ROMA Pier Carlo Padoan frena sull’aumento dell’Iva. «Era soltanto una delle ipotesi» dice il ministro dell’Economia, che parla davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, annuncia per oggi l’arrivo della “manovrina” e si «scusa» per il ritardo. Quel che è certo è che al ministero dell’Economia lo scambio fra un aumento parziale dell’Iva e un taglio deciso al cuneo fiscale ha continuato nei giorni scorsi a essere fra i dossier in gioco. Lo stesso ministro Padoan ha definito questa ipotesi «un’opzione sostenuta da buone ragioni» in un’intervista al Messaggero di domenica scorsa. Ma la misura è stata sempre vista come fumo negli occhi da Matteo Renzi. E ieri il ministro l’ha esclusa. «Il governo si è impegnato a intervenire con la prossima legge di bilancio per modificare la previsione di incremento delle imposte e sostituirla con altre misure, sul lato delle spese e sul lato delle entrate» ha spiegato Padoan, a proposito delle clausole di salvaguardia (ossia degli aumenti di Iva e accise per oltre 19,5 miliardi, che scatterebbero nel 2018 in assenza di misure alternative). Padoan ha ricordato che la manovrina sterilizza una parte di questo aumento, che quindi resta contemplato a legislazione vigente per un valore di poco inferiore allo 0,9% del Pil (circa 15 miliardi). Ma l’intendimento del governo prevede di escludere tale aumento attuando una manovra alternativa. Di che si tratta? «Non sono in grado di dire quali misure si useranno per rimuovere le clausole» ha detto il ministro, derubricando a mera ipotesi l’aumento parziale dell’Iva per avere risorse per il taglio del cuneo: «Io posso avere le mie preferenze ma alcune sono state amplificate in modo distorto, traducendo in mia preferenza una delle tante ipotesi» ha tagliato corto Padoan. La linea del Tesoro coincide con quella di Renzi sulla necessità di disattivare le clausole di salvaguardia. Per andare però avanti sul fronte della riduzione delle tasse, il ministro ricorda che servono coperture permanenti: «Confermata la volontà del governo di proseguire nel percorso di progressivariduzione della pressione fiscale, resta la necessità di finanziare tale riduzione in modo permanente, così che i tagli siano credibili». Nel corso dell’audizione, Padoan ha messo in evidenza la necessità di procedere a una riduzione graduale del deficit. «Se accelerassimo la contrazione del deficit oltre il ragionevole, rischieremmo di colpire la ripresa. Occorre un aggiustamento di bilancio graduale» dichiara il ministro, ricordando che l’Italia «deve affrontare un sentiero stretto». Sul fronte della crescita, il ministro, che in serata ha incontrato i parlamentari dem, ha sottolineato come il 2017 sia il quarto anno di crescita consecutiva, tuttavia «il livello di crescita raggiunto non ci entusiasma, non ci possiamo dire soddisfatti». E considerando che quest’anno «sembra essere cominciato col piede giusto» Pier Carlo Padoan ritiene che sia possibile un rialzo delle stime del Pil per i prossimi anni. Un prezioso assist al ministro dell’Economia è arrivato ieri dal Fondo Monetario Internazionale, per il quale in Italia ci sono margini «per un ulteriore taglio del cuneo fiscale» e per tassare di più la ricchezza anche attraverso la creazione di una «tassa moderna sulle proprietà immobiliari». L’organizzazione guidata da Cristine Lagarde indica come il minor peso del fisco sulle retribuizioni rappresenti un «incentivo» a lavorare e ricorda che l’Italia è tra i paesi dove è possibile «utilizzare di più e disegnare meglio le tasse sulla proprietà e la ricchezza» perché le patrimoniali «non rappresentano solo un’efficace fonte di entrata ma sono anche progressive, dato che la ricchezza è generalmente concentrata nelle mani delle famiglie ad alto reddito». Constatando come l’austerity sta cedendo il passo a politiche pro crescita, la ricetta degli esperti di Washington per il Belpaese alle prese con una crescita lenta passa anche per il risanamento delle banche: «Progressi devono essere fatti sui crediti deteriorati per i quali si è assistito solo a un calo limitato». I “non performing loan” continuano comunque a essere una zavorra per l’intera Eurolandia: negli ultimi due anni sono calati di 120 miliardi di dollari, ma restano sui 1000 miliardi di dollari.