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Data: 23/04/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Alitalia, l'appello di Gentiloni: «Salva con il sì». Ma il no è avanti

ROMA Tensione e alta affluenza alle urne per il referendum Alitalia. Ieri sera è stata superata quota 60% e questo significa che oltre 7 mila dipendenti su 12.500 sono andati a votare per decidere la sorte della compagnia, il cui salvataggio è appeso ad un filo Nell'urna potrebbe essere già stato scritto il futuro dell'ex vettore nazionale. Preoccupato per l'andamento della consultazioni, i rumors non sono positivi, sempre ieri è intervenuto il presidente dell Consiglio Paolo Gentiloni, che ha chiesto di votare «sì» per evitare il fallimento. Sono in gioco non solo il destino di una azienda considerata strategica dal governo e quello di migliaia di lavoratori, ma anche investimenti per due miliardi e la rappresentatività stessa dei sindacati che, pur se a malincuore, hanno siglato l'intesa e ora rischiano la bocciatura.
I RUMORS
Anche se mancano i dati ufficiali, le sensazioni che trapelano dalla segreterie sindacali che, come noto, hanno i propri osservatori ai seggi, non sono affatto buone. Il «no» all'accordo sarebbe infatti in vantaggio, anche se di poco, sia a Fiumicino che a Milano. «Tutto si deciderà - spiega un sindacalista che vuole restare anonimo - sul filo di lana, ma le posizioni sono in qualche modo già delineate».
«Mentre è in corso la consultazione sul pre-accordo raggiunto tra Alitalia e sindacati - ha detto il premier - sento il dovere di ricordare a tutti la gravità della situazione in cui ci troviamo. Alitalia è una azienda privata. Di fronte alle sue perduranti e serie difficoltà il governo ha incoraggiato gli azionisti italiani e stranieri a impegnarsi in un nuovo piano industriale e in una forte ricapitalizzazione della società. So bene che ai dipendenti vengono chiesti sacrifici, ma so che senza l'intesa sul nuovo piano industriale l'Alitalia non potrà sopravvivere». Più chiaro di così l'appello non poteva essere. Un appello che segue quelli lanciati dai ministri dei Trasporti Graziano Delrio e dallo Sviluppo Carlo Calenda, anch'essi in ansia per la scelta referendaria. A rischio ci sono 12 mila posti di lavoro, oltre un migliaio nell'indotto e una compagnia che compirà 70 anni tra poco e che ha visto bruciare in questi anni oltre 7 miliardi nei vari salvataggi di Stato che si sono succeduti.
Questa volta però - come ha spiegato il presidente in pectore Luigi Gubitosi - non ci saranno alternative al fallimento, ma solo l'arrivo del commissario straordinario, la messa in cassa integrazione dei dipendenti, la liquidazione della società.
Ai seggi la tensione si taglia con il coltello. «C'è tanta rabbia tra i dipendenti - spiega al Messaggero - il segretario generale dell'Associazione nazionale piloti aviazione commerciale (Anpac), Antonio Divietri - e non vorrei che alla fine prevalesse il detto muoia Sansone con tutti i filestei». «I sindacati sanno bene - aggiunge - che non c'era alternativa a questo accordo che, va detto, non piace a nessuno, ma che dà almeno una prospettiva, per cui serve senso di responsabilità». Nel comparto manutenzione e in quello amministrativo, secondo i rumors, il «sì» sarebbe in netto vantaggio, in bilico invece la situazione tra chi lavora in pista e tra il personale di terra, mentre gli assistenti di volo e i piloti sarebbero i più critici. Si vota ancora oggi e domani. Poi inizierà lo scrutinio e nella tarda serata di lunedi arriverà il verdetto. L'ok all'accordo sbloccherebbe la ricapitalizzazione con l'arrivo di 2 miliardi, di cui 900 milioni di nuova cassa. Il «no» chiuderebbe il sipario sull'ex compagnia di bandiera che verrebbe venduta a prezzi da saldo.

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