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Data: 01/06/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
È scontro Renzi-Alfano sullo sbarramento al 5% Tedesco, duello nel Pd

ROMA «Ha fatto il ministro di tutto, se non arriva al 5 non si blocca il paese». Come dire: se Alfano non c'è, pazienza perché «non è accettabile il veto dei piccoli». Così il segretario del Pd Matteo Renzi scarica (definitivamente) il ministro degli Esteri Angelino Alfano e celebra l'intesa a 4 (Fi, Pd, Lega e M5S) sulla legge elettorale che porta dritto al voto anticipato.
«Renzi insulta, ma sfugge alla domanda cruciale: fa cadere anche il governo Gentiloni?» ha replicato caustico il numero uno della Farnesina. Insomma il sistema elettorale tedesco è foriero di divorzi eccellenti. E si vede dalla accelerazione impressa alla riforma elettorale: ieri sera il relatore Emanuele Fiano del Pd ha depositato in commissione Affari costituzionali un emendamento che trasforma il Rosatellum in un modello tedesco che contempla l'impianto proporzionale e la soglia al 5%, e anche i collegi uninominali (303 per la Camera e 150 per il Senato). Le circoscrizioni proporzionali sono 26.
La ripartizione è tra una quota di 50% seggi uninominali e un 50% proporzionale con liste bloccate (in Trentino Alto Adige si userà ancora il Mattarellum). Ci sono anche le quote rosa: i listini bloccati devono avere un alternanza di genere, mentre a livello nazionale i candidati nei collegi uninominali di ciascun partito non possono essere più del 60% dello stesso sesso.
La legge sarà approvata alla Camera in tempi lampo, dal 5 al 9 giugno, e l'intesa tra Pd, Fi e M5S prevede il via libera del Senato entro il 7 luglio. I piccoli sono rimasti a guardare preoccupatissimi: da Ap a Scelta Civica, fino a SI e Mdp. Ma pure nello stesso Pd, dove molti parlamentari temono di non avere una candidatura sicura, c'è fermento. Ieri sera c'è stata una lunga riunione, molto accesa, del gruppo di Montecitorio nel quale è stato recepito, ma non a votazione, un documento in cui orlandiani, ma pure una discreta quota di renziani, chiedono pluricandidature o candidature doppie per evitare che chi arriva primo nel collegio possa non risultare eletto. Gli orlandiani tra l'altro sono contrari al voto anticipato e lo stesso Andrea Orlando che sogna un centro sinistra largo ha chiesto un referendum sul nodo delle coalizioni.

ACCELERAZIONE Ma il segretario va come un treno: «Se salta il tedesco resta il Consultellum dove la soglia è all'8 per cento al Senato» e ribadisce che «teoricamente si può votare a settembre o ottobre». Renzi ha pure sentito Berlusconi: «Al telefono mi ha detto mettiamo il 6. Io gli ho detto, lasciamo il 5». E Silvio Berlusconi di rimando blinda l'accordo: «Si potrà finalmente restituire la parola agli italiani, consentendo agli elettori, dopo quattro governi non scelti dai cittadini, di decidere da chi vogliono essere governati».
I due leader sono di nuovo d'accordo e comunque consapevoli che il tedesco non è in grado di sfornare maggioranze certe. «È evidente che può esserci mancanza di maggioranza. Io spero che diano fiducia al Pd» dichiara il leader dem. Altrimenti? «In quel caso - dice Renzi - bisognerà vedere i numeri in Parlamento». Ma il Pd, aggiunge pure, punta ad avere maggioranze certe. Ciononostante a sinistra si sentono abbandonati. Giuliano Pisapia accusa: «Il tedesco non serve per garantire quella governabilità necessaria per il rilancio del Paese».
Dalle parti del M5S, Luigi Di Maio dice che il Pd «ora vuole andare al voto perché ha paura delle elezioni regionali in Sicilia» su cui i pentastellati puntano moltissimo. E non teme i fardelli economici: «Io auspico comunque che si voti a settembre affinché il governo, che auspico sarà dell'M5S possa fare una legge di bilancio che non sia lacrime e sangue».
Ma la febbre sulla legge elettorale galvanizza il segretario dem che di fatto inaugura la campagna elettorale e a Porta a Porta fa scouting spinto: «Se Calenda accettasse di stare nel Pd lo prenderemmo volentieri». E poi rassicura sulla tenuta dei conti pubblici. Definisce «una barzelletta il terrorismo psicologico» sul rischio di un esercizio provvisorio per incapacità di fare entro dicembre la legge di stabilità. Al di là di quando si andrà a votare per Renzi è tutto molto semplice e chiaro: «La legge di bilancio la fa il nuovo governo, se ci sono problemi, invece, un governo è in carica finché non ne subentra uno nuovo. Gentiloni quindi predisporrà la manovra o lascerà il testimone ad altri». Dal canto suo, il Pd è pronto anche ora ad anticipare la manovra e fare «accordi con chiunque sia ispirato alla flessibilità e alla riduzione delle tasse». Ma un decreto a luglio con l'anticipo della manovra per evitare lo scatto dell'Iva previsto dalle clausole di salvaguardia «è una barzelletta».

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