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Data: 28/05/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il Pontefice all’Ilva di Genova. «Non reddito per tutti ma lavoro per tutti»

GENOVA Il Padiglione 11 dell'Ilva somiglia a una grande cattedrale laica. Immensa ed evocativa. Normalmente viene usata come deposito per i rotoli d'acciaio. Papa Bergoglio (che predilige i simboli) ha scelto di partire proprio da lì, mescolando Vangelo e Costituzione, alternandoli nei richiami. Il viaggio a Genova verrà ricordato per la lectio magistralis sul lavoro: «Se non fosse fondata sul lavoro la Repubblica Italiana non sarebbe una democrazia». Più che un bisogno, dunque, il lavoro è una nobile vocazione capace di dare senso alla vita dei cittadini. Il metro oggettivo per la difesa dalla loro dignità. Bergoglio richiama alla memoria il Figlio del Falegname, gli apostoli pescatori ma pure Luigi Einaudi, padre costituente, che mettendo alla gogna (già allora) la cattiva politica incapace di fare buone leggi e snellire il peso della burocrazia scriveva: «Milioni di individui lavorano, producono nonostante tutto quanto possiamo inventare per molestarli; è una vocazione che li spinge, non solo la sete di guadagno». Bergoglio cita a memoria. Insiste.

L'OBIETTIVO Bisogna ripartire dal lavoro e non dal reddito per tutti. Ripete il concetto rispondendo ad un lavoratore dell'Ilva. «L'obiettivo non è il reddito per tutti ma il lavoro per tutti. Si va in pensione all'età giusta, non basta dare un assegno dello Stato che dà da mangiare ma non dà dignità». Pausa. «Senza lavoro si può sopravvivere ma senza lavoro non c'è dignità. La scelta è tra sopravvivere e vivere, e ci vuole il lavoro per tutti». Nella grande cattedrale laica, simbolo di un gigante in ginocchio, ci sono centinaia di operai. Facce incredule e grate. Bergoglio fa politica? Nossignore. Lo spiega lui stesso, come volesse scansare future critiche. Dice, in sintesi, che la Chiesa non può stare zitta quando c'è di mezzo la rispettabilità di milioni di persone. Poche ore dopo però la politica lo rincorre.
Il primo a manifestarsi è Matteo Renzi con una serie di interventi su social contro le proposte dei 5Stelle. («non sussidi e assistenzialismo ma crescita, questo il messaggio che nel nostro piccolo vogliano rilanciare con forza. Avanti insieme»). A ruota replica Grillo, il cui reddito di cittadinanza sembra essere stato appena sconfessato a Francesco. «La proposta del reddito di cittadinanza del M5S garantisce a tutti i cittadini di avere un reddito al di sopra della soglia della povertà e, contemporaneamente, permette loro di inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro». Le polemiche restano sul parquet di cemento del Padiglione 11, Bergoglio vola alto, giganteggia persino sull'inconcludente G7 di Taormina, quando torna sulla questione ambientale. Ma è sulla economia che focalizza l'attenzione della prima parte della giornata. Delocalizzazioni, mansioni non pagate, licenziamenti.
E gli imprenditori? Li incoraggia. Per loro traccia un identikit positivo, fa distinzioni importanti, perché nella visione di Francesco esiste una classe imprenditoriale fondamentale per la crescita globale. «Quando non c'è una buona economia significa che non ci sono buoni imprenditori, e questi ultimi si riconoscono perché hanno responsabilità per le persone che lavorano per lui, sono rispettosi dell'ambiente, della crescita generale». I cattivi imprenditori, invece, sono equiparati a degli speculatori. «Quando tutto perde un volto, il volto della gente, tutto diventa astratto e in questo modo non si vedono le storie delle persone da tagliare. Chi pensa di risolvere i problemi della sua azienda limitandosi solo a licenziare gente non è un buon imprenditore. Così è una economia spietata».
Brutale, a suo parere, è anche il modo in cui si vorrebbe elevare a sistema la meritocrazia. «Sta diventando una legittimazione etica della diseguaglianza». Non sono mancati momenti di amarcord per lui, figlio di migranti piemontesi costretti ad imbarcarsi sul bastimento Giulio Cesare che salpava da Genova per l'America Latina perchè in quel periodo mancava il lavoro e non c'erano prospettive. Era il gennaio del 1929. «Mi commuove pensare di essere qui così vicino al porto. Mi ricorda da dove è uscito il mio papà». Chi lo avrebbe mai detto che 88 anni dopo il figlio di Mario Bergoglio avrebbe visitato da Papa la città che diede inizio all'epopea della sua famiglia.

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