ROMA «Non è vero che abbiamo il 6 per cento, abbiamo l'8», azzarda Francesco Boccia, scopertosi emilianeo e che adesso deve fare i conti con i risultati veri dei circoli del Pd. «Io non contesto i risultati, prendo atto, ma ora guardo con fiducia alle primarie, lì sì che ci conteremo sul serio, questa tornata è stata un po' come le prove libere di Formula 1, la gara poi è un'altra cosa», dice a sua volta Andrea Orlando, che ha raccolto un apprezzabile 25 per cento, ma non proprio lusinghiero, visto che il suo pari sosia politico, Gianni Cuperlo, ai congressi dei circoli della volta scorsa, il 2013, aveva raggiunto il 37 per cento.
I DATI Parlano chiaro anche i dati in termini assoluti: la scorsa volta Cuperlo, che rappresentava la sinistra, prese nei circoli il 37 per cento pari a 116 mila voti, mentre Renzi ne raggranellò 133 mila, votarono in tutto 295 mila iscritti; questa volta, a Renzi sono andati 181 mila voti, pari al 68,2 per cento, a Orlando 68 mila pari al 25 per cento, a Emiliano 17 mila, e i votanti sono stati un po' di meno, 265 mila.
LE POLEMICHE Polemiche e contestazioni sui numeri ci sono state qua e là, ma non tali da far gridare allo scandalo o all'invalidazione. Scaramucce, piuttosto, tanto che l'ex leader in attesa e in odore di riconferma, Renzi, nella sua e news ha messo subito l'alt: «I numeri parlano chiaro, chi ha vinto ha vinto, chi ha perso ha perso e lo ammetta». Ieri dall'ex premier è venuta anche una sorta di apertura al dialogo con Davide Casaleggio: «Si capisce chi è il leader di M5S, si chiama Casaleggio - ha detto Renzi - e forse è meglio che sia così, possiamo dialogare e discutere. Il primo terreno di confronto potrebbe essere quello della riforma elettorale.
Ma tant'è: Cuperlo si fa sentire, e da buon sostenitore del Guardasigilli rivolge un appello ai secessionisti appena fuoriusciti dal Pd, per andare a votare in massa alle primarie del 30 aprile, «venite ai gazebo e aiutateci», l'inivito cuperliano a chi ha voluto seguire D'Alema e Bersani, un appello «più che legittimo, che scandalo c'è?», mette le mani avanti Sandra Zampa, portavoce orlandiana, ricordando che le primarie dem sono appunto aperte a tutti, figurarsi se non a chi qualche mese prima nel Pd c'era e militava e pure lo votava. Il problema è che Roberto Speranza ha già opposto il niet suo e dei bersaniani, «ormai è il partito di Renzi, irrealistica una vittoria di Orlando alle primarie». Stesso concetto esprime D'Alema, che di suo ci aggiunge che questo PdR va ormai dritto spedito a un'alleanza con Berlusconi dopo le elezioni.
Non ci sarà, in sostanza, il soccorso rosso a Orlando, almeno nelle dichiarazioni dei capi, ma il voto è libero, non si sa mai.
LA SFIDA Previsto un unico confronto tv fra i tre candidati, il 26 aprile su Sky. Che di scaramucce si tratti e non di scontro acceso, lo dimostra il quadretto di metà pomeriggio alla Camera. Seduti su un divano a commentare i risultati, Andrea Martella coordinatore orlandiano, Enzino Amendola, ex dalemiano ora renziano, Manciulli ex segretario della Toscana, con Lorenzo Guerini, il vice segretario, che arriva poco dopo sorridente e zeppo di cifre e numeri, vede Martella e gli dice sorridendo: «Non capisco che volete contestare, vorrà pur dire qualcosa che sono calati, sia pure di poco, i votanti ma Renzi ha preso più voti dell'altra volta».
Arriva Fabrizio Cicchitto, ex socialista da sempre sulla breccia, e fa: «Ma perché non venite a chiedere consiglio a noi, i nostri congressi si concludevano sempre con una scissione, tranne nell'era Craxi, e si concludevano pure con le minoranze che contestavano i risultati e ottenevano così qualche percentuale in più», e tutti ridono, a conferma che il clima interno al Pd non è da lunghi coltelli.
Forse ha ragione D'Alema a dire che «ormai è il PdR, il partito di Renzi», ma nel senso che quegli stessi che una volta sostenevano D'Alema e quel tipo di sinistra adesso si sono convinti che la sinistra può avere un futuro se imbocca una strada decisamente riformista, «sarà pure il PdR, ma è di sinistra», spiega Beppe Vacca, che a D'Alema è sempre stato legato, ma adesso ha politicamente rotto, sposando da non renziano la causa del renzismo: «D'Alema ha lavorato per la scissione, impedendo così a Orlando di avere un buon risultato e favorendo al contempo Renzi, un bel risultato, non c'è che dire, per un tattico come lui».