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Data: 08/05/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Anche la web tax dentro la manovra, il governo accelera

ROMA Una norma transitoria per tassare le multinazionali del web che fanno affari in Italia in attesa che l'Europa si muova per regolamentare un settore che, al momento, è completamente privo di regole. Il governo accarezza l'ipotesi di inserire la web tax nella manovrina di correzione dei conti pubblici all'esame del Parlamento.«Ci stiamo ragionando, l'auspicio è quello di fare in tempo ad inserire una norma ad hoc nel decreto» spiegano fonti del Tesoro riconoscendo che il tema, soprattutto dopo i casi Google ed Apple, che hanno chiuso il contenzioso con il fisco italiano (mentre Amazon è sotto indagine per presunta evasione fiscale relativa al quinquennio terminato nel 2014 per un giro di affari da 2,5 miliardi di euro) accettando una transazione sulle imposte non versate negli ultimi anni, è sempre più attuale. Nelle prossime settimane il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, presenterà un emendamento sul quale potrebbe confluire il parere favorevole di Palazzo Chigi. «Il caso Google spiega Boccia può avvicinarci una volta per tutte ad una norma transitoria che stimoli l'interlocuzione preventiva tra amministrazione finanziaria e contribuente, nell'ipotesi in cui ci si ritrovi di fronte a gruppi multinazionali operanti su web con ricavi consolidati di miliardi di euro, attraverso attività economiche in Italia che, di fatto, hanno una stabile organizzazione sul territorio italiano».

LA VIA DELL'ACCORDO Come funzionerebbe la web tax? In pratica l'Italia proporrebbe alle aziende una opzione volontaria e non obbligatoria: accetta di essere riconosciuta come una web company dotata di struttura organizzativa stabile nel nostro Paese anche se non hai sedi fisiche e dipendenti fissi sul territorio. E dunque esce dall'ambiguità che ha attirato le inchieste della Guardia di Finanza e della Procura di Milano cominciando a versare regolarmente non solo l'Iva sulle transazioni, ma anche le tasse sui profitti. Vale a dire l'Ires. Ovviamente la norma lascerebbe libere le multinazionali di rifiutare l'accordo. Ma a quel punto, per dirla con le parole di chi sta lavorando sul dossier, «chi si tira indietro si espone al rischio, come si è visto concretamente, di attirare su di sé indagini ed accertamenti con effetti imprevedibili». Sul tema comunque le proposte in campo sono varie: c'è anche quella del leader di Scelta Civica ed ex sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti.
Secondo alcuni calcoli, la web tax, a regime, potrebbe produrre un gettito di 5 miliardi di euro, considerato che la base imponibile aggirata in Italia dalle multinazionali viaggia intorno a 31 miliardi di euro. «Con una norma transitoria spiega ancora Boccia, autore della prima web tax approvata in Italia dal Parlamento nel 2013 e poi bloccata per l'opposizione di molte forze politiche -in attesa delle decisioni europee che appaiono sempre più incerte , si potrebbe assicurare gettito fiscale ordinario. Anche per questo motivo condivido la decisione del ministro dell'Economia Padoan di portare il tema web tax al tavolo del G7 dei ministri finanziari che si terrà questa settimana a Bari». Parole che appaiono in sintonia con quanto affermato nei giorni scorsi dal ministro. «Le posizioni dei Paesi G7 sono diverse e c'è il riconoscimento che il tema debba essere affrontato ha spiegato Padoan l'Italia farà di tutto perché ci siano passi avanti».


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