ROMA Una soluzione di emergenza, con più di un'incognita, che tuttavia viene presa in considerazione: un decreto per cancellare almeno provvisoriamente l'aumento dell'Iva destinata a scattare dal primo gennaio 2018, in assenza di altri interventi. L'incertezza politica condiziona le scelte tecniche in queste settimane che potrebbero essere le ultime della legislatura, ma tra le varie date che costellano il percorso spicca quella del 31 dicembre, termine ultimo entro il quale deve essere approvata la legge di bilancio per evitare che scatti l'esercizio provvisorio. E appunto il giorno dopo l'aliquota Iva oggi al 10 per cento passerebbe dal 10 all'11,5 per cento mentre quella ordinaria si porterebbe al picco del 25 dall'attuale 22.
LO SCENARIO Nello scenario più ordinato - una volta confermata l'ipotesi di elezioni anticipate - toccherebbe al nuovo governo insediato dal voto degli italiani correre ai ripari, impostando allo stesso tempo le misure di politica economica per il prossimo anno sulla base del programma presentato durante la campagna elettorale. Ma la previsione di un assetto meno lineare potrebbe consigliare di dare più tempo, congelando gli incrementi dell'Iva fino alla fine di marzo. Per farlo, garantendo adeguate coperture finanziarie, servono quasi cinque miliardi, ovvero un quarto dei 19,2 miliardi che sono il valore complessivo dello scatto delle aliquote nel 2018, prima dell'intervento parziale adottato con il decreto manovrina. Sulla carta, una soluzione consisterebbe nell'utilizzare subito - concentrandoli su tre mesi - i 3,8 miliardi resi disponibili in quel provvedimento, che originariamente servivano a ridurre l'intensità degli aumenti ma su un arco di dodici mesi. Andrebbero poi comunque aggiunte altre risorse: il che in campagna elettorale porta comunque con sé qualche rischio. E al nuovo esecutivo toccherebbe il compito di provvedere da aprile in poi.
L'onere contabile e politico sarebbe naturalmente ben maggiore qualora il governo Gentiloni si dovesse assumere il compito di disinnescare subito e per tutto l'anno lo scatto delle aliquote, togliendo quindi le castagne dal fuoco a chi dopo si insedierà a Palazzo Chigi: andrebbero trovati subito oltre 15 miliardi. Soldi che il ministero dell'Economia sta sì cercando di mettere insieme (come ha confermato ieri anche il vice ministro Enrico Morando) ma con più tempo a disposizione e anche con la prospettiva di poter fruire in autunno di maggiori margini di manovra in sede europea. Dalle parti di Via Venti Settembre l'idea di un decreto anticipato è vista con molta freddezza.
LE IMPRESE La strada per un intervento più sistematico sulle aliquote è stata tracciata con la stessa manovrina: in nome della lotta all'evasione fiscale il decreto ha allargato a 360 gradi il ricorso ad uno strumento, il cosiddetto split payment, che impone alle aziende di versare su un conto separato - anticipandolo di fatto allo Stato - l'importo dell'Iva relativo alle forniture di beni e servizi. Per il fisco questo meccanismo si è rivelato estremamente fruttuoso nel corso degli anni, ma le imprese coinvolte lamentano di essere trattate sostanzialmente come bancomat, in assenza di un'adeguata accelerazione delle compensazioni.
IL RAPPORTO Un altro capitolo che viene preso in considerazione è quello delle agevolazioni fiscali, le cosiddette tax expenditures, Entro il mese di giugno è atteso il nuovo rapporto della apposita commissione di studio insediata presso il ministero dell'Economia. In teoria si limiterà a fare una nuova ricognizione di detrazioni e deduzioni esistenti, ma poi servirà una decisione politica per decidere come intervenire, se concentrandosi su agevolazioni particolari oppure (opzione più probabile) avviando una riduzione lineare, uguale per tutti. Questa è chiaramente una materia delicatissima che con molta difficoltà potrebbe essere toccata nel corso di una campagna elettorale. Ugualmente sensibile è il tema dei risparmi di spesa da programmare nel corso di una nuova tornata di spending review.
La legge di bilancio dovrà poi contenere oltre alla neutralizzazione delle clausole di salvaguardia anche le scelte di politica economica per il 2018 e gli anni successivi: l'esecutivo Gentiloni aveva già annunciato di volersi concentrare sulla riduzione delle tasse sul lavoro, obiettivo che naturalmente andrà riconsiderato nella nuova situazione politica.