«Qui c'è uno scontro tra un sistema di potere e i cittadini. Tra gli interessi, gli affari e gli appalti e il popolo». Il tintinnio delle tazzine del bar Nurzia fa da sottofondo all'improvvisato mini comizio di Matteo Salvini, in t-shirt nonostante la pioggia e il tempo inclemente, arrivato in città a sostegno della candidatura di Pierluigi Biondi. Il leader nazionale della Lega (che qui si chiama Noi con Salvini) come di consueto privilegia la full immersion tra la gente rispetto ai formalismi della campagna elettorale. E così si presta senza soluzione di continuità a foto e selfie (anche con i venditori ambulanti in piazza), accompagnato dallo stesso Biondi, dal senatore Paolo Arrigoni, dagli esponenti locali Emanuele, Imprudente, Luigi D'Eramo e Daniele Ferella, oltre che da candidati e oltre duecento simpatizzanti. Salvini insiste sui temi cari alla sua politica: «L'Aquila, come Milano, è una società aperta e accogliente, ma in un momento di crisi se ho una sola casa la do a un cittadino italiano. Bisogna rimettere gli aquilani al centro». Critico il giudizio sulla ricostruzione: «Passi in avanti se ne fanno in centro, ma le frazioni sono dimenticate, è tutto dannatamente fermo. L'intervento pubblico, penso alle scuole, è lontano e insufficiente. Le imprese? Sono per il chilometro zero: all'Aquila è giusto che lavorino le imprese aquilane. Il futuro del Progetto Case? Lo sceglierà Biondi, ma il prima agli italiani vale per tutto, anche per le case. Non è possibile che il Pd si occupi del diritto dei migranti ad avere casa e lavoro e ci siano aquilani fuori dalla casa e dal negozio da anni. Biondi lavorerà su questo 24 ore su 24». Elogi al passo indietro di Luigi D'Eramo a favore di Biondi: «Ringrazio la squadra con cui abbiamo ragionato. E' una scelta di amore per la città, un passo in avanti e non indietro. Ciò che è costato verrà ripagato l'11 giugno. Ritenetemi arruolato per il ballottaggio: nel campo avverso pensavano di aver già chiuso la partita e invece all'Aquila, come in altri parti, si possa segnare una vittoria politica che ci porterà in autunno a mandare a casa Renzi, Gentiloni, Boschi. E anche la Pezzopane».
Più tardi, all'interno del comitato, l'affondo finale: «C'è una città da liberare. Il Pd ritiene che L'Aquila sia roba sua. E' inammissibile che la maggioranza delle aziende impegnate qui arrivi dal Nord. Ognuno deve lavorare per ricostruire il proprio territorio. Ad oggi un aquilano su tre non andrà a votare: è qui che si gioca la partita con poche promesse e tanto impegno». Biondi, dal canto suo, dice che «la città si è riempita di disperati in cerca della residenza per avere un alloggio» e che «i progetti Case di frontiera sono già ora ghetti in cui la gente ha paura di rientrare. E' il momento di dare sfogo democratico al sentimento di ribellione».