PESCARA Per la tragedia di Rigopiano, dove il 18 gennaio scorso il resort di lusso venne spazzato via da una valanga e dove persero la vita 29 persone, fra clienti e personale dell'hotel, per il momento saranno in sei a rispondere davanti alla magistratura. Nel mirino del procuratore aggiunto Cristina Tedeschini e del sostituto Andrea Papalia la Provincia di Pescara e il Comune di Farindola, sul cui territorio si trovano le macerie della struttura alberghiera. Tutti rispondono in concorso degli stessi tre reati, anche se al momento sembra scomparso quello più grave: il disastro colposo. Le accuse sono omicidio e lesioni colpose e di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro. Gli avvisi di garanzia sono stati inviati al presidente della Provincia, Antonio Di Marco; al sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, anche in qualità di «autorità di protezione civile anche con riferimento ai pericoli scaturenti da condizioni metereologiche avverse in territorio a rischio valanghivo»; Bruno Di Tommaso in qualità di amministratore e legale responsabile della società Gran sasso Resort & spa, gestore dell'hotel Rigopiano, nonché di datore di lavoro; Enrico Colangeli, responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Farindola e membro della commissione valanghe; Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio, rispettivamente dirigente e responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara. «Tutti referenti - si legge nell'atto giudiziario - della Protezione Civile della Provincia di Pescara, ciascuno in relazione alle proprie funzioni, compiti e responsabilità, in violazione di normative cautelari e prevenzionali e per negligenza, imprudenza e imperizia consistite nell'omessa previsione, prevenzione e gestione dei rischi connessi anche all'attività aziendale (esercizio di struttura ricettivo alberghiera in zona di alta montagna a rischio isolamento per eventi atmosferici e valaghivi) tra cui l'innevamento grave e quello valanghivo».
OMISSIONI Secondo l'accusa, che ha puntato molto sulla mancata prevenzione di tutto ciò che si poteva fare per evitare la terribile tragedia del 18 e 19 gennaio scorsi, gli indagati, per imprudenza, negligenza e imperizia, avrebbero «omesso il collocamento di impianti, apparecchi o segnali idonei a prevenire disastri e infortuni sul lavoro (reato che prevede fino a 10 anni di reclusione ndr.) nonché, con particolare riferimento alle attività di protezione civile - si legge ancora nel capo di imputazione - anche all'omessa predisposizione e/o aggiornamento di piani di intervento, di previsione e organizzazione di rischi connessi a condizioni metereologiche avverse ed eventi valanghivi, nonché all'omessa attuazione di iniziative, azioni, interventi, prescritti da normative di protezione civile e da piani di intervento da attuare in presenza di eventi metereologici avversi. Eventi tipo di quelli connessi ad intenso innevamento, atti a prevenire e fronteggiare i suddetti rischi, specie con riferimento al mantenimento di adeguate condizioni di viabilità per strade costituenti accesso e corrispondenti vie di fuga di strutture recettive alberghiere come l'Hotel Rigopiano».
Per tutti questi motivi, scrivono ancora i magistrati, gli indagati non avrebbero impedito ma morte di 29 persone presenti nell'hotel, di cui 18 ospiti e 11 dipendenti, nonché provocato lesioni personali ad almeno otto ospiti e un altro dipendente. Il teorema accusatorio della procura è piuttosto chiaro e circoscritto, almeno per il momento, a tutte quelle figure istituzionali che avrebbero, ognuno per quanto di competenza, dovuto provvedere ad attuare tutto quanto previsto dalle norme in relazione alla struttura alberghiera e soprattutto alla viabilità delle strade di collegamento con l'albergo, per prevenire ogni possibile evento dannoso.
PASSAGGI Significativo è il passaggio dell'accusa che cita la mancanza di «vie di fuga» dall'albergo. Sono rimasti tutti intrappolati e destinati a morire in quella splendida struttura perché l'unica via di accesso era bloccata e inaccessibile a qualsiasi mezzo in quanto chi era deputato a mantenerla sgombra, non avrebbe fatto nulla per farlo, neppure quando il giorno prima il panico per le condizioni meteo aveva invaso molti ospiti che volevano andare via dall'hotel. Non solo, ma nessuno si sarebbe preoccupato di monitorare una possibile valanga vista anche l'assurda posizione del resort, posto alla fine di quel canalone dove la valanga acquistò una micidiale velocità prima di abbattersi sulla struttura e spazzarla via. Manca al momento, visto che si parla soltanto del primo troncone di indagini, la parte che riguarda i ritardi nei soccorsi, e dunque tutto ciò che accadde in Prefettura e che ha fatto inorridire tutta Italia con quella telefonata tra chi riferiva della tragedia e la funzionaria che affermava che la «mamma degli imbecilli è sempre incinta». Mentre invece la procura prosegue le indagini per quanto riguarda l'adozione e l'attuazione dei piani neve, questione sollecitata dalla memoria presentata a suo tempo dall'avvocato di una delle vittime.