ROMA Il “no” dei lavoratori di Alitalia al referendum su un Piano che avrebbe comportato, fra l’altro, circa mille esuberi e un taglio dell’8% agli stipendi di piloti e assistenti di volo, è l’ultimo colpo per i sindacati che quell’accordo avevano trattato insieme ad azienda e governo. I sindacati di base incassano il risultato, affatto scontato, dimostrando di aver saputo meglio interpretare la volontà dei lavoratori. La sorpresa dei voti è arrivata dai lavoratori di terra, quelli meno penalizzati dall’accordo. Se il No di piloti e personale di volo, da decenni dipinti come privilegiati e strapagati, era prevedibile (hanno superato l’80%), con i risultati si è visto che anche il personale di terra era in maggioranza per il No (51%). Evidentemente dopo quasi 10 anni di tagli e sacrifici senza risultati, i lavoratori non hanno creduto all’ennesimo salvataggio e nel segreto dell’urna hanno preferito la scelta dello show down. «Show down! Questo è il pensiero più ricorrente della nostra categoria» dice infatti il giorno dopo un comandante di volo allo scalo di Fiumicino. Cgil, Cisl e Uil, insieme ai sindacati professionali Anpac e Anpav devono fare i conti con questo scollamento tanto più che in Alitalia rappresentano il 90% degli iscritti. Sarebbero stati solo loro oggi, in quanto firmatari della pre-intesa, a partecipare all’incontro al ministero dello Sviluppo Economico fissato per il dopo referendum e poi annullato in attesa che la società faccia i passi necessari per avviare la procedura di commissariamento. Ieri i tre leader dei confederali erano alla manifestazione del 25 aprile a Milano e da lì hanno parlato anche di Alitalia. Per tutti e tre l’obiettivo è arrivare in tempi brevi al salvataggio del vettore. «Bisogna ripartire da un piano industriale credibile, sostenuto anche dalle banche e dal governo, con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti» scandisce il segretario della Cgil Susanna Camusso che aggiunge: «Paghiamo e scontiamo le privatizzazioni così come sono state fatte nel nostro Paese: disastrose anche a distanza di anni». «Cercheremo di capire comeche salvare il lavoro di 20.000 addetti tra diretti e indiretti. I tempi sono strettissimi» dice il segretario Uil Carmelo Barbagallo. «La rabbia dei dipendenti di Alitalia è comprensibile e va rispettata: non possono essere ancora una volta i lavoratori a pagare gli errori gravi commessi dal management di Alitalia» dice il leader Cisl Annamaria Furlan.
C’è Lufthansa alla finestra ma è necessario un prestito. La società perde 2 milioni al giorno. L’Ue aspetta una richiesta dall’esecutivo. I potenziali acquirenti entrerebbero in scena dopo la soddisfazione dei creditori. Serve liquidità per la cassa
ROMA Liquidazione, prestito ponte, cessione degli slot. Gli scenari per il futuro di Alitalia si muovono in un terreno stretto tra regole europee sugli aiuti di stato e problemi di liquidità che possono precipitare la compagnia verso il fallimento. La prima vera emergenza è, però, la cassa. Tutti i fornitori chiederanno di essere pagati in contanti e Alitalia, senza ricapitalizzazione, rischia di non arrivare a metà maggio dato che perde circa 2 milioni di euro al giorno. Per garantire la continuità aziendale fino alla vendita c’è, quindi, bisogno di risorse fresche e l’unica ipotesi è quella di un intervento del governo. Le procedure sono quelle previste dalla legge Marzano che contiene misure per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza. Entrata in vigore il 21 febbraio 2004, prevede l’accesso a una procedura di amministrazione straordinaria con un commissario (o tre nei casi più complessi) che ha 180 giorni di tempo, più una possibile proroga di 90 giorni, per il piano di ristrutturazione. Alitalia rientra a pieno titolo nei requisiti per l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria stabiliti dalla legge, che fissa sia l’importo minimo del debito sia il numero dei lavoratori coinvolti. Ovvero, un numero non inferiore a 500 dipendenti e debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a 300 milioni. L’impresa può chiedere al ministro delle attività produttive (in questo caso il Mise guidato da Carlo Calenda), con istanza motivata e corredata di adeguata documentazione, presentando contestuale ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale del luogo in cui l’impresa ha sede principale, l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, tramite la ristrutturazione economica e finanziaria. Con proprio decreto il ministro provvede all’ammissione immediata dell’impresa alla procedura di amministrazione straordinaria. Il decreto determina lo spossessamento del debitore e l’affidamento al commissario straordinario della gestione e dell’amministrazione dei beni dell’impresa e deve essere comunicato immediatamente al Tribunale. Per evitare il fallimento è comunque indispensabile un’operazione che si configura come un aiuto di Stato, sia che prenda la forma di un “prestito ponte” sia quello di una garanzia. Qualsiasi sia la soluzione tecnica il governo deve presentare una richiesta a Bruxelles e farsi autorizzare l’intervento illustrando la prospettiva di massima per la compagnia. La Commissione già altre volte ha dato il suo via libera, sia nel passato sempre per le vicende Alitalia e Parmalat sia più recentemente con l’Ilva. Trattandosi di un’emergenza che riguarda un’azienda in amministrazione straordinaria e che svolge un servizio pubblico essenziale perché garantisce la continuità territoriale, tenere gli aerei a terra sarebbe un problema e questo potrebbe giocare un ruolo rilevante nella trattativa con Bruxelles, tenuto conto che il finanziamento ponte sarebbe finalizzato alla vendita della società a prezzi di mercato e lo Stato potrebbe godere, come creditore, di un diritto da creditore privilegiato. Proprio per gestire la prima amministrazione controllata di Alitalia nel 2008 venne introdotta nella Marzano una norma che prevede che un’azienda che svolge un servizio pubblico essenziale possa anche cedere alcuni contratti o complessi aziendali purché sia garantito il massimo grado di soddisfazione dei creditori ed è su questa base che potrebbero essere intavolate le trattative con i possibili pretendenti: i nomi più accreditati sono quelli di Lufthansa e Ryanair.