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Pescara, 24/11/2024
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Data: 26/04/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Commissario in vista, i voli continuano. Sì al prestito-ponte. Lufthansa, EasyJet e Ryanair in pista per avere rotte e dipendenti in saldo. Irritazione di Renzi contro l'esecutivo: «Bisogna cercare una strada diversa»

ROMA Alitalia corre verso l'amministrazione straordinaria, attraverso l'applicazione di una legge Marzano da adattare ad hoc cambiando due parole che hanno però rilevanza per la Ue. Il cda, ieri mattina riunito presso uno studio legale, ha preso atto «con rammarico» del risultato del referendum annunciando di voler «avviare le procedure previste dalla legge». Ovvero appunto l'insediamento di uno o più commissari straordinari per garantire l'operatività della compagnia e tutelare i creditori. In pole c'è il super consulente Enrico Laghi, professionista romano molto quotato, già commissario Ilva e il governo sta facendo pressing su Luigi Gubitosi, ex presidente designato, manager specializzato in turnaround che dovrebbe accettare. Poco dopo è stato lo stesso presidente Luca Cordero di Montezemolo a comunicare all'Enac, l'ente pubblico che vigila sull'aviazione civile, l'intenzione di procedere al commissariamento. Un passaggio necessario perché tocca proprio all'Enac, come ha ricordato il presidente Vito Riggio, autorizzare la compagnia a volare, fatto non scontato in assenza di garanzie sul suo assetto. L'operatività quindi è per il momento assicurata.
I TEMPI
Il cda dell'azienda si è però dato tempo: sulle procedure per l'amministrazione straordinaria dovrà deliberare un'assemblea fissata per domani in prima convocazione, 27 aprile, ma che slitterà certamente in seconda il 2 maggio. La decisione è impegnativa e deve prenderla i soci. Questo tempo servirà a esplorare i margini di manovra possibili per una soluzione in extremis (si veda articolo sotto), e anche per mettere a punto l'istanza da presentare il 2 maggio, giorno in cui potrebbero essere nominati i commissari. La nazionalizzazione richiesta dal Movimento Cinque Stelle e dal sindacato di base che si era espresso per il no al referendum è esclusa sia da ministri come Poletti e Calenda, sia dal Pd, che pure ha un approccio più cauto di quello del governo.
C'è da approfondire il versante europeo anche in riferimento al prestito-ponte a carico dello Stato: 500 milioni per traghettare la vendita a pezzi nei prossimi sei mesi. Da Bruxelles la commissione ha fatto sapere che i ricorso ad un intervento pubblico non va escluso in linea di principio, anche se naturalmente dovrà nel caso essere discusso con la struttura comunitaria che di occupa di concorrenza e di aiuti di Stato.
Le opzioni possibili sono sostanzialmente due. La prima contempla un intervento a condizioni di mercato, difficile da immaginare in questa fase ma che non solleverebbe obiezioni. La seconda rinvierebbe invece ad aiuti di Stato in senso stretto, che sarebbero sì ammissibili in quanto non concessi negli ultimi 10 anni (vista la discontinuità con la vecchia Alitalia) ma andrebbero negoziati e graduati in base a principi di condizionalità. Ciò a cui sta lavorando il governo, secondo Calenda, è il prestito-ponte, necessario per garantire ad Alitalia la cassa necessaria ad operare in attesa della vendita. Il prestito verrebbe rimborsato con i proventi della vendita a condizioni di mercato. Il finanziamento pubblico fa parte dell'istanza al Mise e tribunale. Da parte del governo - se ne è discusso ieri nel vertice al Mise -, verrebbe emanato un decreto che adegui una norma della Marzano ad Alitalia. Verrà applicata quest'ultima invece della Prodi bis che è sempre un'amministrazione straordinaria con il passaggio intermedio del commissario giudiziale. La nuova Marzano fu modificata nel 2008 dal defunto professor Franco Bonelli per adattarla al piano Fenice: fu prevista l'ammissione immediata per aziende che svolgono un servizio pubblico essenziale. Adesso va tolto servizio pubblico perché solo alcune rotte internazionali hanno questo status e la Ue potrebbe aver da ridire.

Lufthansa, EasyJet e Ryanair in pista per avere rotte e dipendenti in saldo

ROMA Fanno gola alle low cost e alle compagnie tradizionali che, cinicamente, aspettano la liquidazione. Rotte, aerei, e una parte del personale sono lì, pronti o quasi ad essere ceduti a prezzi da saldo. Tutto questo, ovviamente, dopo la nomina del commissario straordinario che deve fare cassa in tempi rapidi, massimo sei mesi. Proprio a questo proposito nelle ultime ore sarebbero cresciute le pressioni del governo su Luigi Gubitosi, presidente in pectore della compagnia, per gestire la partita delle dismissioni, anche in considerazione del fatto che il top manager gode della massima fiducia di banche azioniste e del socio arabo. Gubitosi che avrebbe espresso perplessità dopo l'esito del referendum, adesso avrebbe preso tempo per valutare l'offerta.
Il «no» al piano di salvataggio ha dato una scossa imprevista al risiko del trasporto aereo. Perché, al di là della crisi profonda, il brand Alitalia, adeguatamente riposizionato sul mercato, è un affare, visti i flussi turistici del Belpaese e la posizione strategica tra Europa, Africa e Asia. Per non parlare del fatto che sugli aerei con la livrea tricolore vola anche un passeggero particolare: il Papa.
I CONTENDENTI
Da sempre, proprio per fare concorrenza ad Air France, Lufthansa guarda a Roma. Del resto negli ultimi mesi gli arabi di Etihad, che hanno il 49% dell'ex compagnia di bandiera, supportati da Intesa e Unicredit, hanno cercato di avviare contatti per una partnership industriale. I tedeschi hanno nicchiato, aggiungendo, in via informale, che il discorso si può aprire solo quando i conti della compagnia torneranno in nero e quando il sindacato non sarà più un ostacolo. Ora con la liquidazione alle porte, potrebbe tornare d'attualità l'idea, già circolata un paio di mesi fa, di fare di Alitalia una piccola compagnia regionale a guida teutonica. Con circa 5 mila dipendenti in meno, stipendi ridotti del 30% e Fiumicino, nuovo hub del potente network di Lufthansa nel Sud Europa. Un vettore che, nei piani dei tedeschi, dovrebbe avere un numero mirato di voli domestici e solo collegamenti europei ed intercontinentali capaci di generare reddito.
Se Lufthansa sta alla finestra osservando la preda, Ryanair si è già mossa. La compagnia irlandese, per bocca del vulcanico ad Michael O'Leary, ha fatto capire di essere pronta rilevare le rotte a medio e corto raggio di Alitalia e, pare, anche una parte del personale navigante, applicando però il contratto low cost. Proprio O'Leary aveva spiegato in una intervista che Alitalia non potrà «mai guadagnarci in un mercato come quello italiano dove ci siamo noi e non potrà nemmeno operare anche come una low cost sia perché i sindacati diranno no, sia perché non riusciranno a offrire tariffe, come le nostre, a 9,99 euro».
Anche Easyjet e Vueling, due realtà in forte crescita proprio a Roma, stanno analizzando il dossier in gran segreto, fiutando l'affare, soprattutto adesso che il commissario straordinario dovrà iniziare i sondaggi sul mercato. Non bisogna escludere nemmeno le grandi compagnie americane, Delta Airlines in primis, che vogliono crescere sul mercato europeo. Spetterà al commissario straordinario decidere in fretta, con la consapevolezza che una vendita in blocco consentirebbe un maggior guadagno. Lo spezzatino o, peggio, la liquidazione, sarebbe invece un affare solo per gli acquirenti.

Irritazione di Renzi contro l'esecutivo: «Bisogna cercare una strada diversa»

ROMA «Una soluzione va trovata. Il governo non starà a guardare». Quando i ministri Poletti e Calenda nel tardo pomeriggio di ieri spuntano in tv a spiegare che per Alitalia non c'è più nulla da fare e che non resta che la vendita o il fallimento, Matteo Renzi ha un soprassalto. Lasciare al loro destino tredicimila dipendenti, più ottomila dell'indotto, «per l'insipienza di qualche sindacato non è da Pd». Si fa quindi di nuovo concreto il rischio di nuove frizioni tra il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e l'ex premier.
MISSION
La reazione ufficiale del partito di maggioranza, e di replica al governo, è affidata al capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato e a Michele Anzaldi, responsabile comunicazione della mozione-Renzi alle primarie. Dice il primo: «Non lasceremo sole le famiglie: l'impegno del Pd è stare accanto a una grande azienda italiana, va cercata fino in fondo una soluzione». Inoltre, aggiunge Rosato, «l'Italia che vive di turismo e cultura non può restare senza una compagnia al servizio del sistema Paese». Messaggio chiaro che Anzaldi dettaglia dicendo che «ora bisognerà fare delle riunioni, cercare - se esiste - una soluzione per tutelare le migliaia di famiglie», aggiungendo che «sicuramente il nuovo segretario del Pd promuoverà una serie di riunioni per cercare di realizzare l'impossibile. Il Pd non solo non lascia da solo il governo, ma farà da pungolo dell'esecutivo in questa vicenda». Ancora una volta la vicenda-Alitalia rischia di cadere - come avvenne nel 2008 - nel mezzo della campagna elettorale per le politiche. Non sono tanto i cinque giorni che mancano alle primarie del Pd a preoccupare Renzi, ma il timing del possibile commissariamento che durerà sei mesi da quando verrà nominato il commissario. E' quindi facile ipotizzare - calendario alla mano - che la questione-Alitalia attraverserà tutta la campagna elettorale. Di nazionalizzazione, proposta che piace al M5S, il Pd non intende parlare. Ricorda che la compagnia è ormai privata e che tutto nasce dalla «scellerata scelta di Berlusconi di buttare a mare l'accordo con AirFrance», ma la chiamata in causa del governo affinché trovi soluzioni alternative al fallimento, è netta ed investe il presidente del Consiglio Gentiloni come il ministro Calenda.
SENTIERO
«Il sentiero è stretto ed è facile immaginare che qualunque soluzione alternativa, ammesso che esista, non sarà meno dolorosa di quella bocciata dal referendum - spiega il senatore del Pd Stefano Esposito - ma non possiamo far passare i sei mesi senza tentare strade alternative».
Alitalia «non può fallire», almeno non a ridosso di un importante appuntamento elettorale, si sostiene al Nazareno dove si cita anche l'indiscrezione arrivata ieri da Bruxelles secondo la quale sono possibili aiuti di Stato visto che gli ultimi sono stati erogati più di dieci anni fa. A palazzo Chigi ci si muove con cautela preparandosi a una nuova serie di riunioni con sindacati ed azienda nel tentativo di riprendere in mano la situazione ed evitare un commissariamento che comunque alle casse dello Stato costerà un miliardo di euro.

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