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Data: 29/05/2017
Testata giornalistica: Mapero'
Barbara, siamo tutti con te di Lilli Mandara

Così, un bel giorno, dalla mattina alla sera: dopo 18 anni Barbara Orsini, volto noto di Rete8, è stata licenziata. Un whatsapp audio privato, uno sfogo di quelli che ognuno di noi farà e avrà fatto mille volte, le costa il posto di lavoro. Tradita da un collega, un amico per modo di dire (ma questo l’ha scoperto dopo) che l’ha consegnato all’azienda.
Una ferita profonda per Barbara che solo qualche mese fa ha vissuto un’esperienza dolorosissima, la morte violenta di una carissima amica, scoperta tra l’altro mentre stava facendo il suo lavoro di giornalista: mandata lì per seguire il delitto, scopre che la vittima era proprio lei, la sua inseparabile amica.

Una vita distrutta, nel silenzio di molti colleghi. Barbara Orsini ha impugnato il provvedimento, ma quello che è accaduto non si potrà mai cancellare. Ecco il suo racconto.

“Era un afoso pomeriggio di fine agosto quando entrai, letteralmente in punta di piedi perchè era in corso una diretta del direttore Pacilio, negli studi di Rete8. Era il 2002 e nella mia prima voce in onda tutta l’ambiziosa emozione di chi ben sapeva di esser entrata in una azienda degna della storia che fino a quel giorno altri ammirati colleghi avevano disegnato. Una settimana dopo il mio arrivo uscii dalla stanza, sempre allegra e aperta a tutti, di Pasquale Pacilio con la fiducia ad andare in onda con la mia prima rassegna stampa dell’alba: il resto è la cronaca di una ragazza diventata donna, di una aspirate diventata professionista, dell’ultima arrivata diventata poi la penultima e poi ancora quella prima della penultima.
Il resto è la cronaca di 17 anni di dirette, emozioni, trasferte, sfide: anni di fiducia guadagnata e data. Ai fisiologici momenti di stanchezza seguivano sempre nuove prove, nuove sigle, nuovi angoli d’Abruzzo da raccontare. Impossibile pensarsi amica di tutti, ma collega costruttiva e sempre dialettica quello sì. O, almeno, così preferisco credere: ora più che mai. Il sorriso del telespettatore di turno sorpreso di riconoscermi tra gli scaffali del supermercato era pari solo alla gioia per una trasmissione ben montata, per un articolo ben titolato, per un tg ben costruito. Era. Tutto questo era il mio mondo fino a poche ore fa, fino a quando gli stessi che mi hanno visto tagliare le tappe più importanti della mia vita privata e professionale, all’ombra di quell’8 blu, hanno ritenuto che un episodio dovesse azzerare il rapporto di fiducia costruito e difeso nel tempo, un tempo lungo 17 anni e sembrati tanti di più per la loro intensità. La prima sensazione è stata quella di aver perso di colpo i punti cardinali di una vita: disorientata, ferita, spaventata non ho mai smesso, tuttavia, di credere che il seminato di tanti anni non potesse essere spazzato così. E non parlo di bravura, simpatia o ascolti: nel mio seminato c’era soprattutto tanta fiducia, data e ricevuta appunto. Non è certamente questa la pagina giusta per spiegare, difendere, scendere nei dettagli e argomentare. Un amico mi ha scritto: ” Ogni giorno per andare a lavoro, per mangiare, per muoverci, per vivere, compiamo una infinita serie di atti di fiducia affidandoci agli altri, spesso persino perfetti sconosciuti. Al muratore che ci costruirà casa, al pizzaiolo che ci farà mangiare, al pilota che ci porterà lontano, al chirurgo che ci opererà. Diamo fiducia non perchè davvero lo vogliamo, non perchè davvero ci fidiamo, ma perchè non possiamo farne a meno. Si dà fiducia a tutti e tutto, per obbligo, senza quasi rendersene conto: perchè la fiducia ci fa vivere. E morire”.

Ecco: tradita nella sua fiducia: dal falso amico, dall’azienda che l’ha mandata via senza tante spiegazioni.

Barbara (a sinistra, in basso) con le colleghe di Rete8

Colpirne uno per educarne cento, dice l’Associazione stampa abruzzese:

“Il provvedimento, che segue una brusca sospensione di quasi due mesi dal lavoro – ha scritto il sindacato – rappresenta un pericolosissimo precedente alla libertà e all’autonomia giornalistica, un deterrente ad accettare supinamente presunte discriminazioni. Ci rifiutiamo di pensare che il caso-Orsini (nel quale manca qualsiasi atto disciplinare e/o di contestazione da parte del direttore responsabile) sia strumentale a un disegno strategico di deterrenza nei confronti degli altri colleghi e dell’azione di un Sindacato già vigile e reattivo ai continui attacchi portati alla categoria che stanno riconfinando l’Abruzzo nel limbo delle regioni più in sofferenza dal punto di vista informativo, peraltro con un preoccupante atteggiamento di sufficienza della politica locale. Il Sga invita la categoria, e in primo luogo i colleghi di Rete 8 d’intesa col fiduciario di redazione, a mobilitarsi affinché non passi la linea del “punirne uno per educarne cento”, poiché sappiamo tutti che, tollerando oggi, domani toccherà inevitabilmente a qualcun altro, come purtroppo l’esperienza insegna”.


ps: con Barbara, dobbiamo schierarci tutti. Non c’è da difendere solo una collega seria e onesta, ma un’intera categoria.

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