ROMA Il giorno della verità. Le urne si chiudono oggi alle 16 e probabilmente già in serata Alitalia conoscerà il risultato di un referendum decisivo per le sorti dell'azienda. Se la maggioranza degli oltre 12 mila dipendenti chiamati al voto avrà detto sì al pre-accordo sottoscritto il 14 aprile da azienda e sindacati a Palazzo Chigi, gli azionisti (Unicredit e Generali in testa) ricapitalizzeranno la società, ormai a corto di liquidità, avviando un piano di rilancio. Altrimenti, come ha spiegato due giorni fa il premier, Paolo Gentiloni, e come ha ribadito ancora ieri il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio («Non c'è un'altra soluzione né possibilità di nazionalizzazione, bisogna seguire con coraggio la strada iniziata», le sue parole), si aprirebbe la strada per la messa in liquidazione della compagnia, con la nomina di un commissario straordinario. Un percorso non privo di forti costi per le casse dello Stato, considerato che il governo dovrebbe comunque azionare la rete di protezione per i lavoratori.
GLI SCHIERAMENTI La scorsa settimana il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, è stato chiaro sul punto spiegando che sul bilancio pubblico sarebbe caricato di un peso di oltre un miliardo di euro. In caso di esito negativo, ad ogni modo, il Cda si terrebbe già domani, mentre se prevalessero i voti favorevoli il Consiglio, che ratificherebbe la nomina del presidente designato, Luigi Gubitosi, si riunirebbe il giorno successivo. Il voto (sono 7 le urne distribuite tra Fiumicino, Linate e Malpensa) si sta consumando in un clima molto teso. Fonti sindacali, citando exit poll realizzati in questi giorni, fanno filtrare che il fronte del no, piuttosto attivo sui social per manifestare il proprio scontento, e comunque convinto che anche in caso di bocciatura dell'accordo Alitalia non fallirà, sarebbe in vantaggio soprattutto per effetto della mobilitazione del personale navigante. Ed in particolare di hostess e steward. Anche addetti alla pista e agli scali sarebbero in prevalenza per il no, mentre tra gli impiegati si registrerebbe un certo favore per l'accordo. Le stesse fonti, spiegando con un pizzico di disappunto che il ritardo con il quale il governo ha fatto sentire la sua voce potrebbe avere un peso sui risultati, appaiono fiduciosi sul fatto che nelle ultime ore la tendenza potrebbe comunque cambiare (avrebbe votato circa il 75% e quindi mancherebbe all'appello un quarto degli aventi diritto) in quanto «gli arrabbiati, in linea di massima, sono già corsi a votare». Si spiega anche in questo modo l'appello alla responsabilità rimbalzato da più parti negli ultimi giorni. Dalla leader della Cgil, Susanna Camusso, a quella della Cisl, Annamaria Furlan, fino a Carmelo Barbagallo della Uil: tutti d'accordo sul fatto che oggi il tema è «salvare l'impresa» e mantenerla viva per garantire l'occupazione.
In caso di esito positivo del referendum, sia il presidente in pectore, Luigi Gubitosi, che quello uscente, Luca Cordero di Montezemolo, hanno promesso che il piano di rilancio di Alitalia punterà su una forte discontinuità aziendale, un rafforzamento delle rotte a lungo raggio ed investimenti in nuovi aeromobili. Pesanti i sacrifici chiesti ai lavoratori. Sono 980 gli esuberi a tempo indeterminato previsti tra il personale di terra, mentre quello navigante si vedrebbe ridurre la retribuzione dell'8% e i riposi annuali da 120 a 108. Ai nuovi assunti verrebbe applicato il meno oneroso contratto cityliner, il vettore a breve raggio.