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Data: 31/05/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Verso il voto - La corsa di Renzi: tedesco e poi urne. No di Orlando e Ap. Dai centristi alla sinistra 5% vicino con le alleanze

ROMA C'è il patto sul sistema tedesco all'italiana da ratificare, e Matteo Renzi ha chiamato la direzione del Pd a dare il via al patto a tre con Forza Italia e con il movimento 5 stelle, con l'obiettivo di «chiudere la riforma elettorale entro il 7 luglio». Si può fare? Ci si prova. Ma bisogna accelerare. Verso un anticipo del voto tra settembre e ottobre. Perché, parola di Matteo, «io non sono impaziente, le elezioni però non sono una minaccia ma democrazia». Comunque «non ci entusiasma il sistema tedesco, solo il ballottaggio avrebbe garantito la certezza di chi vince». Ma il referendum è stato perduto, l'Italicum non c'è più e dunque «sì al tedesco». Anche perché è quello su cui c'è la maggiore convergenza tra i partiti.

ROAD MAP Il premier, Gentiloni, ha partecipato alla direzione del Pd, per testimoniare fisicamente che seguirà le scelte del suo partito. Ma molti ministri, dal centrista Angelino Alfano ad Andrea Orlando, sono contrari all'accelerazione. E il titolare dell'Economia, Pier Carlo Padoan, non nasconde le sue preoccupazioni sulla manovra da scrivere «sotto ciclo elettorale». Ma ormai la strada, almeno nelle intenzioni del segretario, appare segnata. Il Pd ha chiuso con Forza Italia il ciclo di incontri a livello di vertici parlamentari, per verificare l'intesa sul sistema tedesco. E dopo l'ok dei grillini, anche i berlusconiani confermano l'impostazione della legge: soglia al 5 per cento (quella che manda su tutte le furie Alfano), nessun premio di governabilità e nomi dei candidati sulla scheda. «La soglia al 5 è un elemento inamovibile del sistema tedesco - chiarisce il leader Pd - e l'altro elemento cardine è che la scheda deve avere i nomi». No ai «veti» dei piccoli partiti: ecco la linea. Porta sbattuta in faccia ai centristi di Alternativa Popolare e infatti Alfano reagisce contro «l'impazienza del Pd di portare l'Italia al voto tre o quattro mesi prima in piena legge di stabilità. Una scelta che costerà miliardi all'Italia». Ma il leader di Ap non si perde d'animo e annuncia il suo progetto di aggregare «una coalizione liberale popolare che supererà quella soglia».
Per altri motivi, e su un altro fronte, c'è il ministro e leader della minoranza Pd, Andrea Orlando, che a sua volta si mette di traverso. «Puntare ad elezioni in autunno rischiando l'esercizio provvisorio di bilancio significherebbe assumersi la responsabilità di un salto nel buio»: questa la protesta di 31 senatori legati al Guardasigilli. Il dubbio, chiede Orlando in direzione, è «se questo sistema garantirà stabilità».
E' la lettera dei 31 senatori orlandiani quella che scatena le polemiche. «Vogliano scindersi anche loro e fare la bella fine dei bersaniani e di D'Alema che se prenderanno il 4 per cento alle eleziioni sarà grasso che cola?», è la reazione sarcastica di alcuni pasdaran di Renzi. Ma la fronda è corposa e pericolosa, visti i numeri di Palazzo Madama, dove la maggioranza è risicata. Vannino Chiti, Massimo Mucchetti, Walter Tocci e gli altri sono determinati a dare battaglia nel nome del No al tedesco e contro il voto subito. Sul fronte della vita di partito, la loro offensiva sta in questo: resteranno fuori dalla segreteria e anche Michele Emiliano (l'altro sfidante di Renzi alle primarie) e i suoi scelgono la strategia dell'assenza.

COMBATTERE Anche gli alfanei sono sul piede di guerra come s'è visto dalla riunione convocata ieri in vista della Direzione di domani. Alfano ha illustrato la road map per il voto: «Aggreghiamo le forze popolari per un progetto di chiaro stampo europeista». E un «Papa straniero» - ossia una personalità non di partito - potrebbe essere la chiave per superare la tagliola del 5 per cento. Uno dei presenti alla riunione dei big alfanei racconta: «Abbiamo deciso di morire combattendo». Ma non tutto è perduto.

Dai centristi alla sinistra 5% vicino con le alleanze

ROMA Un po' tutti gli osservatori concordano: se c'è un pregio nel sistema elettorale alla tedesca è quello della possibile riduzione del numero dei partiti presenti in Parlamento. Obiettivo assicurato dallo sbarramento del 5% che ha due conseguenze: impedisce ai partiti piccoli di ottenere seggi e premia con più seggi rispetto ai voti proporzionali i partiti più grandi.
A dire il vero il tedesco ha anche un altro pregio: ruota sui partiti single non sulle coalizioni (come il Porcellum e il Mattarellum con i quali abbiamo votato dal 1994 al 2013) e dunque dovrebbe far morire sul nascere quei trucchetti elettorali (scorpori, desistenze, etc.) che in Italia hanno fatto proliferare i partitini anche in tempi di maggioritario.
Tutto questo sulla carta. Ma l'Italia è pur sempre il Paese del fatta la legge gabbato lo santo e dunque i piccoli stanno già lavorando per evitare in qualche modo il siluro dello sbarramento al 5%. Come? Unendo tutte le forze in campo. Al Centro alfaniani, casiniani, parisiani, fittiani e molti altri stanno preparando una lista unica. Esattamente come si intravede a sinistra del Pd nei contatti in corso fra Sinistra Italiana, bersaniani di Mdp, pisapiani, e altri.
GLI UMORI
Sforzi produttivi? E' veramente presto per rispondere con certezza. Il testo definitivo della nuova legge elettorale quasi sicuramente conterrà qualche trappola o qualche cavillo al quale appendere la vita o la morte politica di nuove formazioni. Tuttavia fra gli addetti ai lavori si raccoglie una notevole apertura di credito verso i piccoli. «Molto dipenderà dall'affluenza: meno gente andrà a votare e più saliranno le possibilità per i piccoli di superare la soglia del 5% che, sui probabili 35 milioni di votanti, oscillerà intorno a 1,8 milioni di voti. Obiettivo difficile ma non astronomico - mette le mani avanti Enzo Risso, direttore Swg - Sono possibilista per i piccoli se se la giocheranno decentemente poiché gli italiani che gravitano nell'area a sinistra del Pd sia quelli che si collocano al Centro superano il 5%». «Poi molto dipenderà da altri fattori - aggiunge Risso - Con questo sistema è più difficile che scatti il meccanismo del voto utile, tipico del maggioritario, che rende più sensibile l'elettore al richiamo dei grandi partiti».
Più prudente Antonio Noto, dell'Ipr Marketing. «In teoria i margini per superare il 5% ci sono sia per una lista di Sinistra che per una di Centro perché il bacino elettorale delle due aree è ampio - spiega Noto - tuttavia i partiti di queste aree dovranno fare tutto in fretta: trovare leader unitari di richiamo, darsi un'identità più precisa, formare liste attraenti. Si tratta di operazioni complesse. Poi bisognerà verificare come gli elettori recepiranno le nuove regole elettorali che sono fondamentalmente proporzionali sia pure con il correttivo dello sbarramento e dei collegi uninominali la cui influenza in questo momento non è calcolabile».
«Oggi, se sommiamo i voti di tutte le forze a sinistra del Pd, da Rifondazione ai pisapiani raggiungiamo una cifra ben superiore al 5% - aggiunge Fabrizio Masia direttore di Emg Acqua -. E le Comunali serviranno anche a misurare la forza sul campo delle varie formazioni di Centro. Non basterà per avere certezze. Per superare il muro del 5%, cosa non impossibile, i piccoli avranno bisogno di lanciare messaggi forti e magari utilizzare i possibili errori dei grandi partiti in una campagna elettorale per molti aspetti inedita per tutti».

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