PESCARA Gite alla scoperta del mondo fuori dalle aule. Emozioni, esperienze e nuove amicizie immortalate per sempre nelle foto di gruppo dinanzi ai simboli della meta raggiunta. Immagini e ricordi che non sbiadiscono mai, che durano per generazioni. Sono le gite scolastiche, o meglio, i viaggi di istruzione. Gioia e fibrillazione per gli studenti che però spesso si trasformano in un incubo per gli insegnati accompagnatori. Eppure il mito della gita resiste, piuttosto al giorno d'oggi viene declinato in maniera diversa. Si punta su una migliore organizzazione che tenga gli studenti occupati seriamente dalla mattina presto fino all'ora di cena in attività culturali, linguistiche e persino sportive. In modo da farli stancare e costringerli a dormire la notte. Piuttosto che fare qualche bravata. Certo, i pericoli sono sempre in agguato, specialmente dopo i tristi eventi di cronaca degli ultimi anni, come attentati terroristici e incidenti d'autobus sulla strada, che hanno costretto dirigenti scolastici e docenti a cercare soluzioni certificate e controllate per offrire alle famiglie il massimo della sicurezza possibile. Ma alla fine al viaggio non si rinuncia quasi mai, perché rimane uno strumento utile da un punto di vista formativo e culturale oltre che un'opportunità per trascorrere bei momenti insieme ai compagni di classe e ai professori “spogliati” di quella rigidità obbligatoria in aula e che magari si lasciano travolgere dall'entusiasmo e dalla spensieratezza dei ragazzi.
QUANDO E DOVE. Il periodo più gettonato per i viaggi di istruzione è tra marzo e maggio, dove le giornate si allungano e il sole riscalda, ma ormai i periodi sono anche altri, a seconda delle esigenze. Ad esempio a cavallo tra il primo e il secondo quadrimestre cioè a fine gennaio, inizi di febbraio si svolgono la classiche settimane bianche, gite sportive sulla neve, mentre gli studenti del quinto anno, ben sapendo il “tour de force” di studio in vista dell'esame di Stato, viaggiano all'estero anche all'inizio dell'ultimo anno scolastico, verso ottobre o novembre, per mete quali Praga, Berlino, Vienna. Poi ci sono gli Erasmus, scambi culturali di una settimana all'estero per imparare la lingua, disseminati tra i mesi di lezione. Oppure i viaggi che fanno riferimento a progetti culturali proposti alle scuole da organizzazioni nazionali sottoforma di gare di italiano, matematica, scienze, informatica. E per finire ci sono le Olimpiadi, strumento culturale sostenuto dal ministero dell'Istruzione e da enti culturali da esso derivanti, per sviluppare il senso della competizione e l'amore per lo studio nei giovani.
BREVI O LUNGHE. «Nel nostro liceo – spiega Donatella D'Amico, dirigente del classico D'Annunzio di Pescara – adottiamo tipi di viaggi legati a filo doppio con i nostri programmi scolastici. Anche quest'anno gli studenti sono partiti per Siracusa per partecipare al Festival della tragedia greca e i ragazzi del terzo e quarto anno già hanno partecipato al Festival della filosofia organizzato da un'associazione culturale pugliese che li ha portati in Grecia, viaggiando prima in pullman fino ad Ancona e poi in nave insieme ad altre scuole. Hanno proposto un tema, la “filìa” ossia l'amicizia, e una gara preparata sia prima che durante la gita, che ha anche coronato vincitori due nostri ragazzi. In generale penso che i viaggi di istruzione non possano essere abbandonati, oggi più di ieri, perché i giovani hanno bisogno di vivere la loro cultura e chiedono “altro” rispetto al programma scolastico”». Per alcuni insegnanti l'ideale sarebbe fare gite di classe della durata di un giorno, per evitare problemi, scegliendo mete culturali italiane e magari visitare interessanti mostre. «Le nostre responsabilità col tempo sono aumentate – commenta Marilena Pasquini, docente di lettere del liceo scientifico Mattioli di Vasto – ci dicono addirittura che dobbiamo controllare le gomme degli autobus per la sicurezza delle gite, per cui io preferisco quelle brevi o comunque vicine. Questanno i ragazzi ci hanno proposto uno stage sportivo in un centro di Bibione dove hanno fatto varie attività programmate dalla mattina alla sera. E' stato interessante e si sono comportati bene».
LE PROCEDURE. In genere le gite sono proposte nei consigli di classe o nel collegio docenti. Poi, a seconda delle mete prescelte, si fanno le gare d'appalto dirette ad agenzie o a titolari di ditte cercando di scegliere in base ai preventivi migliori in rapporto a qualità prezzo. E le famiglie che non si possono permettere di pagare? «Di solito i prezzi sono molto abbordabili – spiega Giuliano Bocchia dirigente del liceo scientifico Da Vinci di Pescara – e alla fine le famiglie consigliano ai figli di scegliere un solo viaggio. Se qualcuno è in difficoltà noi lo aiutiamo con discrezione tramite i contributi volontari che accumuliamo durante l'anno che si aggiungono alle polizze assicurative infortuni e responsabilità civile obbligatorie per tutte le scuole. Ci tengo però a dire che i professori non sono tenuti a fare i poliziotti e soprattutto sono tutti volontari non pagati. Al massimo risparmiano il prezzo della gita».
Ma i prof disponibili sono sempre di meno «Troppe responsabilità»
L’AQUILA Gita? No, grazie. Sono sempre di meno i prof disposti ad accompagnare in viaggio di istruzione le proprie classi. Secondo un'indagine del noto sito Skuola.net quasi due studenti su 5 non partono: il 58% rimane a casa, il 20% ha programmato una gita con gli amici, il 22% con i genitori. E a pesare sullo stop alle gite scolastiche è il rifiuto da parte dei docenti di accompagnare i ragazzi. Dei 176mila alunni in Abruzzo (53.000 nella provincia di Chieti, 43.000 Pescara, 40.000 a Teramo e 37.000 all'Aquila), dunque, meno della metà va in gita. Secondo il 39% degli studenti intervistati dal sito, i professori si sarebbero rifiutati di accompagnarli. Perché? Quali sono i motivi? Lo spiega il segretario regionale della Flc-Cgil scuola, Cinzia Angrilli: «I motivi sono tanti: sono sempre gli stessi insegnanti a dare la disponibilità, portare i ragazzi in gita è una grande responsabilità, non c'è nessun tipo di incentivo da parte della scuola e spesso la disponibilità si traduce in un onere».
I RAGAZZI. Le scolaresche, inoltre, diventano sempre più difficili da gestire. «I ragazzi sono pieni di sorprese, non sempre è facile conoscerli», dice la sindacalista: «A volte fingono, a volte recitano e purtroppo a volte bevono». Dai dati di una precedente indagine sempre di Skuola.net emerge un quadro preoccupante: uno studente su 10 dichiara di aver fatto uso di droghe (principalmente leggere), ma al triennio delle superiori questa percentuale si raddoppia. Se i più piccoli hanno più timore ad allontanarsi da soli dall'albergo di sera (uno su 10), alle superiori due su 5 ammettono la pratica. Sia alle medie che alle superiori circa il 20% dichiara di essersi esposto a situazioni rischiose per passare da una camera all'altra senza farsi scoprire dai professori. »Le ultime generazioni, inoltre, hanno iniziato molto presto a muoversi, ad allontanarsi dalla famiglia e a scoprire luoghi diversi da quelli in cui abitano», continua l'Angrilli. «La gita non è più l'unica evasione. Il fatto che il viaggio di istruzione non sia più così attrattivo è un po' lo specchio del cambiamento dei tempi».
I COMPENSI. «Non sono previsti compensi per gli insegnanti che decidono di andare in gita, poiché non ci sono risorse sufficienti», continua l'Angrilli. «A fronte di un carico di responsabilità sempre maggiore, il docente che parte per il viaggio d'istruzione non riceve un euro in più in busta paga».
LE FAMIGLIE. Anche la crisi economica dell'ultimo periodo incide notevolmente. «Le famiglie spesso sono in difficoltà a causa dei costi delle gite», spiega la sindacalista. «In altre epoche il viaggio di istruzione aveva un aspetto più educativo e culturale, ultimamente questo aspetto è passato in secondo piano».
LE RESPONSABILITÀ. Ma il vero nodo del problema è forse il carico di responsabilità che è costretto ad addossarsi il docente che parte per il viaggio d'istruzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione sancisce che sugli accompagnatori grava un obbligo di diligenza preventivo, e tale obbligo impone loro preliminarmente l'onere di reperire strutture alberghiere il più possibilmente sicure. I giudici sono giunti a tale sentenza perché i genitori avevano denunciato i docenti-accompagnatori dopo che la figlia si era ferita gravemente, precipitando da una terrazza dell'albergo dove alloggiava durante una gita scolastica. Secondo la Corte i docenti avrebbero dovuto accertare come dalle camere fosse troppo agevole, per gli allievi in gita, accedere al solaio di copertura, e conseguentemente adottare misure idonee a scongiurare tale pericolo. «Per i docenti si tratta di una responsabilità enorme, mentre viene meno l'aspetto educativo e gratificante», commenta la Angrilli.
TERRORISMO. Tra le altre cause di rinuncia al viaggio di istruzione c'è anche la paura per il terrorismo internazionale. «Le mete possibili sono poche», spiega la sindacalista, che aggiunge: «Bisogna fare i conti anche con il fatto che la classe docente è invecchiata, mentre i giovani precari difficilmente si fanno carico delle gite».
Mezzi e conducenti: lunga è la lista di controlli e verifiche. In genere i problemi sono di tipo tecnico come le gomme usurate, la revisione scaduta o gli estintori scarichi, ma non mancano casi di rapporti di lavoro poco limpidi
PESCARA Mezzo e conducente: sono questi i due elementi sui quali si concentrano i controlli a 360 gradi delle forze dell'ordine sugli autobus noleggiati per gite scolastiche ed eventi organizzati. Le ispezioni hanno l'obiettivo di verificare il rispetto delle regole e, soprattutto, di garantire l'assoluta sicurezza dei viaggiatori. «Per quanto riguarda il mezzo», spiega la dirigente della polizia stradale di Pescara, Silvia Conti, «si controlla se è in regola con la revisione, che per gli autobus dev’essere effettuata ogni anno, e se c'è corrispondenza tra il tipo di veicolo e la carta di circolazione. Altri elementi sui quali ci concentriamo sono le condizioni degli pneumatici, la presenza degli estintori e la presenza delle cinture di sicurezza sui mezzi più nuovi. Nel caso di autobus che ne siano dotati, l'uso delle cinture è obbligatorio per i passeggeri». «Oltre al veicolo», prosegue la dirigente, «accertamenti vengono condotti sul conducente. Le attività di verifica sono finalizzate ad appurare se è abilitato e se è in regola con la Carta di qualificazione (Cdq), un certificato necessario alla conduzione di veicoli a livello professionale. E' diverso in base al tipo di attività, che sia trasporto passeggeri o merci. Ormai, in linea di massima, è un documento unico insieme con la patente e la scadenza è legata a quella della licenza di guida». Controlli vengono eseguiti anche sull'eventuale assunzione di sostanze alcoliche: «I conducenti di autobus hanno il limite a zero e non a 0,5 grammi per litro come nel caso degli automobilisti. Verifiche vengono condotte anche sugli orari di guida e di riposo: in un giorno si può guidare massimo nove ore e due volte a settimana si può arrivare a dieci. Dopo 4-5 ore di guida ininterrotta bisogna fare una pausa di 45 minuti, oppure due pause, una di 30 e una di 15 minuti, nell'arco delle quattro ore e mezza. Dopo le nove ore di guida bisogna effettuare almeno undici ore di riposo. Nel caso in cui non ci sia il pernotto e il viaggio sia più lungo di nove ore è previsto il doppio autista». La velocità massima, per gli autobus, è di 100 chilometri orari e i veicoli sono dotati di un limitatore di velocità. «I problemi principali generalmente sono di tipo tecnico», tira le somme la dirigente della polizia stradale, che fa qualche esempio: «Pneumatici usurati, revisione scaduta o estintori scarichi, ma non mancano casi di rapporti di lavoro poco limpidi. In caso di più anomalie le sanzioni sono di circa mille euro, oltre alle eventuali conseguenze di accertamenti successivi».
Dalla manutenzione ai contratti di lavoro. Tutti i costi dei bus.
L’azienda di trasporto. La sicurezza ha un costo e sotto una certa cifra non si può scendere Così dovrebbero pensare anche le scuole. I controlli? Rappresentano una certificazione di qualità
PESCARA «Un autobus ha le sue spese e se si vuole stare tranquilli in termini di sicurezza non si può risparmiare troppo. Ormai la concorrenza è enorme e stare sul mercato diventa difficile, ma se si vuole garantire la qualità del servizio non si possono fare prezzi così bassi». Leonardo Di Pietro, uno dei responsabili della E. Di Febo Capuani srl, storica azienda di autolinee con sede a Scerne di Pineto, sintetizza così la situazione del mercato del noleggio degli autobus. E prova a dare qualche consiglio sugli aspetti da considerare per viaggiare in sicurezza. «Trasportiamo fino a 80 persone, abbiamo in mano decine di vite umane dobbiamo essere i primi a poter stare tranquilli», sottolinea. «Un autobus ha dei costi, che non sono bassi, quando si ha in mente il concetto di qualità: la manutenzione dev’essere frequente, i ricambi originali, gli pneumatici nuovi e non ricostruiti. Anche la scelta dei dipendenti è importante. Spesso, seppur nei limiti della legge, si scelgono soluzioni low cost, come i voucher. E' un lavoro troppo delicato, noi non affidiamo i viaggiatori a sconosciuti. I nostri autisti, infatti, sono tutti dipendenti, o al massimo rientrano in un bacino di stagionali che però già conosciamo». «Insomma», osserva Di Pietro, «un mezzo buono costa, la manutenzione costa, i ricambi costano, un dipendente in regola costa. In altre parole, la sicurezza ha un costo e sotto una certa cifra non si può scendere. I nostri clienti sanno che i nostri prezzi, seppure più alti di quelli di vettori low cost, sono onesti. Spesso ci si preoccupa degli aspetti estetici, dell’hotel, ma si risparmia sui pullman e a malapena ci si informa su quale sia il vettore. Le scuole, per le gite scolastiche, in molti casi chiedono preventivi ad agenzie di fuori regione e pensano solo al prezzo più basso, senza neanche informarsi circa il vettore. Questo comporta conseguenze negative su più fronti, non solo perché si uccide una categoria, ma anche perché si rischia in termini di sicurezza». «E' fondamentale», aggiunge il responsabile di E. Di Febo Capuani, «sapere qual è l'azienda, perché è il vettore che fa la sicurezza, non il mezzo. Purtroppo anche la legge, in tal senso, non aiuta: mancano strumenti di certificazione che consentano di capire in modo oggettivo che differenza c'è tra un'azienda e un'altra. Noi non temiamo i controlli frequenti da parte delle forze dell'ordine: per chi, come noi, lavora in modo serio, rappresentano una certificazione della nostra qualità e non un timore. Ben vengano i controlli, io li farei tutti i giorni», conclude Di Pietro