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Data: 02/06/2017
Testata giornalistica: Il Centro
Alfano chiude: «Col Pd è finita». Legge elettorale «Accettiamo la sfida del 5%». E accusa Renzi di aver cercato di buttare giù Gentiloni già a febbraio

ROMA«Con il Pd la collaborazione è finita, accettiamo la sfida del 5% e riaggregheremo liberali, popolari, e moderati». Ci sono un presupposto e una promessa nelle parole con cui Angelino Alfano sintetizza la più cruciale delle Direzioni della breve storia di Alternativa Popolare. Il presupposto è che, da ora in poi, con l'ex alleato Matteo Renzi, sarà guerra aperta. La promessa, invero non facile da realizzare, è che con un centro unito gli alfaniani supereranno la soglia anti-cespugli prevista dal sistema tedesco. C'è una reazione di orgoglio, insomma, tra i centristi «scaricati» da Renzi. Una reazione che si trasforma in uno scontro all'arma bianca tra Ap e Pd sulla tenuta del governo.«Noi lo sosteniamo, Renzi vuol far cadere il governo oppure no?», incalza Alfano. Ma con il segretario Dem lo scontro che si è aperto verte ormai soprattutto sulle pressioni che, secondo Ap, Renzi avrebbe fatto sugli alfaniani per far cadere Gentiloni già a febbraio. «Io ho fatto cadere il mio esecutivo, loro sono nervosi e non conoscono la parola dimissioni», è la replica di Renzi all'accusa di Ap. A «preparare» il caso delle pressioni Dem di febbraio è, in mattinata, Sergio Pizzolante. »Renzi ha la smania di prendersi la rivincita dopo il 4 dicembre e da febbraio ci chiede di far fuori Gentiloni. In cambio ci ha detto: la legge elettorale scrivetevela voi», spiega il deputato prima di entrare in Direzione. E nella conferenza stampa che segue la riunione la curiosità dei cronisti non può che virare sull'ipotetico «complotto di febbraio». «Sergio è una persona seria, non smentisco. Del resto una certa agitazione del Pd verso il governo Gentiloni c'è da mesi», sottolinea Alfano, incalzato dalle domande. Il Pd smentisce seccamente ma in una manciata di minuti, il caso irrompe in Parlamento. «E' uno scenario eversivo e inquietante. E' insopportabile avere il Paese sotto ricatto di Alfano e di Renzi», attacca Luigi Di Maio del M5S che, in sintonia con Mdp, chiede al premier Paolo Gentiloni di riferire in Aula. Il nuovo scontro certifica la fine del dialogo tra Pd e Ap. Un esito che non tutti, tra i centristi, vedono con soddisfazione sebbene in Direzione, ad emergere, sia soprattutto l'ira per il comportamento di Renzi, che Fabrizio Cicchitto definisce «un giocatore delle tre carte». «Il 5% sarà la scintilla per riaggregare i moderati e i popolari», avverte Alfano annunciando che nessun emendamento Ap punterà ad abbassare la soglia ma ponendo già i primi paletti sui provvedimenti in calendario. «La nostra priorità, se il governo continuerà, è la legittima difesa», sottolinea il titolare della Farnesina. C'è, poi, da organizzare la pattuglia per superare il 5%. Buona parte della Direzione si sofferma proprio su questo punto dove resta evidente il nodo della leadership (e il passo di lato del ministro degli Esteri) che al momento distanzia Alfano da Stefano Parisi. E non è un caso che la capogruppo al Senato Laura Bianconi bocci l'idea di una federazione centrista, preferendo invece parlare di uncontenitore ex novo, da «realizzarsi a breve». Federazione che, davanti ai cronisti, Alfano non nominaneppure. Così il leader di Ap come non cita quelle primarie che, fino ai ieri, sembravano un punto fermo. Una scelta che, forse, potrebbe avvicinare Parisi al progetto del partito del ministro degli esteri.Per questo lavoro di ricucitura, nei prossimi giorni Maurizio Lupi sarà incaricato di incontrerà i vari possibili interlocutori che sono stati identificati per l'operazione: da Fitto a Tosi allo stesso leader di Energie per l'Italia, Stefano Parisi. «Prima i contenuti, per il leader vedremo», preannuncia, diplomatico, Lupi.


Cinque stelle a rischio spaccatura
Gli ortodossi non hanno gradito l'accordo con i dem sulla legge elettorale
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di Francesca ChiriwROMANei giorni scorsi era solo un sordo rumore di fondo, un sottile cipiglio che traspariva nella fronte di qualche parlamentare e che veniva fuori in qualche post degli iscritti al Movimento: ma l'affondo del M5s alla trattativa con il Pd, l'adesione sostanziale al nuovo patto del Nazareno, la rinuncia nei fatti alla battaglia sulle preferenze provoca nei 5 Stelle un malessere che non poteva rimanere sopito a lungo. Ed ora il "bubbone" è scoppiato. A guidare il fronte dei dubbiosi, di quelli che temono una trappola del Pd, di quanti non si accontentano della promessa di una vittoria elettorale, ci sono ancora una volta gli 'ortodossi'. Questa riforma elettorale "è quasi un mega porcellum, noi faremo degli emendamenti, io personalmente non mi sarei messa nemmeno lì seduta" avverte la senatrice Paola Taverna. La pasionaria del Movimento appare dubbiosa su tutto il percorso, dalla decisione di sedersi al tavolo della trattativa con il Pd fino all'accelerazione sul voto anticipato. "Hanno stravolto il sistema tedesco con il proporzionale distribuito sui listini, il primo bloccato, si stanno facendo con la squadra tutti i collegi, non si capisce su quali basi. Non va, non so neanche dire che bisogna andare a votare subito, perché così gli leviamo la patata bollente della legge di stabilità, che è qualcosa della quale si devono prendere la responsabilità" afferma dubbiosa. Mercoledì sera una tormentata riunione congiunta dei parlamentari per discutere della riforma ha fatto emergere gli screzi. Al punto tale che subito dopo i capigruppo Roberto Fico e Carlo Martelli si sono nuovamente riuniti con i parlamentari delle commissioni affari costituzionali per rifare il punto. Lo stesso Fico mette le mani avanti ed avverte: "L'accordo sulla legge elettorale non è affatto sancito. In queste ore si lavora ancora in Commissione perché l'emendamento Fiano crea delle nuove problematiche. Se i problemi saranno risolti, bene. Diversamente continueremo a riunire il gruppo parlamentare, che ieri ha lavorato fino a mezzanotte, per valutare il da farsi. Ma - ripete - non c'è niente di scontato". Le rivelazioni di Pizzolante sull'accordo tentato da Renzi con Alfano per far cadere Gentiloni hanno fatto il resto. Di Maio e Di Battista sono infuriati. Ma il tarlo inizia rodere anche i più inossidabili. Perché se qualcosa dovesse andare storto, il primo a finire nel mirino sarebbe proprio Di Maio. Dai piani alti del Movimento si ostenta sicurezza: "la linea è una sola. Anche se con diverse declinazioni caratteriali". E lo stesso Fico smentisce: "Ci dispiace deludere le fantasie di giornali e agenzie e smentire, per l'ennesima volta, titoli fasulli. Nessuna spaccatura interna. E' il Pd che è sempre stato inaffidabile e quindi ci sono semplici e giustificati timori".

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