ROMA Rompe il fronte sindacale Anna Maria Furlan, ammettendo che il referendum sul destino di Alitalia è stato un grave errore strategico, così come lo era stato quello per Almaviva. Entrambi hanno avuto conseguenze dirompenti: per l'azienda dei call center la perdita immediata di posti di lavoro; per l'ex compagnia di bandiera l'avvio dell'amministrazione straordinaria, con tutte le drammatiche incognite ad essa legate. La leader della Cisl ha ieri preso le distanze da Cgil e Uil che, nonostante lo schiaffo ricevuto dai dipendenti con il «No» al pre-accordo, hanno evitato il mea culpa. Anzi. Sia Carmelo Barbagallo che Susanna Camusso, pur se non convinti, curiosamente continuano a difendere la scelta referendaria nonostante abbiano di fatto subito un esproprio della funzione storica di mediazione.
Eppure quell'accordo, faticosamente raggiunto dopo una lunga trattativa, aveva ridotto gli esuberi a quota 980 e assicurato, almeno in teoria, una prospettiva ad Alitalia. Adesso, e i sindacati lo sanno bene, non è infatti certo che i tre commissari guidati da Luigi Gubitosi riescano a portare a casa una soluzione migliore, visto che Lufthansa, solo per aprire il dossier, ha chiesto una sforbiciata di almeno 5 mila dipendenti e che anche Ryanair non è disposta ad accollarsi gli attuali costi del personale.
LA SCELTA «Il referendum - ha detto la Furlan - è stata una sconfitta per il mondo del lavoro, hanno prevalso la rabbia ma anche messaggi sbagliati di chi si sentiva di garantire erroneamente a questi lavoratori l'impossibile e cioè la nazionalizzazione e il risultato è stato il commissariamento. Oggi bisogna andare oltre». In verità i sindacati, senza distinzioni tra autonomi e confederali, hanno sperato fino all'ultimo in un intervento salvifico dello Stato. Intervento (anche se solo parziale) che potrebbe ancora arrivare in extremis visto che Matteo Renzi sta meditando su un Piano B di rilancio che, almeno nelle intenzioni, si vorrebbe sottoporre al vaglio dei lavoratori per un imprimatur definitivo. Difficile prevedere se ciò accadrà, di certo al Pd stanno lavorando al dossier che prevede anche il coinvolgimento delle Fs, nonostante le forti resistenze del gruppo.
La Furlan è però contraria a una nuova consultazione che metterebbe ancora più ai margini il sindacato. «Quando il referendum - aggiunge - non è sulla valutazione di un contratto nazionale o integrativo o sull'organizzazione del lavoro ma sull'esistenza dell'impresa, qualche riflessione su come gestire la democrazia e la partecipazione sindacale la dovremmo fare». Il che significa che il referendum non deve decidere sul futuro aziendale; va perciò ripensato, limitandolo a un argomento ben definito. Peccato, osservano dalla Cgil e dalla Uil, che sia la Fit-Cisl sia la casa madre cislina abbiano anch'esse sponsorizzato la consultazione, senza mai criticarla.
Il limite della discussione che finora c'è stata nel Paese - aggiunge la segretaria della Cisl - è che una questione industriale come il futuro di Alitalia sia diventata invece fonte di polemica e di confronto tra i partiti, dentro i partiti dove a gridare di più sono i populisti senza visione, ma anche nel sindacato. Sembra quasi una conversione. E forse è il solo modo per salvare Alitalia.