ROMA Sergio Mattarella ha firmato il decreto: la manovra di correzione è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale e ora può iniziare il suo iter parlamentare. Ma nelle stesse ore in cui il testo del provvedimento ha incassato il “sì” del Presidente della Repubblica, il governo ha ricevuto una tirata d’orecchie dalla Commissione Ue, che a maggio pubblicherà le Raccomandazioni sull’Italia: una sorta di pagella sulla qualità delle riforme strutturali avviate nel 2016. Ebbene, secondo indiscrezioni circolate ieri sera, Bruxelles ritiene che «a prima vista i risultati appaiono diversi da quelli promessi da Roma e la Commissione ha aperto un dialogo con Palazzo Chigi per avere indicazioni che permettano di aggiustare il tiro». Insomma, una grana per il governo considerato che al programma di riforme è legata parte della flessibilità sul deficit di cui ha goduto il Paese lo scorso anno. Un eventuale scontro con l’Europa rischia di complicare il percorso Camera-Senato della manovra, anche se l’esecutivo Gentiloni ha fatto in modo che il decreto non serva solo ad aggiustare i conti del 2017 ma anche ad anticipare le mosse per evitare, come promesso, gli aumenti dell’Iva dal 2018. Nel testo finale, infatti, è stata inserita una norma ad hoc che riscrive la clausola di salvaguardia che scatterebbe dal 2018, in assenza di misure alternative, alleggerendo il conto dei 5 miliardi che la manovra porta in dote per il prossimo anno come correzione strutturale (3,4 miliardi l’aggiustamento strutturale sul 2017). La norma prevede così che l’aliquota agevolata aumenti solo dell’1,5% anziché del 3% con un impiego di risorse per circa 3,4 miliardi. Altri 350 milioni sono necessari nel 2018 per rinviare al 2019 l’aumento delle accise. L’aliquota ordinaria, al momento, si lascia aumentare al 25% mentre viene ridotto l’incremento previsto nel 2019, dallo 0,9% allo 0,4%. La relazione tecnica di accompagnamento del decreto indica le previsioni di gettito. Grazie all’ampliamento dello split payment sull’Iva alle società partecipate, il vero e proprio cardine fiscale dell’intervento, il governo conta di incassare poco più di un miliardo nel 2017 e oltre un miliardo e mezzo nel 2018. I ministeri contribuiscono alla manovra per 460 milioni nel 2017 ma non si tratta di “tagli lineari”, come precisa la relazione tecnica, ma di tagli “selettivi”. Nel dettaglio, 161 milioni di euro arriveranno «in maniera indistinta» attraverso le riduzioni delle missioni e dei programmi di spesa dei Ministeri, mentre altri 299 milioni saranno garantiti dalla sforbiciata ad alcune tipologie di spesa anche attraverso il definanziamento di specifiche autorizzazioni di spesa. La stretta sulle compensazioni fiscali indebite si conferma una delle voci più pesanti della manovra. Ci si attende infatti quasi un miliardo nel 2017 che sale a quasi due miliardi nel 2018. Ancora in campo fiscale, dalla rottamazione delle liti tributarie il governo si attende di incassare, con una stima “prudenziale”, 400 milioni in due anni. Inoltre, i limiti più elastici sui pignoramenti immobiliari porteranno un maggior gettito complessivo stimato in 282 milioni di euro. All’ultimo giro è saltato, con soddisfazione dell’Anci, il taglio di Imu, Tasi ed Ici sulle piattaforme off shore, le cosiddette trivelle, che ricadono nel cosiddetto “mare territoriale”. Per il resto, tutto confermato. Dal 1° giugno aliquota al 21% per affitti brevi e Airbnb (con multa fino a 2mila euro per chi sgarra), mentre piomba la stangata sui giochi. Il prelievo sulle vincite fino a 500 euro sale dal 6 al 12% e sul lotto dal 6 all’8%. Il Preu (prelievo sulle slot) passa al 19%. Ecco la supermulta da 200 per chi viene pizzicato sull’autobus senza biglietto. Giro di vite sul fumo: il riordino delle accise sui tabacchi farà incassare allo Stato 83 milioni nel 2017 e 125 milioni a regime dal 2018. Conferma anche per la fusione Anas-Ferrovie. Le nozze tra le due società avverranno con un aumento di capitale del 20% nei prossimi due anni. Ancora sul fronte dei conti pubblici Eurostat ha certificato che il deficit della spesa pubblica in Italia nel 2016 è stato del 2,4%, in rialzo dello 0,1 rispetto al 2,3% indicato dalle previsioni economiche di febbraio della Commissione europea. Il debito è invece indicato in 2.2 miliardi di euro, pari al 132,6% del Pil: due decimali in meno.