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Pescara, 24/07/2024
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Data: 25/04/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ruffini: «Ecco la carta, ci disse Milia». Duro Acerbo: «Luciano ha mentito, si deve dimettere»

«Questa è la carta». Il pomeriggio del 3 marzo 2016, un giovedì, la riunione nello studio Milia si concluse con queste poche parole pronunciate dall'avvocato e con la consegna di un foglio dattiloscritto a Claudio Ruffini e Guido Dezio, presenti in veste di ambasciatori del presidente della Regione Luciano D'Alfonso. In maniera altrettanto stringata, «la carta» conteneva la traccia della lettera del Genio civile regionale destinata a neutralizzare la dura presa di posizione del 18 gennaio sul cantiere della società Pescaraporto sulla rivera sud. A raccontarlo a verbale è Ruffini, all'epoca in carica come capo della segreteria di D'Alfonso, mentre sul punto più sfumata è stata la deposizione di Dezio, super dirigente del Comune da sempre legato al governatore: «Non ci fu una vera e propria riunione operativa e comunque non ricordo di cosa si parlò». Una divergenza che gli inquirenti hanno annotato come indizio di una crepa nell'entourage del presidente della Regione. Forse un punto di svolta per queste e le altre inchieste nate dal lavoro della procura aquilana sulla ristrutturazione di Palazzo Centi.
L'avvocato Giuliano Milia, indagato nel filone Pescaraporto questa vicenda per concorso in abuso di ufficio e falso insieme al governatore Luciano D'Alfonso, ai dirigenti pubblici Dezio e Ruffini e al direttore del Genio civile regionale Vittorio Di Biase, non è soltanto un raffinato giurista e il difensore di fiducia di D'Alfonso: attraverso la società di famiglia Urop srl è socio al 50 per cento di Pescaraporto srl, insieme alla Viana srl del costruttore chietino Franco Mammarella. Un ruolo che conferisce al documento consegnato a Claudio Ruffini e a Guido Dezio, un peso centrale nell'inchiesta. Soprattutto se collegato a quanto avverrà tra quel giovedì pomeriggio e il 15 marzo successivo.

LA POSTA IN PALIO A raccontarlo, nel primo interrogatorio del Pm Annarita Mantini, è stato il numero uno del Genio Vittorio Di Biase. Almeno due, secondo l'indagato, sono stati gi incontri con Dezio per verificare la corrispondenza puntuale tra la lettera su carta intestata e la traccia dettata dall'avvocato. Il documento ha una certa importanza, perché deve disinnescare in maniera credibile il maggiore ostacolo spuntato sulla strada del progetto Milia-Mammarella, che ricade in un'area classificata a rischio alluvione. E soprattutto giustificare il netto cambio di opinione dell'ingegnere Di Biase. Una finezza riassunta nella formula della lettera in cui il capo del Genio civile dichiara «di prendere atto degli specifici accertamenti condotti dalle autorità competenti in materia». Accertamenti dei quali, però, non si è trovata finora una traccia documentale.
La posta in palio è altissima. La riqualificazione della ex area industriale Edison dovrebbe veder sorgere tre palazzi collegati da una piastra commerciale in una delle zone di maggior pregio di Pescara, il lato mare della riviera sud. Al superamento dei divieti introdotti dal Piano stralcio di difesa dalle alluvioni è infatti subordinata la richiesta di variazione di destinazione degli immobili, da terziario a residenziale, che Pescaraporto ha tentato ultimamente senza successo, per l'opposizione del consiglio comunale.
Sul piano investigativo. L'incrocio tra le evidenze raccolte, a partire dalle intercettazioni in cui Ruffini si sfoga a proposito delle pressioni di D'Alfonso per sbloccare la vicenda Pescaraporto per finire alle carte sequestrate, e le deposizioni messe a verbale da testimoni e indagati darà luogo a un secondo round istruttorio e, probabilmente, a nuove perquisizioni. Il primo a sedersi di nuovo davanti al Pm Mantini sarà l'ingegnere Di Biase. La sensazione netta è che i protagonisti dell'inchiesta non abbiano raccontato tutto quanto a loro conoscenza. Non ancora.


Duro Acerbo: «Luciano ha mentito, si deve dimettere»

«Basta con le gogne mediatiche: solidarietà a Luciano D'Alfonso come cittadino, anche al di là del suo ruolo istituzionale». Lo dichiara Vincenzo Di Nanna, segretario di Amnistia, giustizia e libertà a proposito dell'ultima inchiesta che ha coinvolto il presidente della Regione. «In una fase preliminare - dice Di Nanna è inaccettabile che si venga meno ai principi basilari del garantismo come sta avvenendo in queste ore sulle prime pagine dei quotidiani. Ribadisco che ogni cittadino è innocente fino a sentenza definitiva».
Sugli ultimi sviluppi dell'inchiesta che vede al centro il governatore, il quale ha fornito la sua versione dei fatti nella conferenza stampa di sabato scorso, ampiamente documentata da tutti gli organi di informazione, continuano a prendere posizione gli esponenti dei principali gruppi di opposizione. «L'intercettazione in cui D'Alfonso dà indicazione al suo braccio destro Claudio Ruffini di recarsi allo studio dell'avvocato Milia - dice Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione comunista - smentisce clamorosamente le dichiarazioni rilasciate dal presidente della Regione Abruzzo nella sua conferenza stampa. È evidente che la riunione presso lo studio del suo avvocato penalista-imprenditore a cui hanno partecipato i due suoi massimi collaboratori, Dezio e Ruffini, era proprio volta a sbloccare il progetto della società Pescaraporto. Chiediamo le dimissioni di D'Alfonso e invitiamo il Pd e i suoi alleati a uscire dal silenzio complice»
«Il presidente di Regione venga a spiegare il contenuto delle intercettazioni che lo riguarderebbero - aggiunge il consigliere regionale del M5S Domenico Pettinari -. Lo deve alle forze politiche presenti in consiglio regionale. Non servono conferenze stampa. Il M5S pretende un intervento in aula sul contenuto delle intercettazioni. Non siamo solo nel campo delle indagini, oggi deve far capire il meccanismo delle decisioni adottate da questo Governo regionale». «Ci troviamo davanti ad una situazione in cui potere politico e amministrativo sono piegati agli ordini della classe imprenditoriale pescarese rincara la dose la consigliera comunale pentastellata Erika Sabatini -, siamo davanti ad una politica debole ed in ginocchio che decide nelle stanze di pochi potenti privati sulla vita di tutti i cittadini, siamo davanti alla più bieca forma di governo possibile. Oggi Pescara raggiunge la consapevolezza di essere stata violata e l'indignazione che proviamo davanti alle parole pronunciate da chi dovrebbe governarci vanno ben oltre il fatto giudiziario».

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