ROMA Resta alta la tensione sui voucher. Tanto alta che la commissione della Camera ha definito solo in tarda serata la formulazione di un testo definitivo in materia, segno che è stato difficile comporre gli attriti e le polemiche delle ultime ore: la mediazione tarda a farsi strada. Raccontano di un Matteo Renzi sorpreso dalle voci circolate sulle frizioni tra il Pd e il premier Paolo Gentiloni, «Paolo mi ha chiesto una mano dopo aver deciso di tirare dritto e il Pd ha lavorato in questa direzione», ha precisato il leader dem. Sullo sfondo, ma neanche tanto, torna a circolare l'ipotesi di voto anticipato a fine settembre, con la materia voucher a fare da detonatore.
I NODI
Che cosa è successo? È accaduto che le proposte sul lavoro occasionale avanzate in commissione Bilancio hanno provocato una serie di reazioni a catena che hanno portato sull'orlo della rottura. Le novità riguardano il libretto di famiglia, l'unico punto sul quale ci sarebbe intesa e che prevede l'utilizzo dei voucher solo in ambito di familiare; per il resto è scontro. Lo è sull'utilizzo per le aziende fino a cinque addetti, lo è anche sulla norma secondo la quale l'importo complessivo non potrà superare i 5 mila euro l'anno, e le prestazioni in favore del medesimo utilizzatore non dovranno superare i 2.500 euro per un massimo di quattro ore consecutive, con un tetto minimo di compenso orario di 9 euro, mentre la durata massima dei contratti privati prevede un tetto di 280 euro, se si supera si rientra nel rapporto a tempo indeterminato. Dalla normativa sono escluse infine le aziende agricole, ma si prevede l'estensione anche alla Pa. Governo e Pd, in sostanza, pur tra tensioni più o meno smentite («stiamo lavorando positivamente, non c'è alcuna tensione tra Pd e palazzo Chigi», ha scandito Anna Finocchiaro, ministra impegnata in prima fila nella mediazione), stanno cercando di colmare il vuoto creato a suo tempo dall'abolizione degli stessi voucher per evitare di andare al referendum, ma tatticamente forniscono materia incendiaria per quanti intendono andare allo scontro tutto politico, al punto di annunciare il voto contrario (Sinistra italiana, Mdp) anche se il governo dovesse mettere la fiducia, in pratica la possibile apertura della crisi. Al grido di «cambia solo il nome, ma sempre di voucher si tratta», i vari Scotto, Speranza, Laforgia hanno acceso il disco rosso in commissione, e sono tornati a minacciare una eventuale crisi se Gentiloni metterà la fiducia. «Non c'è fiducia che tenga, su questi temi non siamo disponibili», l'avvertimento di Speranza. Perplessi anche gli orlandiani del Pd, che non negano la fiducia, se venisse posta, ma avvertono che non parteciperanno alle votazioni in commissione se si estende la normativa anche alle imprese. Mossa che ha irritato i renziani. Su tutti ha vigilato per tutto il giorno Susanna Camusso, che ha voluto picchettare i lavori della commissione seguendoli dall'anticamera della sala, e provocando le rimostranze del M5S che ha accusato Suny la rossa di «fare pressioni come i petrolieri», subito rimbeccati, i cinquestelle, dal dem Boccia, presidente della commissione («è un gesto di attenzione delle parti sociali») e da Fratoianni, leader di SI: «Non saranno di destra né di sinistra, ma quando si toccano alcuni temi i cinquestelle sono solo destra».