ROMA Da compagnia sexy e a cinque stelle, almeno nelle intenzioni di Etihad, ad azienda sull'orlo del fallimento in mano allo Stato che la tiene in vita con un prestito da 600 milioni. Riunione lampo a Palazzo Chigi per nominare i tre commissari di Alitalia e avviare l'amministrazione straordinaria richiesta dal cda della compagnia. A ripulire i conti, rinegoziare i contratti e cercare nuovi soci ci penseranno da oggi Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari. A loro - ha spiegato il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda - è stato affidato un ampio mandato per ristrutturare e poi vendere. Lo dovranno fare, nelle intenzione del governo, in 6 mesi, ma ce ne vorranno molti di più. Cercando gli acquirenti migliori, garantendo la continuità di tutti i voli e, sfida ardua, facendo spendere il meno possibile allo Stato.
LE LINEE GUIDA I tre potranno contare su un finanziamento ponte del Tesoro da 600 milioni (100 più del previsto) che servirà a coprire i costi di gestione per pagare gli stipendi e tenere in volo gli aerei. Un prestito a condizioni di mercato - ha aggiunto Calenda - che dovrà essere restituito è che non è l'anticamera della nazionalizzazione. Del resto - ha spiegato il ministro - mettere a terra tutti gli aerei, l'alternativa al prestito, sarebbe costata molto di più. Insomma, l'esecutivo è stato coerente prima e dopo il no al referendum.
La sfida, oltre a difendere lavoratori e viaggiatori, è anche quella di chiudere l'operazione di salvataggio in poco tempo, evitando da un lato la fuga dei passeggeri e il tracollo delle prenotazioni (sono oltre 4,9 milioni quelle in piedi), dall'altro la melina dei possibili acquirenti che, sapendo bene le condizioni di difficoltà dell'azienda, non spingeranno di certo per accelerare. In vetrina ci sono rotte, aerei e personale per i quali da domani, almeno in linea teorica, i commissari potranno cominciare a raccogliere le manifestazioni d'interesse. Nella realtà i commissari andranno con i piedi di piombo prima di cedere asset, vagliando tutte le ipotesi percorribili. A cominciare dagli eventuali nuovi partner industriali. E se da un lato Delrio ha detto che bisogna trovare nuovi soci in grado di colmare «le debolezze del passato», dall'altro sia Palazzo Chigi che Gubitosi non escludono che Etihad, magari insieme ad Intesa, possa tornare in pista, ovviamente dopo una sostanziosa stretta ai costi. Alla finestra ci sono, come noto, sia Lufthansa che le low cost e anche le maggiori compagnie americane, pronte a contendersi i pochi pezzi pregiati rimasti. Ieri, dopo due anni e 4 mesi dal suo decollo, è finita quindi l'era di Alitalia targata Etihad, ed è iniziata quella dei commissari. I quali, come auspicato da Delrio, dovranno mettere a punto un piano credibile che possa consentire alla compagnia di avere uno spazio vitale, a prescindere «dalla presenza delle low cost». «Siamo convinti - ha aggiunto Delrio - che il mercato potrà trovare investitori interessati ad uno storico brand e lo Stato farà la sua parte». Come accennato, il cda di Alitalia ha preso atto della «grave situazione economica, patrimoniale e finanziaria» della società, del venir meno del supporto dei soci e dell'impraticabilità in tempi brevi di soluzioni alternative, e ha scelto all'unanimità di presentare l'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria. In serata Padoan ha ribadito che Alitalia è una «società privata, non pubblica e che se c'è una soluzione è una soluzione di mercato».
Nuovo piano: alleanza tra pubblico e privato
ROMA Raccontano che Matteo Renzi avrebbe «già aperto un canale diretto» per scongiurare il fallimento di Alitalia e dare alla compagnia aerea «un nuovo futuro». C'è addirittura chi riferisce che il segretario del Pd, appena risorto dai gazebo delle primarie, sia vicino all'individuazione del nuovo partner industriale «e non è poi così lontano dal traguardo». Di certo, Renzi, resta convinto che «Alitalia si possa e si debba salvare». E fa trapelare questa convinzione nel giorno in cui il governo nomina i tre commissari Luigi Gubitosi, Stefano Paleari ed Enrico Laghi. Gli ultimi due ben conosciuti dal segretario dem: il primo lo nominò all'Expo, il secondo all'Ilva di Taranto. E con Gubitosi, il leader dem, ha già avuto un abboccamento nei giorni scorsi.
Renzi, che ha deciso di «lavorare in sintonia» con il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, si è dato fino al 15 maggio per presentare la sua proposta. Termine che scade nel giorno indicato dal governo per attivare i «meccanismi per la manifestazione d'interesse». E da quel che filtra dal Nazareno, l'idea è quella di puntare sul varo di una partnership pubblico-privato. «Ma solo dopo la pulizia dei conti, soltanto dopo aver compiuto la ristrutturazione della compagnia e il varo di un nuovo piano industriale davvero credibile». Spiegazione: «La normativa europea vieta gli aiuti di Stato».
LA RICERCA DEL PARTNER «Stiamo lavorando per cercare una nuova compagnia aerea come partner industriale e anche all'ipotesi di tenere dentro Etihad insieme a Unicredit e Banca Intesa», spiega una fonte di rango che ha in mano il dossier, «ma dagli emiratini riceviamo segnali contraddittori. Da un lato dicono: Abbiamo già dato, basta così. Dall'altra affermano: Se arriva un piano di rilancio serio e fondato restiamo. Ebbene, si tratta di capire se con un elemento di garanzia pubblica, con l'ingresso nel capitale di Alitalia in una quota di minoranza di una società come Invitalia o Ferrovie si convincerà un partner industriale ad entrare. Del resto anche dentro Air France c'è una quota pubblica». Esclusa invece l'ipotesi di un ingresso di Cassa depositi e prestiti: «Per statuto la Cdp non può entrare in una società in perdita». Aggirato il niet del ministro dei Trasporti Graziano Delrio a coinvolgere Ferrovie: «Il matrimonio tra aerei e treni sarebbe perfetto. A Graziano riusciremo a far cambiare idea. Anche se pure Poste potrebbe andare bene, visto che ha una compagnia aerea, la Mistral Air...».
Al Nazareno sono convinti che la presenza nel capitale di una azienda pubblica potrebbe spingere «i lavoratori a sostenere il nuovo piano industriale». «Che non sarà per forza meno duro di quello bocciato qualche giorno fa. Ma darebbe più serenità e garanzie ai dipendenti che, ne abbiamo incontrati parecchi, ci hanno detto di aver respinto il precedente piano perché temevano che dopo uno o due anni qualcuno sarebbe tornato a chiedergli altri sacrifici. Ecco, questo con l'ingresso del pubblico in Alitalia non accadrebbe, anche perché l'operazione avrebbe respiro più ampio e più stabile».
C'è da dire che Etihad, con l'amministratore delegato James Hogan, non esclude di restare. E che Paolo Gentiloni si affretta a chiarire, anche perché l'eventuale intervento di un'azienda pubblica sarebbe nel ruolo di socio di minoranza, che non è in vista alcuna «ri-nazionalizzazione»: «L'abbiamo escluso e lo escludiamo».
LA RIUNIONE DEL GOVERNO Ma proprio il premier, in Consiglio dei ministri, ha dispensato ottimismo: «E' vero, la situazione di Alitalia è complessa e complicata. Ma non dobbiamo drammatizzare anche per scongiurare effetti negativi sul turismo. La situazione va avanti da molto tempo, una soluzione si troverà». Un invito rilanciato dal ministro della Salute, la romana Beatrice Lorenzin: «Il prestito ponte da 600 milioni è un atto dovuto per dare altri sei mesi di vita alla compagnia. Ma entro questo termine va trovato un compratore, non si possono mandare a casa quasi 20 mila lavoratori. Nel frattempo è assolutamente indispensabile cambiare la linea di comunicazione: se non si abbassa il livello di allarme sul destino di Alitalia chi si compra i biglietti?». Domanda che è rimasta inevasa.