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Data: 28/04/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Alitalia, il Pd studia un nuovo piano con garanzia pubblica. Le perdite aumentano, patrimonio sotto zero

ROMA «Prendendo un po' di tempo le condizioni per una soluzione ci sono tutte. Alitalia si può salvare». Matteo Renzi, che non vuole andare alle elezioni con il fallimento della compagnia aerea e il licenziamento di migliaia di lavoratori sulle spalle, comincia a delineare la proposta che entro il 15 maggio farà al governo. E offre anche un modello per la soluzione: «L'operazione Meridiana sembrava impossibile, non è stato facile e i dipendenti hanno perso qualcosa, ma ora Qatar Airways ha risolto la questione e la compagnia ha una prospettiva. Senza buttare soldi pubblici».
Si tratta ancora di una suggestione o poco più. Ma il presidente del Pd Matteo Orfini, che ha in mano il dossier, offre qualche dettaglio. La premessa: «Stiamo studiando tutte le ipotesi per scongiurare la liquidazione della compagnia aerea che produrrebbe gravi sofferenze sociali e un oggettivo indebolimento del Paese e della sua capacità competitiva». La sostanza: «Tra le varie soluzioni esplorate c'è una sinergia tra pubblico e privato. Stiamo cercando di capire se ci può essere una garanzia pubblica per un nuovo piano industriale. Ciò non vuol dire mettere in Alitalia soldi dei contribuenti, ma costruire un nuovo progetto industriale in cui il pubblico possa essere rappresentato per rassicurare eventuali investitori o partner industriali». Come? Garantendo probabilmente un cuscinetto finanziario che protegga gli eventuali nuovi soci industriali dal default, così come previsto dal contingent equity del precedente piano tramite l'intervento di Invitalia.
Che questa sia l'ipotesi esplorata da Renzi - nonostante la necessità di dover affrontare una difficile trattativa con Bruxelles e la contrarietà del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan - è confermato da Graziano Delrio: «Chiunque fosse disponibile a scommettere su Alitalia va aiutato, che siano fondi d'investimento o altri vettori aerei», dichiara il ministro dei Trasporti, «l'importante è non svendere, ma mantenere il patrimonio di Alitalia intatto».
Delrio, in contatto con Renzi, esclude «lo spezzatino» della compagnia aerea e afferma che lavora e continuerà a lavorare «per scongiurare la liquidazione, in modo da evitare sofferenze ai lavoratori e all'economia italiana». Allo stesso tempo, il ministro sembra escludere un intervento della Cassa depositi e prestiti: «Le sue valutazioni non mi pare siano positive». E soprattutto boccia l'ipotesi di un intervento di Ferrovie: «Quello del trasporto aereo è un mercato altamente competitivo, e per questo non bisogna trascinarci dentro aziende pubbliche che non hanno lo stesso core business. Ferrovie investe 6 miliardi nel nostro Paese e non dobbiamo distoglierla e trascinarla in un settore che non è il suo».

IL RUOLO DI MEDIAZIONE La strada, insomma, è stretta e impervia. Renzi però, che non intende andare alle elezioni con 20 mila dipendenti di Alitalia e dell'indotto a spasso, proverà a renderla più agevole. «Se domenica verrà eletto segretario», spiega il capo della comunicazione Michele Anzaldi, «Matteo si metterà a fare il mediatore. Incontrerà Gentiloni, Delrio, vedrà Gubitosi che dovrebbe essere il commissario dal governo. Spingerà affinché venga varato un nuovo piano industriale. Dobbiamo dare una nuova chance ai lavoratori, farli riflettere sul loro no innescato probabilmente da una comunicazione insufficiente...». Colpevoli: i sindacati. Quei sindacati che secondo lo sfidante alla segreteria, Andrea Orlando, «sono stati delegittimati» proprio da Renzi, «rendendo la vertenza ancora più difficile». Eppure, proprio i sindacati sono i primi a far sapere di essere pronti a sedersi al tavolo per il salvataggio di Alitalia. E sperano che l'ottimismo del nemico Renzi sia contagioso: «Ci sono aziende che sembrano morte e decotte, decrepite che poi ripartono. Vedi la Fiat, tanto di cappello a Marchionne, o Ferrovie che è un modello di eccellenza. Proviamo a fare lo stesso con Alitalia, di cui quand'ero al governo non mi sono mai occupato...».


Le perdite aumentano, patrimonio sotto zero

ROMA Sos Alitalia. Il patrimonio netto è negativo, schiacciato dalle perdite e il codice civile non dà scampo mettendo con le spalle al muro la politica che pure si dà da fare per un ipotetico rilancio industriale. Ecco perchè l'amministrazione straordinaria è un percorso obbligato e, a breve, la Ue dovrebbe spianare la strada autorizzando il prestito-ponte da 400 milioni, come ha ribadito nella serata di ieri il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda. La soluzione è la legge Marzano non essendo disponibile un piano di ricapitalizzazione, alternativo alla liquidazione immediata, come prescrive il codice in questi casi in cui il capitale scende sotto il minimo, facendo scattare i diktat dell'art 2447.

IL BOARD DI CAI Ieri in tarda mattinata il cda di Alitalia Sai - tutti i consiglieri in call - ha deliberato un adempimento formale accertando la situazione patrimoniale a oggi: il patrimonio netto sarebbe sotto zero di 5-6 milioni, mangiato dalle perdite e facendo sussistere quindi una delle condizioni di insolvenza, presupposto per presentare l'istanza di accesso alla legge Marzano dopo il via libera dell'assemblea dei soci. Che si è riunita ieri presso lo studio romano Nctm ed è stata lasciata aperta fino a martedì 2 maggio: il socio di maggioranza Alitalia Cai, il veicolo dei soci italiani, che aveva riunito il consiglio subito prima, ha deciso di votare a favore del paracadute aperto dalla Marzano bis: l'istanza al Mise e al Tribunale verrà presentata sempre martedì 2. Secondo le ultime verifiche legali degli studi legali Lombardi Segni e associati, Chiomenti, non sarebbe necessario emendare la Marzano bis, come appariva in un primo tempo a proposito del riferimento al servizio pubblico. Il governo ha pronto un decreto che prevederà il prestito-ponte necessario per assicurare la liquidità ad Alitalia nei sei mesi di gestione straordinaria che presto dovrebbe avere il via libera della Ue. Mercoledì 3 dovrebbe essere nominato un solo commissario: sembra sia Enrico Laghi, professionista romano, consulente del Mise. In alternativa i commissari potrebbero essere in tutto tre, mentre sarebbe stata scartata l'ipotesi a due che avrebbe richiesto un adeguamento della norma.
Nel frattempo i voli e i servizi di Alitalia si svolgeranno come previsto e senza alcuna modifica. «I biglietti già acquistati sono quindi pienamente utilizzabili - dice una nota - sul sito web e tutti i canali di vendita della Compagnia sono disponibili e prenotabili tutti i voli futuri. I frequent flyer Alitalia possono continuare ad accumulare e spendere, come di consueto, le miglia per i voli e i servizi». La gestione del commissario dovrebbe assicurare l'operatività. D'altro canto piani concreti di rilancio in bonis non ce ne sono e i margini sono ristretti perchè le norme non danno spazio alla politica. Pier Carlo Padoan ha escluso che il governo finanzi piani alternativi. Non solo. «Non esiste un piano B portato avanti da Intesa Sanpaolo e non compete a noi farlo. Noi siamo una banca, un'azienda che si occupa di credito e non di aeromobili», ha tagliato corto ieri, a latere dell'assemblea di Intesa Sp, il ceo Carlo Messina. Eppure qualche giorno fa Banca Imi, investment bank del gruppo, avrebbe valutato la possibilità di rivedere il piano bocciato dal referendum dei dipendenti, ritoccando i sacrifici sugli stipendi e confidando su un sostegno degli altri attori, a partire dalle banche a fronte della cintura di sicurezza del contingent equity da 5-600 milioni di Invitalia e Etihad: si pensava di tirare dentro Lufthansa. Ma Unicredit, l'altro istituto coinvolto nella manovra (abortita con il no al referendum) da 2 miliardi (900 milioni di nuova finanza), si sarebbe subito sfilato difronte alla presa di posizione della maggioranza dei dipendenti indisponibile ai sacrifici. Le banche comunque finora hanno sopportato un peso enorme, 1,9 miliardi circa negli ultimi nove anni. L'esposizione attuale di Intesa Sanpaolo con Alitalia è complessivamente di 259 milioni, di cui 185 di cassa, a cui si devono aggiungere 74 di fair value di derivati, come ha precisato ieri il presidente Gian Maria Gros-Pietro rispondendo a una domanda dei soci all'assemblea.

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