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Data: 26/05/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tornano i voucher. Mdp minaccia la crisi di governo. Assist di Gentiloni: «Avanti, al Senato abbiamo i numeri»

ROMA Voucher ad alta tensione: la controversia sui nuovi strumenti per il lavoro occasionale, in sostituzione dei buoni cancellati dal governo per evitare il referendum firmato Cgil, torna a far parlare di crisi di governo. A minacciarla è Articolo 1-Mdp, il partito nato dalla scissione del Pd, che numeri alla mano risulta decisiva per la tenuta della maggioranza. Così l'esecutivo sceglie di tirarsi fuori dalla vicenda, facendo sapere con il ministro Poletti che non sottoscriverà l'atteso emendamento in materia. La questione è parlamentare e dunque la sintesi potrebbe essere affidata ad un testo firmato dal relatore.
Il Pd comunque con il capogruppo alla Camera Ettore Rosato aveva già spiegato la propria soluzione: possibilità di utilizzo di nuovi contratti semplificati per il lavoro occasione nelle micro-imprese, probabilmente fino a 5 dipendenti, con limitazioni anche sui compensi annui complessivi. Al di sopra della soglia resterà solo l'opzione del lavoro a chiamata. Per le famiglie che hanno bisogno di prestazioni domestiche occasionali o di ripetizioni scolastiche ci sarà invece un apposito libretto. Un assetto giudicato troppo minimalista da Ap, il partito di Alfano, ma che è bastato a Francesco Laforgia, capogruppo di Mpd, per dire che «la misura è colma» e che il suo partito è ormai «fuori dalla maggioranza».
GLI IMPIANTI
Così l'emendamento che non c'è, quello sui voucher, ha rubato la scena al corposo pacchetto di modifiche presentato nella tarda serata di mercoledì dal governo. Diverse le novità. Una riguarda il tema degli impianti sportivi: per gli stadi con capienza oltre cinquemila posti, da realizzare ex novo o da ristrutturare, ci sarà la possibilità di costruire alloggi destinati ad atleti o a dipendenti delle società sportive, per una superficie massima fino al 20 per cento di quella complessiva. Non si tratterà di vera e propria edilizia residenziale perché per questi alloggi la destinazione d'uso sarà assorbita da quella principale, ovvero sportiva: dunque non si saranno oneri di urbanizzazione. In generale gli immobili funzionali all'impianto sportivo dovranno sorgere in aree contigue ad esso.
LE RISORSE
In materia di scuola, nel decreto vengono inserite le risorse necessarie alla stabilizzazione di 15.100 insegnanti dell'organico di fatto, che diventerà quindi organico di diritto, nell'ambito di 52 mila assunzioni complessive nella scuola. Le risorse ammontano a 140 milioni per quest'anno e a 400 a partire dal 2018. L'intesa era stata annunciata giorni fa dai ministeri dell'Economia e dell'Istruzione. Alcune misure sono rivolte in particolare alle aree terremotate, a partire dall'incremento di 200 milioni delle risorse del Fondo di solidarietà. Come accade a volte nelle manovre di finanza pubblica, fa capolino anche una vicenda legata al passato, quella di Federconsorzi, il cui fallimento data agli inizi degli anni Novanta. Ora vengono stanziati 40 milioni per la ristrutturazione di quei debiti, cosa che ha scatenato molte proteste in Parlamento, ed in particolare quelle della Lega. Infine ieri la commissione ha dato il via libera ad un emendamento che era già stato presentato in precedenza dallo stesso esecutivo in materia di giochi: le attuali 400 mila slot machines dovranno essere ridotte del 34 per cento, dunque di circa 140 mila unità entro aprile 2018, in anticipo rispetto al calendario già fissato.

Assist di Gentiloni: «Avanti, al Senato abbiamo i numeri»


ROMA Paolo Gentiloni non è certamente felice dell'annuncio del partito di Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema. Non apprezza davvero la decisione di Articolo 1-Mdp di uscire dalla maggioranza cavalcando la battaglia anti-voucher. Ma il premier, alle prese con il vertice Nato di Bruxelles e con i preparativi del G7 che comincia oggi a Taormina, conti alla mano non teme la crisi. «In Senato i margini sono ampi, almeno dieci parlamentari di scarto, anche senza gli scissionisti», dice una fonte autorevole di palazzo Madama. Così Gentiloni al momento, resta alla finestra. Dichiara la sua neutralità: «È una questione che riguarda il Parlamento», ha fatto sapere per bocca del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Ma da palazzo Chigi filtra il sostegno alla mossa del Pd: «Non c'è alcuna reintroduzione dei voucher. Si tratta di una polemica immotivata. Il governo sostiene l'emendamento del Pd». Traduzione: nessun sospetto che Matteo Renzi stia cercando di spingere Articolo 1-Mdp ad aprire la crisi, per poi volare verso le elezioni d'autunno.
LO SCENARIO
Il segretario dem può dunque mostrare i muscoli senza troppe ansie. Senza rischiare di litigare con Gentiloni o con Sergio Mattarella: il capo dello Stato è stato chiaro, non vuole sentir parlare di crisi prima che venga varata una nuova legge elettorale. E Renzi, con il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, tiene il punto sull'emendamento alla manovrina: «Non lo ritiriamo, anche perché non stiamo proponendo di reintrodurre i voucher, ma una nuova forma di contratto per scongiurare il lavoro nero». E afferma Michele Anzaldi: «Gli scissionisti escono dalla maggioranza? Auguri, lo fanno nella speranza di attrarre il voto delle grandi organizzazioni sindacali. Ma gli italiani li giudicheranno».
Al Nazareno sono certi che la decisione di Articolo 1-Mdp sia dettata da questioni di sopravvivenza: «Hanno annusato qualcosa, tentano una manovra disperata per non morire di inedia e non scomparire. Ora che sono in maggioranza i sondaggi li danno bassissimi». Così al Nazareno c'è chi dice che l'uscita dalla maggioranza di Bersani e D'Alema, se confermata al Senato (alla Camera i numeri sono larghi) nasconda il tentativo di bloccare la trattativa tra Renzi e Silvio Berlusconi sulla legge elettorale: sistema tedesco e uno sbarramento al 5% che per Articolo 1-Mdp è troppo alto. Tanto alto da rischiare di lasciarli fuori dal prossimo Parlamento. Un sospetto cui da voce Roberto Giachetti, deputato dem amico di Gentiloni: «Mdp dice che esce dalla maggioranza. Gli stessi che tuonavano Gentiloni fino al 2018 sennò usciamo dal Pd. Non è che in verità lo fanno per impedire che si faccia una legge elettorale?». Ma c'è anche chi, tra i renziani e a palazzo Chigi, sospetta che Bersani e D'Alema non puntino alla crisi, consapevoli che il governo in Senato continuerà ad andare avanti, anche se con numeri più esegui e dunque più traballanti. Ma che, piuttosto, cerchino visibilità su una battaglia per loro di principio. E per distinguersi nettamente, a pochi mesi dalle elezioni, da un governo con «politiche moderate e centriste». E lo fanno annunciando al mondo la «colpevolezza» di Renzi. Afferma il coordinatore Roberto Speranza: «Tutta la colpa è del Pd, stanno compiendo una truffa, e se ne dovrà assumere la responsabilità. Non si possono reintrodurre i voucher cancellati per scongiurare il referendum».
In tutto questo, il Pd è tutt'altro che unito. Contro la mossa di Renzi si schiera il ministro della Giustizia, Andrea Orlando e la sinistra rimasta nel partito. Sia con Cesare Damiano, sia con Gianni Cuperlo: «Fermiamoci prima di andare a sbattere».

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