congresso Pd dell'autunno 2013, quello successivo alla non vittoria di Bersani alle politiche, fra gli iscritti Renzi toccò solo quota 46%. Secondo: a Roma, città difficile per Renzi anche perché il commissariamento del Pd locale ha portato alla chiusura di sedi e carriere, la sua lista ha raccolto circa il 62% dei voti contro il 34% di Orlando che contava sull'impegno di personaggi di peso come, ad esempio, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Terzo: Renzi ha vinto anche in città difficilissime come Taranto dove il suo governo si è scontrato con opposizioni feroci. «Mi pare si possa dire che in questa fase Matteo Renzi ha raccolto consensi superiori al previsto - chiosa Lorenzo Guerini, suo braccio destro - L'affermazione fra gli iscritti può fare da trampolino per un importante risultato alle primarie del 30 aprile».
Soddisfazione si respira anche al comitato Orlando dove tuttavia, con garbo, si fanno notare stranezze in molte votazioni nelle città meridionali, in particolare in Campania, ma anche a Roma dove l'affluenza è stata anomala avendo superato quota 70%. «In alcune situazioni non abbiamo partecipato al voto - spiega Andrea Martella, coordinatore della mozione Orlando - Questo significa che in realtà l'area del consenso verso Orlando è più ampia di quanto facciano apparire i primi numeri. Con le primarie la platea dei votanti si moltiplicherà per 8/10 volte e sarà tutta un'altra partita».
In questo quadro c'è spazio anche per qualche annotazione di colore. I renziani fanno notare la propria affermazione in Liguria e nella provincia di La Spazia, patria natia di Orlando cui però è andata la maggioranza dei voti in città. Gli orlandiani però si scrollano di dosso ogni profilo localistico e spiegano d'aver vinto nelle situazioni più disparate: fra le altre Monfalcone, Manfredonia, Correggio in Emilia; due municipi (V e XI) di Roma.
Non resta che riferire di Emiliano che ieri si diceva sicuro d'aver superato lo sbarramento del 5% oltre il quale lo statuto consente l'accesso alle primarie. Emiliano ha preso il grosso dei suoi voti in Puglia ma anche in situazioni dove il Pd soffre da tempo. Non a caso a Ostia il governatore pugliese è arrivato al 12%.