TERAMO Dall'ennesima trasferta romana per perorare la modifica del decreto sisma il sindaco Maurizio Brucchi è tornato con il dente avvelenato. Il governo, a differenza di quanto era trapelato in precedenza, ieri ha posto la fiducia sul voto del testo al Senato, per cui non è stato possibile correggerlo. Sono rimaste così sulla carta le richieste avanzate dai sindaci delle aree terremotate che puntavano all'istituzione immediata della zona franca con sgravi fiscali e contributivi per le aziende, alla costituzione di un fondo di compensazione per i minori introiti che i Comuni registreranno sulla tassa dei rifiuti e altri tributi locali, nonché all'attivazione di altre misure destinate ad allentare i vincoli di bilancio a carico delle amministrazioni. L'unica concessione che Brucchi e gli altri primi cittadini sono riusciti a ottenere è stato l'impegno del governo, strappato tramite un ordine del giorno presentato dalla senatrice abruzzese di Forza Italia Paola Pelino, ad adottare entro aprile un ulteriore provvedimento in cui saranno inserite le disposizioni suggerite dai sindaci. «A questo punto, però, non mi fido affatto», attacca Brucchi, «le misure che abbiamo richiesto si potevano inserire anche nel testo del decreto approdato in Senato se non si fosse perso tempo». Il decreto, infatti, va convertito in legge entro domenica e quando, ieri mattina, il governo si è ritrovato sul tavolo 300 emendamenti ha preferito porre la fiducia sul testo, imprimendo una brusca accelerata alla sua approvazione definitiva. «Così però i Comuni vengono lasciati in balia di loro stessi», insiste Brucchi, «rischiano di non poter spendere neppure le somme delle donazioni e di mandare i bilanci in dissesto». Il tutto ricadrebbe comunque sulle spalle dei cittadini di cui le amministrazioni sono espressione. «Il governo ha voluto mostrare i propri muscoli di cartapesta», evidenzia ancora il sindaco, «scegliendo la strada più semplice e comoda, ma senza considerare che ci sono territori in ginocchio». La fiducia posta sul decreto cosi come uscito dal voto della Camera, secondo lui, è una grave scorrettezza. Secondo il sindaco non è stato casuale l'approdo del decreto al Senato con tempi così stretti. «Non ci crede neppure mio figlio che sia avvenuto per caso», scandisce. Qualche suo collega vorrebbe riconsegnare la fascia da primo cittadino in segno di protesta, ma lui non ci pensa nemmeno. «La riconsegnerò ai cittadini che me l'hanno data», chiarisce, «anche perché ora mi serve per combattere e far valere le ragioni dei nostri territori». In programma c'è già una nuova mobilitazione generale sul modello di quella del 2 marzo che ha portato a Roma 1.800 persone. «Questa volta sarà molto più grande e partecipata», promette Brucchi.