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Data: 05/05/2017
Testata giornalistica: AbruzzoWeb
La Corte Costituzionale boccia bilancio regionale 2013, si accende la polemica

L'AQUILA - Si appesantisce il fardello del debito strutturale sul groppone della popolazione abruzzese, che oramai supera la soglia dei 770 milioni di euro per le voragini aperte in decenni di spese senza copertura certa.

L’ennesima tegola è arrivata con la sentenza della Corte costituzionale del 27 aprile scorso, che sta incendiando il dibattito politico e lo scaricabarile a palazzo dell’Emiciclo.

I giudici delle leggi danno ragione alla Corte dei Conti, che ha sollevato il quesito di legittimità, dichiarando incostituzionali alcuni articoli della legge finanziaria del 2013, approvata dal centrodestra di Gianni Chiodi.

E questo perché, semplificando, sono state effettuate spese senza copertura certa per un ammontare di 61 milioni di euro e sono state eseguite scorrette contabilizzazioni relative all’anticipazione di liquidità, da 174 milioni, fatta dallo Stato per consentire alla Regione allora commissariata, per ripianare parte del debito sanitario.

“Un'irrituale riprogrammazione - scrive la Corte relativamente ai 61 milioni - che viene concretamente a collidere con il principio di equilibrio del bilancio, incrementando indebitamente la spesa e, conseguentemente, i preesistenti squilibri”.

Spese finanziate mediante “l’applicazione di avanzo presunto, che, per giurisprudenza consolidata, costituisce entità giuridicamente e contabilmente inesistente”.

Di conseguenza, la Corte Costituzionale ha bocciato il rendiconto del 2013, ovvero l’accertamento di quanto incassato e speso dall’ente, ovvero gli effettivi debiti e crediti passati, eseguito solo pochi mesi fa dal governo di centrosinistra, in attesa che si recuperi il tempo perduto completando, sotto l’occhiuto controllo della Corte dei conti regionale, il riaccertamento per le annualità 2014, 2015 e 2016. Con il rischio concreto che il debito aumenti ancor di più perché appunto non si è tenuto conto di questo ulteriore ammanco.

Puntuale si è scatenata la polemica politica, con il consigliere Mauro Febbo di Forza Italia che evidenzia come l’attuale amministrazione non sia stata capace di parificare i conti per l’annualità 2013. A stretto giro replica sbottando l’assessore al Bilancio Silvio Paolucci. “Proprio lui parla! - l'accusa di rimando a Febbo - La Corte costituzionale ha stroncato la loro legge di bilancio, quando Febbo era assessore!”. Assicura poi che l’ulteriore ammanco da 61 milioni è stato in realtà già previsto nel disavanzo, arrivato alla bella cifra di 770 milioni, e che si proseguirà a ripianare a rate nei prossimi anni, stringendo la cinghia. Quella degli abruzzesi, ovviamente.

Il Movimento 5 stelle non si fa sfuggire l’occasione, con il capogruppo Riccardo Mercante, di lanciare strali contro “l’incapacità amministrativa sia del centrodestra che del centrosinistra negli ultimi anni, che ora sarà pagata cara dai cittadini”.

LA SENTENZA
Entrando più nel dettaglio della sentenza, estremamente tecnica, a essere giudicati incostituzionali sono alcuni articoli della legge regionale 10 gennaio 2013, numero 2, ovvero la legge finanziaria regionale 2013.

La prima illegittimità è relativa alla riprogrammazione di avanzi di bilancio per un importo di 61 milioni, che sono però solo “presunti”, cioè non accertati con un precedente rendiconto, visto che appunto il rendiconto è stato fatto solo a fine 2016 dalla nuova amministrazione.

Risorse utilizzate ai tempi per una lunga serie di impegni di spesa, tra cui vanno ricordate le borse di studio a favore degli studenti universitari, i contributi regionali all'Associazione regionale allevatori d'Abruzzo per il ripiano delle perdite degli anni precedenti del Consorzio Mario Negri Sud, per gli stipendi arretrati dei lavoratori del centro di formazione regionale Ciapi, e ancora per il restauro della Chiesa Santa Maria del Colle di Pescocostanzo, per la salvaguardia e valorizzazione dell'Area marina protetta "Torre del Cerrano", per il premio "Ennio Flaiano" e altre manifestazioni, per il sostegno alle piccole imprese di esercizio cinematografico, per il trasporto pubblico locale, per interventi in materia di viabilità e altro ancora.

Spese che la Regione, si scopre ora, non poteva permettersi in quanto, ripete più volte e con varie formule la Consulta, la riprogrammazione è stata finanziata “mediante applicazione di un avanzo presunto, posta che, per giurisprudenza consolidata, costituisce entità giuridicamente e contabilmente inesistente, sicché nessuna spesa può essere accesa in poste di bilancio correlate a un avanzo presunto, se non quella finanziata da fondi vincolati e regolarmente stanziati nell’esercizio precedente”.

Ora che la Corte ha dichiarato illegittime quelle spese, in teoria, ma molto in teoria, la Regione dovrebbe richiedere indietro dopo anni i soldi, con tanto di scuse, ai vari beneficiari. Tipo ai lavoratori del Ciapi, che non prendono lo stipendi da svariati mesi.

Molto più probabile che scatti il principio giuridico del “rapporto esaurito”, ovvero del chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto.

La Regione ha comunque l’obbligo di riconoscere questo ulteriore ammanco, nel calderone del debito, in sede di rendiconto. E provvedere a trovare le poste in bilancio per dare effettiva copertura.

Nel 2013 incalza poi la Corte Costituzionale, “alla Regione non sarebbero dovuti sfuggire i disavanzi acclarati negli esercizi 2009, 413,6 milioni di euro, 2010 (433,1 milioni di euro), 2011 (484,5 milioni di euro) e 2012 (454,96 milioni di euro). Detti disavanzi non sarebbero mai stati oggetto di manovre di recupero mediante iscrizione nei bilanci degli esercizi successivi”.

C’è poi un'illegittimità di natura molto più tecnica, relativa all’utilizzo di 174 milioni prestati dallo Stato per pagare i debiti della sanità, in particolare per saldare almeno in parte i tanti fornitori in attesa delle loro spettanze.

Una posta trattata dalla Regione Abruzzo, ma anche da altre Regioni, come il Piemonte, in modo ritenuto non corretto dal punto di vista contabile.

Anche questa anticipazione andrà restituita, come del resto sta avvenendo. La voce di bilancio, impone la Corte costituzionale, va solo riclassificata in modo corretto dal punto di vista formale e contabile.

La Regione, ricorda la stessa Corte, con memoria depositata il 6 giugno 2016 si è costituita a difesa dell’operato fatto dalla precedente amministrazione nel 2013, e ha “illustrato il contesto generale da cui è scaturita l’odierna questione. In conclusione, il complesso percorso di riordino dei conti avviato dalla Regione Abruzzo a partire dal 2006, anche in relazione alla definizione e all’attuazione del Piano di rientro dai debiti sanitari pregressi, avrebbe comportato la necessità di procedere all’utilizzo delle risorse vincolate pregresse per adempiere a obblighi ineludibili già facenti capo alla medesima Regione. Ciò, unitamente alle drastiche politiche di riduzione della spesa e dell’indebitamento, avrebbe consentito alla Regione di pervenire progressivamente al ripristino dell’equilibrio del bilancio, con il bilancio di previsione 2015, nonostante gli ingenti tagli di trasferimenti di risorse da parte dello Stato a partire dal 2010”.

“Nel corso dell’udienza - si legge ancora nella sentenza - la difesa regionale ha sostenuto che non vi sarebbe un disavanzo di amministrazione precedente, poiché i residui attivi e passivi da sommare alle risultanze di cassa finirebbero per dare al risultato di amministrazione un segno positivo”.

Ma la Corte costituzionale non è stata affatto convinta da queste giustificazioni.

LE POLEMICHE
Questi i fatti, a seguire le polemiche. Febbo evidenzia che l’attuale governo regionale nel riaccertamento contabile “non è stato capace di dare risposte che la Corte dei conti aveva richiesto, e questo peraltro contrasta con quanto ci erano venuti a raccontare in commissione Bilancio l'ex direttore Ebron D'Aristotele, dimessosi e sostituito da Fabrizio Bernardini, e l'ex dirigente Rosaria Ciancaione. La sentenza è la certificazione del caos che regna sovrana, in un settore di primissimo livello come il bilancio. Nei fatti casse regionali a zero, manovre di cassa "illegittime" e rendiconti e residui che non si approvano”.

Affermazioni liquidate da Paolucci, come “volgari strumentalizzazioni”, visto che "la Corte costituzionale, pare evidente, ha stroncato il bilancio previsione del 2013 quando a governare era il centrodestra, e Febbo era in Giunta regionale”.

E rivela che non c’è nessuna novità sotto al sole, “visto che di questo problema ne abbiamo con la corte dei conti, che ha sollevato il rilievo di incostituzionalità, e infatti abbiamo già aumentato il disavanzo a oltre 770 milioni, tenendo conto dei 61 nmilioni, e abbiamo messo a bilancio le risorse necessarie, 50 milioni per quest’anno per proseguire nel piano di ripianamento dei debiti, già avviato l’anno scorso”.

Paolucci poi assicura che “prima dell’estate completeremo il riaccertamento contabile del 2014 e 2015, e dopo l’estate affronteremo quello del 2016, mettendoci finalmente in regola, recuperando il tempo perduto, non da noi ma da chi ci ha preceduto”.

Infine il Cinque stelle che, con Mercante, evidenzia che “la Corte Costituzionale ha sancito definitivamente l’incapacità amministrativa ed una gestione, a dir poco, approssimativa da parte dei precedenti governi di centrodestra e di centrosinistra. La verità oggi - prosegue Mercante - è che è assolutamente impossibile sapere quali siano le reali condizioni delle casse regionali e che potremmo, di conseguenza, trovarci di fronte alla amara sorpresa di una situazione economica ancora più grave di quella che, attualmente, è possibile presumere".

"Questo è il triste risultato cui ci hanno portato anni ed anni di gestioni scellerate da parte dei governi di centro-destra e di centro-sinistra e di cui, ancora una volta, saranno costretti a pagarne le conseguenze i cittadini abruzzesi”, conclude.

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