ROMA Atlantia e Abertis provano nuovamente a mettersi insieme, sarebbe almeno il terzo tentativo dopo quello clamoroso arenatosi a dicembre 2006 per l'intervento del governo Prodi. Questa volta è stato il gruppo italiano ad aver «manifestato il proprio interesse ad esplorare una possibile operazione societaria i cui termini non sono ancora stati specificati», ha reso noto ieri Abertis, su richiesta del Cnmv, la Consob iberica. In effetti l'ad Giovanni Castellucci avrebbe avuto più di un approccio, anche recente, con Francisco Reynés Massanet, vicepresidente e ad di Abertis che in Borsa capitalizza 16 miliardi contro i 19 miliardi di Atlantia. Va detto subito che i contatti sono ancora allo stato «generico e preliminare»: non ci sono advisor finanziari, anche se le principali banche di riferimento (Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Unicredit) stanno cercando di posizionarsi mantenendosi in stretto collegamento con l'aministratore delegato di Atlantia.
BANCHE ALLA FINESTRA Il top manager del gruppo controllato al 30,25% da Benetton avrebbe ingaggiato soltanto l'avvocato Franco Gianni, senior partner dello studio Gianni Origoni Grippo Cappelli & partner, per studiare le tecnicalità della possibile combinazione.
Da quello che le banche hanno percepito, la struttura del merger sarebbe diversa da quella di 11 anni fa, abortita perché l'esecutivo era contrario alla presa della grande infrastruttura stradale italiana da parte di un gruppo estero, nello specifico spagnolo. Adesso l'obiettivo sarebbe di dare vita a un'operazione con una struttura nuova: aumento di capitale riservato con apporto o un'offerta pubblica di scambio mista. Non un'opa tout court, che potrebbe essere considerata una mossa aggressiva mentre le intenzioni di Atlantia sono friendly. Si ricordi che a dicembre 2006 Atlantia e Abertis si lasciarono auspicando «che in futuro si possano ricreare le condizioni per riconsiderare il progetto di fusione, e a tal fine intendono proseguire insieme nell'azione e nel dialogo a livello istituzionale». Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti, Castellucci e Massanet hanno mantenuto i contatti mentre va avanti il processo di vendita del 15% di Autostrade per l'Italia attraverso un processo gestito da Goldman Sachs, JpMorgan, Credit Suisse, Morgan Stanley. Entro fine aprile sono attese le offerte binding: in pole Adia e Allianz.
Castellucci coltiva il progetto di aumentare le dimensioni internazionali: oggi gestisce 5 mila chilometri di autostrade a pedaggio in Italia, Brasile, Cile, India e Polonia; con Abertis farebbe un gran balzo dimensionale.
INTERESSE DI TUTTI I banchieri sono convinti che proprio sul gruppo iberico, Castelucci vuol giocarsi tutte le carte a disposizione. Partendo dalla contendibilità del gruppo. Il primo azionista è la Caixa, la grande cassa di Barcellona che ha il 21% tramite la subholding Criteria. In base alle norme spagnole la governance è disciplinata da un consiglio dove la Caixa esprime il 21% dei posti, troppo poco per imprimere un indirizzo stabile. In più Abertis ha concessioni con una vita media residua molto bassa rispetto a quelle di Atlantia (circa 25 anni).
Ci sono tutte le condizioni per un'operazione nell'interesse di tutti: ecco perché Castellucci si candida con le istituzioni iberiche a diventare un partner di lungo periodo assicurando di poter remunerare l'investimento con cedole adeguate.
L'accordo deve coinvolgere la Caixa con un ruolo da definire ma che, secondo il gruppo italiano, deve rimanere di prima fila. La Borsa non sembra aver compreso lo spirito dell'operazione, sicché il titolo Atlantia ieri ha chiuso in calo a quota 23,09 euro iscrivendo un -3,7%.