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Data: 29/05/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Verso il voto - M5s «Sì al tedesco» e urne a settembre. Via libera di Renzi. Voto on line, dagli iscritti ok a Grillo. Che dice: ora trasparenza, elezioni il 10. Il Colle: se si vota prima garanzie sulla manovra

ROMA Gli iscritti M5S, con un voto on line, hanno dato via libera al sistema elettorale proporzionale: sì al modello tedesco. E ora, dice, Beppe Grillo, si può andare alle elezioni il 10 settembre. Si avvicina dunquen l'intesa a tre (Pd, grillini e Forza Italia) sulla riforma e sull'ipotesi del voto anticipato.
LE POSIZIONI
«Per me va bene, non abbiamo certo paura del voto», fa sapere Matteo Renzi. Grillo non rinuncia però a una nota polemica e a piantare qualche paletto: «Cercano scrive il leader dei pentastellati annunciando il via libera al tedescum - disperatamente di arrivare al giorno della loro pensione da privilegiati che scatta il 15 settembre. Alle elezioni si vada prima di questa fatidica data». Il patto M5s-FI-Pd è pronto. E a questo punto si cercherà di stringere sui tempi. Mercoledì, dopo la direzione dem, si comincerà a votare in commissione Affari costituzionali, il 5 il via libera, poi il 7 o 8 giugno l'ok di Montecitorio. Quindi prima delle amministrative. Il piano dei renziani prevede a fine giugno il disco verde da parte del Senato. «Nel momento in cui c'è l'accordo sulla legge elettorale la legislatura è finita», ha sottolineato il segretario del Nazareno con i suoi. Chiaramente spetterà al Capo dello Stato fare le proprie valutazioni, ma dal Pd osservano che senza l'appoggio di Ap e Mdp la legge elettorale sarà l'ultimo atto prima delle urne.
L'ex premier non parteciperà agli incontri con gli altri partiti. La delegazione pd vedrà oggi Sinistra italiana, Mdp e M5S. Domani, invece, i capigruppo di FI. Per il momento non è previsto un appuntamento con Ap. L'incontro tra Renzi e Alfano è saltato: annunciato proprio da Ap e smentito da Largo del Nazareno. Pesa la minaccia di ritorsioni rilanciata dal capogruppo centrista Lupi, ma sulla soglia di sbarramento al 5 per cento l'ex presidente del Consiglio non vuole mediare. E nel partito del ministro degli Esteri è confronto aperto: «E' un errore pensare a sfracelli. Dobbiamo garantire la governabilità», mette a referto il ministro Costa.
I TEMPI
L'accelerazione sui tempi della legge elettorale è arrivata ieri con il via libera on line degli iscritti M5S: «La legge elettorale che il M5S voterà in Parlamento ha annunciato Grillo - sarà il proporzionale tedesco con soglia di sbarramento al 5 per cento ed eventuali correttivi, costituzionalmente legittimi, per garantire una maggiore governabilità». Hanno partecipato alla votazione 29.005 iscritti certificati: 27.473 hanno votato sì, 1.532 i no. «Non siamo disposti a scendere a compromessi né a votare altre corbellerie incostituzionali come il Verdinellum e il Rosatellum premette Grillo - gli italiani devono avere una legge elettorale costituzionale e chiara che consenta loro di scegliere se governare il Paese con il Movimento 5 Stelle o farsi governare dall'alleanza Pd-FI». E ancora: «La discussione sulla legge elettorale deve avvenire in maniera trasparente. Sappiamo tutti che Renzi e Berlusconi si stanno organizzando per un'alleanza pre e post elettorale, ma la legge elettorale non deve diventare ancora una volta merce di scambio».
Nel partito del Nazareno aumenta il malessere degli orlandiani ma i numeri non sono a rischio. Mdp non è contrario al sistema tedesco anche se non dovrebbe partecipare al voto. La soglia di sbarramento al 5 per cento sarà uno stimolo maggiore per arrivare ad una lista di centrosinistra guidata da Pisapia.
«Noi lavoreremo comunque perché la prospettiva del centrosinistra si rinnovi», dice Martina. Ma la voglia di urne potrebbe creare più di un problema a palazzo Madama. «Non crediamo che il presidente Grasso è il timore dei dem si limiti a fare il notaio nella partita». Al Senato la battaglia si potrebbe giocare al di là dei contenuti (gli scogli restano la soglia di sbarramento e il premio di governabilità che comunque i pentastellati non pongono come condizione) proprio sui tempi. Visto che a guidare la presidenza della Commissione non c'è un Pd e anche nelle file dei dem ci sono resistenze sul voto anticipato in autunno.
La campagna elettorale è comunque già partita. Mdp, M5S e anche Ap punteranno a far emergere che «il miglior alleato di Renzi è Berlusconi». «Nessun nuovo patto del Nazareno, si va avanti solo c'è un accordo ampio», il paletto del segretario Pd.

Il Colle: se si vota prima garanzie sulla manovra

ROMA Bocche cucite al Quirinale. Ora che finalmente sembra aver preso slancio la tanto attesa e auspicata trattativa sulla legge elettorale, con addirittura il coinvolgimento dei tre maggiori partiti (Pd, Forza Italia, Cinquestelle), Sergio Mattarella non ha alcuna intenzione di intervenire. Teme che qualsiasi parola possa innescare interferenze capaci di frenare l'inedito slancio riformatore. Certo, siamo solo alle dichiarazioni pubbliche e ai messaggi scambiati attraverso le interviste, l'intesa sui meccanismi elettorali è ancora laboriosa e difficile. Tutta ancora da scrivere. Per il Colle, però, la volontà di dialogo va incoraggiata. Non certamente ostacolata. E spunta l'idea, nel caso l'accordo riuscisse e si andasse alle elezioni in autunno ma dalle urne uscisse un risultato incerto, di un Patto per mettere comunque in sicurezza il Paese sul fronte della legge di bilancio.
L'OBIETTIVO
Chi ha parlato con il capo dello Stato nelle ultime ore, tra la trasferta al G7 di Taormina e il ritorno nella Capitale, racconta che Mattarella guarda con favore alla trattativa, pur consapevole che essa porta in base alle dichiarazioni e ai propositi dei protagonisti Matteo Renzi, Beppe Grillo, Silvio Berlusconi a un'accelerazione verso le elezioni in coincidenza con la delicata sessione di bilancio. Le date del voto indicate dai leader vanno infatti tra la fine la settembre e l'inizio ottobre. Proprio nei giorni in cui deve essere incardinata la legge di stabilità (da presentare entro il 15 ottobre). E il dopo elezioni rischia così di sovrapporsi, inevitabilmente, con l'approvazione della manovra economica che va varata dal Parlamento entro il 31 dicembre per evitare il ricorso all'esercizio provvisorio.
Dunque, per il capo dello Stato, sarebbe meglio (molto meglio) se il traguardo elettorale restasse il 2018. Anche perché, fa notare chi gli ha parlato, non è affatto detto che dalle urne esca in breve tempo un governo in grado di prendere immediatamente in pugno le redini della manovra di bilancio. C'è la possibilità di un pareggio. C'è il rischio di avere tre partiti più o meno alla pari. Ed è anche da mettere in conto la vittoria dei Cinquestelle che, difficilmente, potrebbero essere disposti a completare il lavoro e l'istruttoria sui conti pubblici compiuta dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan e dal premier Paolo Gentiloni. Insomma, il pericolo della speculazione finanziaria sarebbe incombente.
I TEMPI
E poi quanto tempo ci vorrà per formare un nuovo governo? Basteranno pochi giorni, vista l'urgenza di varare la legge di stabilità? O serviranno mesi? Tutto dipenderà dai risultati elettorali, figli dei meccanismi di voto su cui sarà stato raggiunto l'eventuale accordo. In Spagna, ricorda qualcuno, la Moncloa è restata senza inquilino per più di un anno. Perciò, sarebbe preferibile votare a scadenza della legislatura, vista anche la partita da giocare con la Commissione europea e il salvagente di Mario Draghi sui titoli pubblici (il quantitative easing) destinato a ridursi nel 2018.
L'ATTENZIONE
Altri interlocutori di Mattarella però riferiscono dell'attenzione, quasi il tifo, con cui il Presidente osserva la ripresa di dialogo tra i grandi partiti. E questo è un valore da non disperdere, dicono. E qualcuno racconta che se a fine luglio, una volta varata la legge elettorale Gentiloni dovesse ritenere concluso il suo lavoro e annunciare la volontà di dimettersi, il capo dello Stato non potrebbe che prenderne atto. Non si getterebbe di certo nell'impresa di tentare di dar vita a un governo del presidente della durata di pochi mesi, con il solo scopo di superare il rischioso crinale della legge di stabilità. Soprattutto se i tre grandi partiti sono per le elezioni anticipate.
IL PARACADUTE
Ed è così che sta prendendo forma, nelle stanze del Quirinale - e c'è chi dice anche nelle chiacchierate informali tra Mattarella e Gentiloni a Taormina - l'idea di un paracadute. Di un appello alla responsabilità. E di un conseguente patto per mettere in sicurezza il Paese. Con due obiettivi: garantire la tenuta dei conti pubblici e il varo della legge di stabilità anche nell'eventualità che dalle urne non uscisse immediatamente un nuovo governo. Il patto, secondo gli auspici del capo dello Stato, dovrebbe essere firmato contestualmente al varo della riforma elettorale - da chi voterà la nuova legge. In primis Pd, Forza Italia, Cinquestelle.
Ma, si diceva, al momento si tratta solo di una suggestione. Prima di proporlo al vaglio delle forze politiche, Mattarella osserverà e ascolterà. Vuole capire quanto è seria l'intenzione di cambiare le regole per l'elezione del Parlamento. Con l'auspicio e la speranza che alla fine emerga un sistema che garantisca la governabilità.

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