L'ultimo a essere interrogato, martedì 11 aprile, è stato il governatore Luciano D'Alfonso. Preceduto, 24 ore prima, dal suo storico difensore avvocato Giuliano Milia. I nomi più pesanti al termine di un giro di interrogatori iniziato dal Pm Annarita Mantini con il capo del Genio civile regionale Vittorio Di Biase e proseguito con Claudio Ruffini, ex capo della segreteria del governatore, e Guido Dezio, super dirigente comunale da sempre tra gli uomini di fiducia di D'Alfonso. Sono i cinque indagati per la vicenda Pescaraporto, la riqualificazione urbanistica avviata nel 2012 da una società della famiglia Milia sull'area ex Edison sul lungomare sud. Per tutti le accuse della Procura di Pescara sono abuso d'ufficio e falso ideologico: quello che prende corpo, in base alle indagini sviluppate dalla squadra mobile pescarese su uno stralcio dell'inchiesta dell'Aquila sugli appalti della Regione, è il sospetto di una grande cabina di regia per trasformare l'iniziale no del Genio civile in un forse e infine in un sì, anche alla luce di un sopralluogo tecnico del quale non si trovano tracce. Tutto per agevolare un'operazione immobiliare ricchissima, che impatta su una delle aree di maggior pregio della città. Il peccato originale di Pescaraporto, secondo la ricostruzione degli inquirenti, è il contrasto con il Piano stralcio di difesa dalle alluvioni, che include l'area ex Edison sulla riviera sud tra quelle soggette a rischio di esondazione del fiume Pescara. Un ostacolo che la società titolare della concessione edilizia avrebbe aggirato grazie a una manovra concordata con il governatore, il funzionario responsabile, ritenuto l'autore materiale del falso ideologico, e gli uomini più fidati del team D'Alfonso.
Tutto ruota intorno alla navetta Comune-Genio civile regionale. Autorità di bacino nelle settimane cruciali a cavallo tra gennaio e marzo dello scorso anno.
LE DATE È un'iniziativa della consigliera comunale del M5S Erika Alessandrini, il primo febbraio 2016, a sollevare il velo sull'operato del Genio civile. Che con una nota a firma del responsabile Vittorio Di Biase, il primo indagato per Pescaraporto, il 17 febbraio ammette di aver «esaminato il Piano particolareggiato della zona portuale di Pescara» ed «espresso parere non favorevole ai contenuti progettuali... tali valutazioni negative, risultano confermate e rafforzate anche dalle sopravvenute elaborazioni specifiche effettuate dall'Autorità di bacino della Regione, che ha accertato una estesa e diretta esposizione delle aree portuali a possibili fenomeni esondativi». È la premessa che il 18 gennaio ha spinto, il Genio civile a chiedere a Comune e autorità di bacino «di verificare la compatibilità idraulica e la completezza delle procedure e dei titoli autorizzativi rilasciati»
Quella che suona come una bocciatura, però, tende via via ad annacquarsi e non determina nessuno stop al cantiere di Pescaraporto, che anzi rilancia con una richiesta di variazione di destinazione del progetto, da terziario a residenziale. Tutto spiegabile alla luce della cronologia che colloca il primo via libera nel 2012, tre anni prima dell'aggiornamento del Piano di difesa dalle alluvioni? Non è così per gli investigatori di Pescara e l'unica spiegazione si nasconde nelle carte arrivate dall'Aquila, che per lunghi mesi ha evidentemente ascoltato le conversazioni tra il governatore D'Alfonso e i funzionari coinvolti in questa e altre indagini. Quanto basta per ipotizzare una cabina di regia per assicurare una corsia preferenziale a Pescaraporto. Ipotesi che l'avvocato Giuliano Milia, unica figura non pubblica coinvolta, ha respinto con decisione lasciando, per il momento il cerino in mano a D'Alfonso e ai suoi uomini.