Iscriviti OnLine
 

Pescara, 24/07/2024
Visitatore n. 738.563



Data: 22/04/2017
Testata giornalistica: Il Centro
D’Alfonso di nuovo indagato. Indagati anche l’avvocato Giuliano Milia, Guido Dezio, Claudio Ruffini e Vittorio Di Biase. Il presidente: «Sono tranquillo, per ciò che ho fatto mi aspetto la cittadinanza onoraria». Da Pescara a Penne, tutti i guai del presidente. Sotto inchiesta Milia, lo storico difensore di D’Alfonso. E i collaboratori più stretti: Guido Dezio e Claudio Ruffini

PESCARA Una decisione del Genio civile cambiata radicalmente nel giro di un mese. C’e questo al centro di un’inchiesta con 5 indagati per l’affare Pescaraporto, i palazzi in costruzione sull’area ex Edison lungo la riviera di Porta Nuova a Pescara. E tra gli indagati c’è anche il presidente Pd della Regione Luciano D’Alfonso insieme ad altri 4 personaggi eccellenti. Sono tutti accusati di abuso d’ufficio e falso. Il presidente è stato interrogato l’11 aprile scorso dalla pm Anna Rita Mantini nel suo ufficio al quarto piano della procura e ha risposto alle domande. Con D’Alfonso sono indagati anche l’avvocato Giuliano Milia, difensore del governatore durante il processo per le presunte tangenti al Comune di Pescara finito con l’assoluzione di D’Alfonso, il dirigente del Comune Guido Dezio (ex braccio destro di D’Alfonso), l’ex consigliere regionale Pd Claudio Ruffini (ex segretario particolare di D’Alfonso), e Vittorio Di Biase, dirigente del Genio civile. Sotto accusa c’è una “strambata” del Genio civile che prima aveva detto no all’intervento edilizio della società dell’avvocato Milia e dell’imprenditore teatino Franco Mammarella (non indagato) a causa del rischio esondazione del fiume e poi ha cambiato idea. Un mutamento avvenuto nel giro di un mese, tra il 18 febbraio e il 15 marzo 2016. È proprio in questo periodo che gli investigatori della squadra mobile di Pescara, guidati da Pierfrancesco Muriana, avrebbero ascoltato alcune conversazioni tra gli indagati sul complesso edilizio. Queste intercettazioni, registrate nell’inchiesta sugli appalti della Regione della procura dell’Aquila, sono state trasmesse a Pescara e, insieme a una denuncia della consigliera comunale del M5S Erika Alessandrini, hanno dato il via agli approfondimenti. I documenti amministrativi, alla base di una contesa politica tra i grillini e l’amministrazione comunale Pd, dicono che il 17 febbraio 2016 il dirigente del Genio civile, Di Biase, aveva denunciato una «situazione di potenziale pericolo» per le costruzioni della Pescaraporto e invitato il Comune e l’Autorità di bacino a «verificare la regolarità e la compatibilità idraulica delle attività»; il successivo 15 marzo, lo stesso Genio civile ha «preso atto degli specifici accertamenti condotti dalle autorità competenti». L’indagine ruota intorno a questi «accertamenti» che, secondo l’accusa, potrebbero non essere stati eseguiti. I lavori sulla riviera sud, accanto all’ex Cofa, erano partiti l’8 ottobre 2012 per costruire un albergo ma poi sono stati fermati da un’ordinanza di sospensione del Tar di Pescara. Il cantiere è ripartito solo nel giugno 2015 dopo il via libera del Consiglio di Stato ma, nel frattempo, a maggio, la Regione aveva modificato le norme del Piano stralcio di difesa alluvioni (Psda) e aveva incluso parzialmente anche quell’area in una zona di «pericolosità idraulica elevata» dettando limiti alle costruzioni. Per il Comune, però, quei lavori potevano andare avanti lo stesso perché iniziati grazie a un permesso del 5 ottobre 2012 precedente alla modifica del Psda. Ma nella nota di Di Biase, del 17 febbraio 2016, il Genio civile parla ancora di «valutazioni negative». E non è la prima volta visto che già nel 2014 il Genio civile aveva espresso «parere non favorevole» sul Piano particolareggiato (Pp2) per possibili pericoli di esondazione. «Nel tratto terminale del fiume», recita la presa di posizione del 2014, «sono stati eseguiti, nelle esistenti strutture arginali, alcuni varchi e interruzioni che possono provocare, in occasione di eventi di piena eccezionali, l’esondazione delle acque fluviali e fenomeni di allagamento delle aree urbane adiacenti alle sponde fluviali attualmente non contemplate dal vigente Psda». E nel 2016, per il Genio civile, la situazione non era cambiata: «Proprio tale situazione di potenziale pericolo e il recente avvio delle attività di costruzione da parte della Pescaraporto srl, all’interno del Pp2, hanno indotto lo scrivente servizio a richiedere al Comune di Pescara e all’Autorità di bacino di verificare la regolarità e la compatibilità idraulica delle suddette attività nonché di accertare la completezza e la validità delle procedure di titoli autorizzativi rilasciati anche in ordine alle effettive condizioni di rischio idraulico dai prioritari requisiti di cautela di tutela della pubblica e privata incolumità». Di Biase però sottolineava che tale richiesta risultava «ancora oggi senza esito». A distanza di un mese ecco il cambiamento quando lo stesso Genio civile, su una nota al Comune, scrive di «prendere atto degli specifici accertamenti condotti alle autorità competenti in materia finalizzati a verificare la regolarità delle attività edilizie segnalate delle relative procedure autorizzative, soprattutto in ordine alle effettive condizioni di rischio idraulico e ai requisiti di tutela della pubblica e privata incolumità». In procura D’Alfonso è stato ascoltato sulla Pescaraporto ma il presidente, in una dichiarazione di ieri, ha parlato dell’ex Cofa, un’area diversa e di proprietà pubblica: «Per quello che ho fatto all’ex Cofa», ha detto, «mi aspetto la cittadinanza onoraria. Tanto quanto è vera la notizia data allo stesso modo ne sarà vera subito un’altra: la posizione assolutamente meritoria della Regione che ha demolito un manufatto abbandonato e nei decenni divenuto ricovero per senzatetto oltre che oggetto d’emergenza ambientale. Per questo attendo con insuperabile tranquillità l’evolversi della vicenda che giudico documentalmente improbabile».

Da Pescara a Penne, tutti i guai del presidente
Un blitz a Palazzo Silone ordinato dai pm aquilani innesca i diversi filoni investigativi che lo riguardano

L’AQUILA I guai giudiziari per il presidente della Regione sono iniziati a metà dello scorso mese di febbraio quando i carabinieri del Noe fecero un blitz nella sede aquilana dell’ente, a Palazzo Silone, per acquisire documenti e materiale informatico riguardanti appalti caratterizzati da procedure ritenute opache. Da allora sono stati aperti una decina di filoni investigativi con 33 indagati. L’inchiesta della Procura della Repubblica dell’Aquila, dunque, indaga a largo raggio su una serie di vicende, alcune delle quali coinvolgono, tra gli altri, il presidente Luciano D’Alfonso come pure, in altra storia, tre autorevoli componenti della sua giunta: gli assessori Marinella Sclocco, Silvio Paolucci, Dino Pepe. D’Alfonso, che in più occasioni ha sempre respinto ogni accusa, è indagato sui lavori di restauro delle case Ater di Pescara. Al presidente della Regione è stato contestato il reato di turbata libertà degli incanti nella scelta del contraente. Si ipotizza, dunque, che ci siano state delle interferenze illecite nella redazione del bando. In questa vicenda sono indagati anche i vertici dell’Ater di Pescara all’epoca dei fatti. Simili contestazioni ci sono per un progetto del Masterplan Abruzzo. La procedura nel mirino del pm Antonietta Picardi è quella per la realizzazione del Parco didattico del Lavino, per 3 milioni e mezzo di euro, nel quale insistono diversi paesi tra cui Roccamorice, Abbateggio, San Valentino, Scafa, Manoppello e Lettomanoppello, Comune natio dello stesso D’Alfonso. Nella maxi-inchiesta c’è anche il filone inerente alla vendita di un immobile a Penne e qui il presidente è indagato per corruzione intesa come pressione indebita mentre l’ex sindaco del paese, Rocco D’Alfonso, è indagato per abuso d’ufficio. Nel mirino la vendita di un fondaco comunale in quanto l’ente doveva fare cassa per evitare il dissesto. Per la cessione era necessario l’ok della Soprintendenza chiesto dal sindaco. Visto che non arrivavano risposte, il presidente della Regione telefonò a un funzionario per sollecitare il parere. Questa telefonata fu intercettata e ritenuta illecita. L’appalto più importante tra quelli nel mirino della Procura è quello dei restauri di Palazzo Centi, ex sede aquilana della giunta regionale fino al sisma del 6 aprile 2009. Si tratta di lavori per ben tredici milioni. Tra gli indagati, una decina, non c’è D’Alfonso. Questo è uno dei filoni più avanzati e, nelle prossime settimane ci possono essere degli sviluppi per avviarlo alla definizione. Al momento le contestazioni sono caratterizzate da capi di imputazione decisamente stringati, ma la Procura ancora non svela le carte che ha in mano e nemmeno le copiose intercettazioni su cui poggiano queste indagini.

Sotto inchiesta Milia, lo storico difensore di D’Alfonso. E i collaboratori più stretti: Guido Dezio e Claudio Ruffini. Vittorio Di Biase è il capo del Genio civile Nel 2015 si dimise da dirigente regionalePESCARA Cinque personaggi abruzzesi eccellenti: il governatore, l’avvocato penalista, il superdirigente del Comune di Pescara, il politico e il capo del Genio civile. Sono loro gli indagati per l’affare della Pescaraporto, un complesso edilizio in costruzione lungo la riviera di Porta Nuova tra il ponte del Mare e il porto turistico. Sotto accusa c’è il presidente Pd della Regione Luciano D’Alfonso: 50 anni di Lettomanoppello, sposato e tre figli, D’Alfonso è in carica dal 26 maggio 2014. L’elezione alla guida della Regione è arrivata dopo una raffica di assoluzioni in primo grado: arrestato ai domiciliari il 15 dicembre del 2008 per presunte tangenti durante il secondo mandato da sindaco di Pescara, D’Alfonso è stato assolto il 23 febbraio 2013 in primo grado con 25 capi d’accusa svaniti. Nel 2015, dopo l’elezione in Regione, la Corte d’appello ha confermato la sentenza. D’Alfonso, coinvolto anche in altre inchieste, è uscito indenne da tutti i procedimenti a suo carico. Anche se rimane un unico caso ancora aperto. Quello che riguarda l’appalto della strada Mare-Monti a Penne: il governatore, per il suo vecchio incarico di presidente della Provincia, è accusato di truffa insieme ad altri 12 tra cui imprenditori, funzionari Anas e responsabili dei lavori. Per il suo ruolo di governatore, invece, D’Alfonso è indagato anche nell’inchiesta sugli appalti della Regione: il presidente si è sempre professato innocente (vedi pezzo in basso a sinistra). Con D’Alfonso è indagato anche il suo storico avvocato, Giuliano Milia, 77 anni, uno dei penalisti più noti di Pescara: ha difeso D’Alfonso in tutte le inchieste a suo carico. Imponendogli di restare sempre in silenzio evitando dichiarazioni pubbliche nel processo per le presunte tangenti in Comune. Milia, insieme all’avvocato Giandomenico Caiazza, ha assistito anche l’ex governatore Ottaviano Del Turco nel processo sulla Sanitopoli abruzzese. Ma Milia non è solo un penalista: è anche uno dei soci della Pescaraporto, la società che ha avviato l’intervento edilizio nell’area ex Edison. Pescaraporto risulta intestata a due società minori: Viana, di cui sono azionisti i costruttori Andrea e Luca Mammarella e Uropa, di cui sono soci Ugo, Roberto e Paola Milia, i tre figli dell’avvocato. Riservato fuori dalle aule di giustizia e pragmatico durante le udienze, Milia ha la fama di principe del foro. Tra gli altri, è il difensore del parroco don Vito Cantò, prete accusato di abusi sessuali a Villa Raspa di Spoltore, già condannato dalla Chiesa e sotto processo: proprio in qualità di difensore del prete, Milia ha sollevato un’eccezione che potrebbe riscrivere i rapporti tra Chiesa e Stato. Ha sostenuto che un curato già punito da un tribunale ecclesiastico non può essere sottoposto anche al giudizio di un tribunale penale. Ora sarà la Cassazione a dire se la tesi di Milia è giusta o no. Guido Dezio, 49 anni, è l’ex braccio destro di D’Alfonso: tra i due c’è un rapporto decennale di stima reciproca. Nel 2004, con D’Alfonso sindaco, è stato dirigente dello staff. Poi, processato con lo stesso D’Alfonso, Dezio è stato sospeso dall’incarico in Comune ma, con l’assoluzione in tasca, è rientrato in municipio dalla porta principale: anche con il successore di D’Alfonso, Luigi Albore Mascia di Forza Italia, Dezio è stato dirigente. In seguito, l’attuale sindaco del Pd, Marco Alessandrini, l’ha nominato vice direttore generale del Comune. Claudio Ruffini, 64 anni di Giulianova, vanta una lunga carriera politica cominciata come sindaco di Mosciano Sant’Angelo (1986-1994) e proseguita alla Provincia di Teramo come presidente (1994-2004) e poi sindaco di Giulianova tra il 2004 e il 2008. In seguito, tra il 2009 e il 2013, Ruffini è stato consigliere regionale del Pd. È stato anche segretario particolare di D’Alfonso. Proprio per questo incarico fiduciario, Ruffini è coinvolto anche nell’inchiesta sugli appalti della Regione. Ultimo indagato è Vittorio Di Biase, 49 anni di Tocco da Casauria: attualmente è il dirigente del servizio Genio civile della Regione. Ingegnere, fino al 2015, Di Biase è stato direttore del dipartimento Opere pubbliche della Regione, incarico da cui si è dimesso per motivi personali.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it