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Data: 27/04/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Bufera su D'Alfonso per il caso Dompè

Incontri riservati, telefonate, ruoli, interpreti e schemi di azione che si replicano. Il malloppo delle carte dell'inchiesta Megalò 3 entra di peso nel lavoro investigativo di Procura e Squadra mobile di Pescara sul cantiere Pescaraporto, la riqualificazione di un tratto di riviera sud classificato a rischio alluvione a opera di una società partecipata dall'avvocato Giuliano Milia, il difensore di fiducia del governatore Luciano D'Alfonso. Soprattutto per l'intercettazione in cui il presidente della Regione interviene, citando Palazzo Chigi, sul capo dell'Autorità di bacino, Michele Colistro, per accelerare lo sblocco del progetto dell'industria farmaceutica Dompè nella zona industriale dell'Aquila. Qui, come per Megalò 3 (vicende nelle quali D'Alfonso e Milia non figurano tra gli indagati) e Pescaraporto (che invece li vede indagati insieme a Claudio Ruffini, Guido Dezio e Vittorio Di Biase), il problema della Regione è l'aggiramento dei vincoli del Piano stralcio di difesa dalle alluvioni. Un ostacolo non da poco nel caso dell'industria Dompè, situata sulle sponde del torrente Raio, che all'epoca della telefonata, settembre 2014, era in attesa di concludere con il governo un Contratto di sviluppo da 41,5 milioni, siglato a novembre del 2015 in seguito al via libera dell'Autorità di bacino e a una delibera di giunta regionale che ha ridefinito i confini dell'area industriale.

I COLLOQUI «Risolvi tu questo problema - dice D'Alfonso a Colistro nel corso della telefonata intercettata - perché devo dare una risposta entro due ore al capo di gabinetto di Renzi». E tantò basto per ottenere dall'Autorità di bacino il via libera necessario. Ma due settimane prima, parlando con due tecnici dell'ufficio, Colistro disse: «Mo gli facciamo una prescrizione, devono smantellare questa cosa che è fuori norma! Lì sotto ci lavora uno, se viene la piena muoiono, mo gli facciamo una lettera, devono chiudere questo stabilimento».

LA CABINA DI REGIA È una vicenda amministrativa che non ha dato luogo a inchieste, nella quale comunque gli investigatori leggono ulteriori indizi a sostegno della tesi di una «cabina di regia» per velocizzare pratiche e progetti cari al governatore. E la questione diventa inevitabilmente politica, mentre l'inchiesta Pescaraporto sta per riprendere vigore con un nuovo round di interrogatori di indagati e testimoni, alcuni dei quali in posizione piuttosto critica: da focalizzare alcune coincidente di date ritenute sospette nel processo dedecisionale. Definisce «allarmanti» le intercettazione tra D'Alfonso e Colistro il consigliere regionale di M5S Domenico Pettinari: «Lo sono per i cittadini che si vedono traditi davanti a quelle promesse di sicurezza e tutela, lo sono per l'esposizione alla luce del sole di un sistema malato che coinvolge anche le più alte sfere del governo. Il presidente, oggi più che mai, ha il doverose di presentarsi davanti alle forze politiche che compongono il consiglio regionale per relazionare su queste intercettazioni, direttamente e senza giri di parole. Se con tecnicismi amministrativi è stato possibile arginare la valutazione di pericolosità, certo non saranno dei tecnicismi a salvaguardare i cittadini».

LE REAZIONI Torna sull'argomento anche Forza Italia: «Siamo molto preoccupati - scrivono in una nota i consiglieri regionali - poiché avendo perso il conto degli avvisi di garanzia piovuti sul capo del governatore (6?, 7?, 8?) ci troviamo di fronte in ogni caso a una situazione patologica. Il quadro che sembra emergere è quello di una eccessiva disinvoltura di comportamenti e di una opacità non in linea con le esigenze di trasparenza e buon governo, il tutto accompagnato da una sgradevole autoconvinzione di impunità. Ciò che più ci preoccupa è come le indagini siano diventate l'argomento principale sul quale il governatore concentri necessariamente le sue principali energie, facendo passare in secondo piano l'agenda dei problemi veri d'Abruzzo».

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