E’ soltanto una prima tranche, hanno annunciato i magistrati. Ci sono voluti tre mesi e dieci giorni per firmare i primi sei avvisi di garanzia per la strage di Rigopiano. Tra gli indagati c’è il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e il direttore dell’albergo Bruno Di Tommaso. Con loro sono stati iscritti sul registro degli indagati i due funzionari della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio più il dipendente del comune di Farindola Enrico Colangeli. Sono tutti referenti di Protezione civile e sono tutti accusati per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose, in relazione alle proprie funzioni, compiti e responsabilità, per non aver impedito e in ogni caso determinato la morte di 29 persone, di cui 18 ospiti e 11 dipendenti dell’hotel, e di aver causato lesioni ad altre otto persone e a un altro dipendente.
Perché, dice l’informazione di garanzia, “in violazione di normative cautelari e prevenzioni e per negligenza, imprudenza e imperizia, consistite nell’omessa previsione, prevenzione e gestione dei rischi connessi anche all’attività aziendale (esercizio di struttura ricettivo-alberghiera in zona di montagna a rischio isolamento per eventi atmosferici e valanghivi) tra cui l’innevamento grave e quello valanghivo e all’omesso collocamento di impianti, apparecchi o segnali idonei a prevenire disastri e infortuni sul lavoro nonché, con particolare riferimento alle attività di protezione civile, anche nell’omessa predisposizione e/o aggiornamento di piani di intervento, di previsione e organizzazione dei rischi connessi a condizioni meteorologiche avverse ed eventi valanghivi, nonché nell’omessa attuazione di iniziative, azioni e interventi prescritti da normative di protezione civile e da piani di intervento da attuare in presenza di eventi meteorologici avverso del tipo di quelli connessi ad intenso innevamento, atti a prevenire e fronteggiare i suddetti rischi, specie con riferimento al mantenimento di adeguate condizioni di viabilità per le strade di accesso e corrispondenti vie di fuga di strutture ricettive alberghiere come l’Hotel Rigopiano”.
Insomma, hanno avuto tutti un comportamento “negligente e imprudente” e hanno agito con imperizia: in pratica non hanno messo a punto piani di intervento per fronteggiare il rischio neve e valanghe, e non hanno fatto tutto ciò che dovevano per mantenere le strade in condizioni di percorribilità.
Ma è solo una prima tranche che non rassicura i parenti delle vittime, per niente.
«Dove sono i nomi del Prefetto di Pescara e del governatore dell’Abruzzo?».
È quanto si chiede Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle 29 vittime della
tragedia di Rigopiano, appresa la notizia dell’iscrizione dei sei indagati. Il padre di
Stefano si definisce “imbufalito”, ma comunque in parte “soddisfatto” perché la sua “tesi nei confronti del sindaco, uno dei responsabili di quella tragedia, era corretta”. Il nome di Stefano Feniello, 28enne originario di Valva (Salerno) che era in vacanza a Rigopiano per festeggiare il compleanno con la fidanzata, Francesca Bronzi, scampata alla tragedia, due giorni dopo la valanga era stato inserito dalla Prefettura in un elenco di nomi di cinque superstiti chesarebbero arrivati a breve in ospedale. Ma si era trattato solo di un errore: Stefano, infatti, in ospedale non è mai arrivato.
Stonata, stonatissima invece la nota firmata ieri pomeriggio dal parlamentare Gianni Melilla, passato di recente da Sel ad Articolo uno, che si affanna a esprimere la solidarietà agli indagati.
“Il rispetto per i familiari dei morti e feriti è assoluto e comprendo la loro ansia di verità e giustizia. Così come mi sento vicino al lavoro mai così complesso della magistratura inquirente per gli obbligatori controlli di legalità. Ma mi sento anche vicino agli amministratori locali (sindaco di Farindola e presidente della Provincia) e ai rispettivi funzionari indagati perché so le difficoltà in cui operano, la scarsità di risorse e le enormi responsabilità a cui sono sottoposti. I comuni e le Province in questi anni hanno subito tagli intollerabili, le Province sono le vittime di una riforma vergognosa frutto di una campagna di odio dell’antipolitica che le ha decapitate danneggiando i cittadini che si ritrovano ora strade e scuole senza una adeguata manutenzione”.
ps: E’ vero che le Province hanno subito tagli intollerabili, ma questo non significa niente, e non le alleggerisce dalle responsabilità. Soprattutto se si considera che in quelle ore o nei giorni precedenti molti amministratori o funzionari e non solo delle Province, hanno utilizzato tempo e telefonate per chiedere l’intervento dei mezzi antineve da utilizzare nei propri comuni di provenienza. Parole bizzarre e imbarazzanti quelle di Melilla, alla luce della tragedia di gennaio.